Detenzione e reintegrazione sociale, la lettera di un ex detenuto

Da un ex detenuto riceviamo e pubblichiamo:

Da ex detenuto esprimo il mio sincero apprezzamento per le parole recentemente pronunciate dal Capo dello Stato quando ha ribadito che la detenzione “non si tramuti in alcun caso in una sorta di macchia indelebile, perché non è così, è una cicatrice che scompare, perché lo Stato ha il dovere di agevolare il reinserimento, il protagonismo nella vita sociale. Ciascuno di noi, ciascuno di voi, ha un’esperienza umana non ripetibile che può contribuire in maniera preziosa, importante nella vita di tutti”.

Mi auguro che l’appello del Presidente Mattarella venga ascoltato dal Governo e da tutte le forze politiche.

Oggi, purtroppo, la pena è ben distante dalla funzione rieducativa di cui parla la Costituzione. Chi come me è un ex detenuto trova tutte le strade chiuse e in alcuni casi non può nemmeno utilizzare la propria laurea per rimettersi al servizio della collettività.

Chi ha persino scontato per intero la pena con buona condotta subisce delle pene afflittive da scontare dopo la detenzione e volte ad impedire ogni forma di reinserimento lavorativo e sociale.

E’ persino pericoloso fare lavorare un ex detenuto che ha scontato certi reati ed ha mostrato di essere fuori dall’ambiente criminale perchè al datore di lavoro potrebbero negare la certificazione antimafia.

In questo modo si condanna l’ex detenuto ad una sorta di ergastolo sociale, che ricorda tanto la capitis deminutio del diritto romano.

Lo Stato, per quelle che sono le norme attuali, sembra dire a chi attraversa l’esperienza del carcere “E’ inutile che provi a cambiare vita. Per te non c’è speranza quando sarai fuori. Puoi soltanto tornare a delinquere.”

Quando si nega il diritto alla speranza si consegnano gli ex detenuti nuovamente alla tentazione di perdersi nell’abbraccio mortale della criminalità organizzata.
Per questo ho apprezzato il pressante appello del Presidente Mattarella che ha esortato a cambiare rotta “però non a parole”, perchè questa nuova prospettiva, in linea col dettato costituzionale “va garantita nei comportamenti dell’ordinamento con i suoi interventi, le sue regole, le sue procedure, le sue iniziative, e con il comportamento sociale delle altre persone, con la speranza e la fiducia che occorre avere e sviluppare in maniera particolarmente forte”
L’appello del Presidente della Repubblica Mattarella fatto durante la visita ai detenuti del carcere minorile di Nisida costituiscano un insegnamento elevato e profondo di cui essere particolarmente grati. Nella sue parole trovano concretezza i valori costituzionali sull’azione punitiva dello Stato e la funzione rieducativa della pena. Chi ha sbagliato deve assumersi le proprie responsabilità verso l’intera società e portarne il peso secondo ciò che la legge prevede. Ma il Capo dello Stato ha voluto autorevolmente richiamare come nella prospettiva costituzionale la persona rimane sempre qualcosa di più grande dell’errore che pure ha commesso e questo chiama, a sua volta, la società e le stesse Istituzioni ad altrettante responsabilità, necessarie a dare concretezza a questo primato della persona.