La mafia tra pandemia e Pnrr

L’attenzione di Cosa Nostra verso le occasioni economiche offerte dalla pandemia: l’intervento della Procura nazionale antimafia con Francesco Del Bene.

Il pericolo delle infiltrazioni mafiose nei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato paventato in Sicilia da diversi organi preposti al monitoraggio dello stato di salute criminale a fronte delle occasioni propizie di arricchimento illecito. Ad esempio, lo ha rilevato la Commissione regionale antimafia presieduta da Claudio Fava. E anche la classe politica ha espresso preoccupazione, esortando però ad evitare – come ha raccomandato il presidente Musumeci – che il rischio mafia blocchi le iniziative di spesa e di investimenti. Adesso è la Procura nazionale antimafia a puntare il dito contro l’attenzione che Cosa Nostra riporrebbe sui frutti economici alimentati dalla pandemia, come il Pnrr. Il magistrato Francesco Del Bene, già in servizio alla Procura antimafia di Palermo e adesso alla Direzione nazionale, interviene nel merito, e premette: “La mafia non è stata sconfitta. E’ stata sconfitta la fazione Corleonese, che ha rappresentato una stagione di Cosa Nostra, ma è un fenomeno ancora presente e pervasivo, e ciò è dimostrato dalle operazioni nel territorio e dallo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose”. E poi Del Bene aggiunge: “Cosa Nostra è in difficoltà, ma è camaleontica ed è in grado di adeguarsi ai tempi e ai momenti. E in questo momento di crisi legata alla pandemia vede, proprio nella pandemia e nei finanziamenti che arriveranno, un’occasione di rinascita e profitto”. Poi, più nel dettaglio, Francesco Del Bene spiega: “Non sono svanite le vecchie pratiche come la riscossione del pizzo. Essa resta forte perché resta una forma privilegiata di controllo del territorio. Tuttavia, nell’ultimo periodo, con la pandemia, tra estorsore e vittima si crea una sorta di contratto. In questo periodo i mafiosi se ne sono accorti di chi è in crisi e chi no. E a chi è in difficoltà, invece di chiedere il pizzo, si offre aiuto economico, liquidità per andare avanti. In tale contesto matura l’usura”. Poi Del Bene osserva il fenomeno mafioso fuori dalla Sicilia, dalla posizione privilegiata romana, e in riferimento all’esportazione delle pratiche mafiose nel più ricco nord, afferma: “Nel centro e nord Italia sono stati gli imprenditori ad avere accettato l’organizzazione mafiosa, e ora è molto difficile investigare. Siamo in una fase di confusione tra economia legale ed economia illegale. E l’illegale sta invadendo la legale, al punto che i confini non sono più chiari”. Dunque, come tentare di rimediare? E il sostituto procuratore nazionale antimafia conclude: “E’ un problema di natura culturale. Dobbiamo educare i ragazzi, gli imprenditori avvicinati, a pensare per lo Stato. Serve, insomma, una presa di coscienza. Siamo in una fase di regressione, dovuta alla crisi economica pandemica, però ciascuno deve esercitare il proprio ruolo. Gli strumenti ci sono, le associazioni di categoria pure. Ma ci vuole uno scatto d’orgoglio da parte di tutti, perché dobbiamo liberarci dalla cultura mafiosa”.

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