Italia, terra di giovani espatriati: una ricchezza ignorata

L’emigrazione italiana non si è mai fermata, ma gli emigrati di oggi non sono gli stessi di 50 anni fa. Oggi è più corretto parlare di giovani espatriati, una generazione che crea famiglia altrove e non vede le condizioni per tornare a casa. Ignorati dalla patria gli italiani all’estero in realtà sono una vera ricchezza per il Paese.
“Italiani nel cuore” di Giuseppe Arnone, edito da Rubbettino, è un saggio che analizza le differenze fra l’emigrazione del passato e quella di oggi, il legame fra i giovani espatriati e gli italiani in patria. L’emigrazione negli anni è mutata e gli expat di oggi sono portatori di valore aggiunto all’estero, si tratta di giovani che non hanno intenzione né possibilità di fare ritorno in patria.
Nemmeno la pandemia ha bloccato la fuga di cervelli, e nel frattempo la politica italiana come interagisce con i suoi giovani che hanno scelto di cercare fortuna altrove? L’Italia cresce, all’estero però, dove i giovani italiani ottengono lavoro e successo. Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista Giuseppe Arnone, presidente della Fondazione Italiani in Europa, autore di “Italiani nel cuore”.
“Italiani nel cuore” di Giuseppe Arnone, edito da Rubbettino - Sputnik Italia, 1920, 26.12.2021
— L’emigrazione non è mai cessata. Oggi ci sono emigrazioni di massa che riguardano i siciliani, i calabresi, i pugliesi, i campani, ma anche i laziali. I ragazzi si trasferiscono in altri Paesi europei dove trovano un lavoro specializzato che in Italia non c’è o che viene sottopagato. L’emigrazione italiana di oggi comparata a quella di un tempo è diversa per estrazione sociale, ideologica e culturale. Noi italiani oggi siamo portatori di un valore aggiunto culturale, perché il Made in Italy è una presenza importante nello stile e nella capacità di far sognare gli altri.
Nel mio libro tratto la figura dell’emigrazione degli anni ’50 e ’60 incarnata nel famoso personaggio di Carlo Verdone, Pasquale Amitrano, un emigrato in Germania che lavora nella fabbrica. Questo personaggio viene contrapposto all’emigrato di oggi che è un emigrato laureato, un docente, un medico, un professionista. La desertificazione della popolazione demografica al sud d’Italia e nelle altre parti del Paese avviene quando i giovani vanno nel nord europea alla ricerca di un lavoro e alla fine il nucleo famigliare si costruisce fuori. Prima gli italiani costruivano il proprio nucleo famigliare in Italia, la moglie e i figli rimanevano nella terra natia. L’obiettivo degli emigrati di una volta era ritornare in patria.
— Oggi invece gli espatriati non vogliono più tornare? Quali politiche assume il governo per frenare la fuga di cervelli?
— Oggi assistiamo ad uno svuotamento impressionante, c’è una città di Palermo svuotata e ricostruita all’estero. Il recente studio di Migrantes mostra che nell’anno del covid l’Italia ha perso 384 mila residenti sul suo territorio e ne ha guadagnati 166 mila all’estero. Se non ci sono delle politiche di attrazione nei confronti di una elevata ricerca di personale specializzato l’Italia rischierà nell’arco di qualche anno di perdere le proprie ragioni della natalità, già messa a dura prova.
Le politiche create negli anni a garanzia del mantenimento dell’occupazione giovanile intellettuale sono state acqua fresca rispetto alla possibilità reale che questi giovani hanno di rimanere per far crescere l’Italia. È una una questione di competitività internazionale nel campo della cultura, dell’industria, dell’alta tecnologia. Tutto ciò si può ottenere se si riuscisse a migliorare la qualità del mantenimento del lavoro aiutando i giovani a rimanere nel proprio tessuto collettivo.