IL MISTERO DELLA MORTE DEI POLIZIOTTI GRANATA E TODARO.

IL MISTERO DELLA MORTE DEI POLIZIOTTI GRANATA E TODARO.

Poliziotti testimoni.

È passato del tempo dalla dolorosa e improvvisa loro scomparsa.

Infatti molto strana risulta la loro morte avvenuta per entrambi entro 24 ore tra i due.

Ma ancora più strano che non si cerchi e si indaghi ancora per capire cosa sia successo.

Voci parlano per uno di leucemia fulminante e per l’altro di infarto fulminante.

La leucemia fulminante spesso è provocata da ingestione di spore radioattive, mentre l’infarto fulminante viene indotto con un farmaco specifico.

Ma perchè ipoteticamente eliminare proprio loro due praticamente nello stesso giorno, e cosa si voleva che non raccontassero.

Sicuramente il Procuratore Capo di Messina De Lucia, che ha archiviato l’indagine, “non ha trovato elementi”.

Lo stesso De Lucia che era indagato per un collegamento al sistema Montante, ma poi archiviato dal Procuratore di Perugia De Ficchy legato forse a Palamara.

Incredibilmente al momento non risultano esserci ulteriori indagini, facendo restare così la sospetta morte per omicidio, in una normale morte naturale, e lasciando sgomenti tutti coloro li conoscevano o abbiano seguito il caso.

Un breve riepilogo:

La vicenda dell’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi è legata, in termini temporali, a quella di due dei più fidati collaboratori del dottor Manganaro: il sovrintendente Calogero Emilio Todaro e l’assistente capo Tiziano Granata. Muoiono a distanza di un giorno l’uno dall’altro. Granata, il 1° marzo 2018 per arresto cardiocircolatorio. Todaro, l’indomani, a seguito di una leucemia fulminante.

Entrambi i poliziotti sono stati coinvolti, seppur con ruoli differenti, negli accadimenti del 18 maggio 2016.

Granata, è noto, era l’autista di Manganaro la notte dell’agguato ad Antoci. Todaro fu tra i primi ad intervenire sul luogo del crimine, in qualità di responsabile della sezione di polizia giudiziaria del commissariato di Sant’Agata di Militello, circostanza, quest’ultima, che ci è stata riferita da Manganaro, suo diretto superiore, e dal collega del servizio scorte, l’assistente capo Sebastiano Proto, nel corso delle loro audizioni:

FAVA, Presidente della Commissione: La prima telefonata che ha fatto?

MANGANARO: Al commissariato. Poi sicuramente… il questore, Todaro, Terrana, la volante diverse volte, la pg…

FAVA, Presidente della Commissione: Todaro perché?

MANGANARO: È il responsabile della mia polizia giudiziaria…

FAVA, Presidente della Commissione: Chiama lei Todaro o lo chiama la sala operativa?

MANGANARO: Presidente non mi ricordo, forse l’ho chiamato io, non ci penso.

[…]

DE LUCA, componente della Commissione: Todaro era di servizio quella notte?

PROTO: No, è arrivato anche allertato dalla sala operativa, dagli altri colleghi, non so personalmente da chi…

Todaro, proprio per il suo ruolo di responsabile della sezione p.g., è anche l’operatore che avrebbe seguito le indagini sull’agguato, in co-delega con la squadra mobile di Messina, per conto del commissariato di Sant’Agata di Militello:

MANGANARO: Avevamo soltanto una remotizzazione congiunta… perché a Messina non capivano il dialetto di Cesarò e San Fratello… da parte della mia squadra di polizia giudiziaria era Todaro che coordinava tutte queste attività interne al mio ufficio…

Todaro, inoltre, sarà impegnato – così come si evince dal fascicolo dei rilievi tecnici del 25 maggio 2016 a firma della polizia scientifica del Commissariato di Sant’Agata di Militello – nell’attività di accertamento riguardante l’autovettura blindata in uso al Presidente Antoci la notte dell’agguato.

La stampa è la prima ad avanzare dubbi sulla tragica coincidenza delle due morti, definendole strane e sospette, e ad accostare i loro nomi – non solo per ragioni di mera consecutio temporale – all’azione di contrasto inaugurata dal presidente Antoci e quindi alla vicenda del fallito attentato.

Anche il dottor Manganaro e la compagna di Granata, Lorena Ricciardello, nutrono perplessità sul fatto che si tratti di due decessi per cause naturali.

La dottoressa Ricciardello ha descritto alla Commissione quale fosse lo stato d’animo del Granata sia nei mesi successivi all’agguato che nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte.

RICCIARDELLO: Io ho fatto diverse dichiarazioni, diversi dubbi ho esposto pubblicamente, perché comunque volevo la verità sulla morte di Tiziano. (…) Io so che Tiziano, non subito dopo l’attentato, ma qualche tempo dopo, ha incominciato ad essere nervoso (…) Io, ripeto, io sono la compagna, Tiziano aveva sempre una protezione nei miei confronti, lui diceva sempre che mi doveva tutelare… tanto è vero che lui anche al campanello di casa aveva tolto pure il suo nome. (…) Poi a lui lo turbò molto la questione del fatto che Mario Ceraolo, che si conoscevano da quando Tiziano era piccolo, avesse dato una versione diversa dell’attentato, mi diceva questo: “Mario Ceraolo ha dato una versione diversa dell’attentato” e questa cosa lo ha amareggiato e deluso…

FAVA, Presidente della Commissione: Quando lei dice che pensa che non sia morto per infarto, perché lo dice, da cosa lo desume e che cosa immagina?

RICCIARDELLO: Perché Tiziano era sempre preoccupato e poi comunque durante la sua attività lavorativa, ancora prima dell’attentato, Tiziano… io cioè parlo per quello che lui mi riferisce… lui mi faceva i nomi di alcune persone che ce l’avevano con lui, che gli ostacolavano la carriera, solo perché lui faceva semplicemente il suo dovere, e Tiziano il suo dovere lo faceva. (…)

FAVA, Presidente della Commissione: Tiziano, al di là diciamo di questa preoccupazione nei suoi confronti nell’esporla troppo, ebbe mai occasione di manifestarle qualche preoccupazione per se stesso?

RICCIARDELLO: Sì, lui diceva che comunque bisognava stare attenti e faceva anche attenzione a dove si muoveva, nel senso che si guardava sempre attorno. Già il fatto stesso che lui abbia tolto il nominativo del campanello, poi il fatto stesso che comunque… la preoccupazione maggiore era per me e per i suoi familiari. (…)

FAVA, Presidente della Commissione: Lei ci diceva che non crede che il suo compagno sia morto per infarto. Dal punto di vista diciamo fisico, questo infarto aveva avuto qualche segnale, qualche indizio, affaticamento, stanchezza?

RICCIARDELLO: Per quanto riguarda questo infarto, che non è un infarto… ma un arresto cardiocircolatorio… l’arresto cardiocircolatorio, è vero ti può anche uccidere. Ma c’è un vuoto nella giornata del 28, in cui non si hanno notizie di Tiziano, del suo telefono. Se hai un arresto cardiocircolatorio, non è che rimani 24 ore comatoso nel letto. Ti puoi comunque muovere, riesci a prendere il telefono, fino a quando c’è l’exitus… Io ho sempre pensato, allora lo dissi anche al PM Bonanzinga, che sospettavo anche di un avvelenamento. Perché nel periodo in cui ero scesa in precedenza, quando festeggiamo il suo compleanno che fece quarant’anni, Tiziano senza mangiare così doveva evacuare velocemente, andare in bagno