Mafia, il pizzo al mercato di Pachino del clan Giuliano, “non ci furono estorsioni”

“Non sussistono i casi di estorsioni contestati a Giuseppe Aprile”. E’, in sintesi, il contenuto dell’arringa dell’avvocato Junio Celesti, difensore di Giuseppe Aprile, indicato dalla Procura distrettuale antimafia come un esponente di spicco del clan Giuliano di Pachino, imputato, insieme ad altre 13 persone, nel processo Araba Fenice in svolgimento alla Corte di Assise di Siracusa su mafia, estorsioni e droga a Pachino.

L’estorsione ad un imprenditore

Una delle contestazioni rivolte all’imputato è quella di aver chiesto il pizzo ad un imprenditore che, dopo la visita di Aprile e dei 2 fratelli nella sua azienda, decise di rivolgersi agli agenti della Squadra mobile.

Le mani del clan sul mercato di Pachino

Più in generale, secondo gli inquirenti, il clan Giuliano avrebbe avuto sotto il controllo il mercato di Pachino, innanzitutto “convincendo” i centri di distribuzione e commercianti al dettaglio a comprare la merce dalla aziende legate alla consorteria mafiosa.

Inoltre, nella tesi della Dda di Catania, il gruppo avrebbe anche preteso il pagamento di una provvigione come corrispettivo di una presunta mediazione contrattuale svolta tra produttori e commercianti.

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