Putin ha perso la guerra

Erano passate poche ore da quando Putin aveva  dichiarato repubbliche autonome Donetsk e Luhansk, quando scrissi questo articolo anticipando il disastro militare, economico e politico in direzione del quale Putin stava spingendo il suo paese, con gravi rischi e conseguenze per il resto del mondo.

Quando il 23 febbraio scrissi l’articolo “La Kabul di Putin”, da più parti mi venne fatto notare che l’Ucraina non è l’Afghanistan dove i talebani per anni si sono nascosti in un territorio ricco di montagne e cavità naturali dalle quali era difficile stanarli, e che di conseguenza l’invasione da parte dei russi in Ucraina si sarebbe conclusa nell’arco di pochi giorni con la vittoria delle forze armate di Mosca e con il facile controllo del territorio occupato.

Una corretta osservazione da parte di chi non conosce la storia dei vari scenari di guerra in ambito urbano che hanno richiesto anni di impegno militare prima di ottenere il parziale controllo del territorio, al prezzo della distruzione di intere città e del massacro di migliaia di civili, come nel caso del conflitto siriano ancora in corso dopo undici anni di guerra.

Centinaia di migliaia di vittime, un paese distrutto e una pace mai raggiunta.

Più sangue scorre, più la pace si allontana.

Non ci si può infatti dimenticare delle atrocità, degli eccidi, degli stupri e delle torture che simili conflitti generano.

Non serve essere un esperto professore di sociologia del terrorismo per rendersene conto, o forse è proprio il fatto di non esserlo che ci aiuta a meglio comprendere le dinamiche e le conseguenze di questi conflitti.

Se anche Putin dovesse vincere la guerra entro domani– che Dio lo perdoni, perché avrebbe un solo modo di vincerla – in realtà l’avrebbe persa.

Anzi, Putin l’ha già persa!

L’ha persa nel momento in cui ha incontrato l’inaspettata resistenza degli ucraini; l’ha persa quando ha massacrato i civili; l’ha persa nello stesso momento in cui gli ucraini rendono omaggio ai loro eroi caduti in battaglia, mentre i russi abbandonano e nascondono le migliaia di soldati morti in questa folle guerra, impedendo la celebrazione di esequie o trasformandole – nei rari casi in cui vengono celebrate – quasi in un rito carbonaro da nascondere agli occhi dell’opinione pubblica.

Secondo i dati odierni (15 maggio 2022) forniti dallo Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine, dall’inizio della guerra l’esercito russo ha perso 27.400 soldati.

27.400 funerali che non saranno mai celebrati ma che rimarranno nel ricordo e nel dolore delle famiglie.

Non so quante migliaia siano gli ucraini (militari e non) deceduti nel corso di questo conflitto, ma quale stupido può pensare che nessuno serberà rancore e che si possa vivere in pace in questo paese distrutto se venisse occupato e mantenuto sotto controllo dai russi?

Non era necessario ricoprire prestigiosi incarichi presso importanti università o averne ricoperto come membro di commissioni istituite dal governo italiano, per rendersi conto dell’esito di questa folle guerra.

Così come Putin ha punito quei generali che non hanno saputo valutare le conseguenze dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, anche in Italia dovremmo imparare a fare la differenza tra chi fa informazione e chi calca i palcoscenici dei talk show delle più importanti reti nazionali al fine di fare autopromozione, diffondendo “notizie” e “analisi” che meriterebbero ampi spazi soltanto sui media russi la cui indipendenza ben conosciamo.

Cosa ne sarà di quelle centinaia – forse un migliaio – di ucraini che stanno resistendo strenuamente nelle gallerie dell’acciaieria di Mariupol?

Moriranno tutti, sepolti vivi dall’esercito del dittatore che non concede loro di arrendersi ed essere trattati come prigionieri di guerra.

Un altro migliaio di martiri destinati a entrare nella storia come vessillo della resistenza di un popolo all’invasore.

Altri mille martiri che con la loro morte uccideranno ogni speranza di pace e migliaia di altri giovani ragazzi – spesso di leva – talvolta contrari a combattere per un dittatore che ad oggi ha ottenuto soltanto decine di migliaia di morti, la distruzione di un paese e il fallimento di tutti i suoi progetti.

L’unica speranza che rimane, è quella che il suo popolo lo comprenda, che lo capiscano coloro che più sono vicini al dittatore e che scongiurino l’evolversi di un conflitto che segnerà in maniera indelebile la frattura tra due popoli che nonostante il passato potevano essere fratelli.

Comunque vada, Putin ha già perso la guerra.

Gian J. Morici

Lavalledeitempli.net