Michele Termini, candidato sindaco di Campobello di Licata, il 24 giugno saprà se sarà rinviato a giudizio per associazione a delinquere ed altro, nell’ambito del processo ‘Waterloo-Girgenti Acque’. È l’ennesimo caso di sindaci e candidati sindaci che fanno riflettere, dopo quello della Brandara a Naro e di Lagalla a Palermo, quest’ultimo sostenuto da due condannati per mafia: Cuffaro e Dell’Utri

Michele Termini è stato già sindaco di Campobello di Licata e consigliere di amministrazione di Girgenti Acque e di Idortecne, la società-specchio creata ad hoc per truffare, secondo quanto sostenuto dalla Procura della Repubblica di Agrigento.

Adesso Michele Termini ci riprova. Si è ricandidato a sindaco, sempre a Campobello, malgrado sul suo capo penda la spada di Damocle di un possibile rinvio a giudizio, con accuse abbastanza gravi, compresa l’associazione a delinquere. Il 24 giugno, il Giudice Micaela Raimondo, nell’aula ‘Livatino’ del Tribunale di Agrigento, deciderà anche per Termini, oltre che per altri 45 soggetti, se rinviarlo a giudizio.

Una volta, ai miei tempi, queste cose destavano impressione, la gente si scandalizzava.

Oggi, specie nell’Agrigentino, di storie del genere nessuno ne parla e, di conseguenza, nessuno si scandalizza. Basta pensare alla sindaca di Naro Brandara, ad esempio, che, con due rinvii a giudizio, per corruzione, associazione a delinquere e per una lunga serie di reati, malgrado altre tre inchieste a suo carico, non molla la poltrona. Anzi rilancia ed acchiappa ulteriori cariche ed incarichi, a destra ed a manca. Ormai i processi e, soprattutto le condanne, meglio se per mafia, fanno curriculum. Vedi i casi di Cuffaro e Dell’Utri, sostenitori del candidato a sindaco di Palermo, nonché ex nipote acquisito del capomafia di Canicattì.