La politica? Un’associazione a delinquere? (Aldo Capitano)

‘Il giorno della civetta’.
Romanzo di Leonardo Sciascia del 1961.

In questo romanzo Sciascia, spremendo le sue meningi, da scienziato illuminato della letteratura, siciliano agrigentino racalmutese, ispirandosi all’attività politica, sociale, dello Stato dell’epoca, ha saputo preannunciare ciò che è accaduto, dall’anno della pubblicazione di tale libro, fino al 2022, anticipando scientificamente gli accadimenti di 60 anni di vita della pubblica amministrazione.
Il romanzo, che ha per titolo ‘Il giorno della civetta’, è riconducibile alla credenza popolare che tale uccello è di malaugurio, sia per la sua attività notturna che per il suo lugubre canto.
Già da consigliere comunale, insieme a Renato Guttuso, nell’aula consiliare, in quel di Palermo, nell’espressione critica, era antagonista rispetto a tutto ciò che riguardava l’attività politica di quel tempo, organizzata da quella componente potente ed influente originaria di Corleone.
Erano gli anni del cabarettista Pino Caruso che, in una sua rappresentazione teatrale, ebbe a dire: “scusi, per cortesia, lei, c’ha un ‘Ciancimino?’
Nella sua parodia, il cabarettista Pino Caruso, si esprimeva con un periodare che si rifaceva all’accensione di una sigaretta, nella bocca storta, usando il termine ‘c’ha un cimino’, per dire c’ha un cerino.
Con tale metafora, il Caruso, voleva far comprendere ciò che bruciava con i Corleonesi, nella politica e fuori dalla politica.
Ed ‘Il giorno della civetta’, è l’immagine allo specchio di ciò che accadeva in quegli anni, per via del perverso intreccio tra mafia, politica e Stato.
Sciascia, con la figura del protagonista del romanzo, il Capitano Bellodi, rappresentava i tratti comportamentali di un personaggio che esprimeva la dedizione e lo spirito di servizio per lo Stato.
Ciò non piacque ai mafiosi del paese, i quali a causa delle sue molteplici inchieste e arresti per fare giustizia, fu fatto trasferire dal capomafia nella sua città di provenienza.
Questo trasferimento Sciascia lo rappresenta come il potere esercitato dalla mafia nello Stato. L’evento descritto da Leonardo Sciascia anticipa di sessant’anni ciò che è accaduto con il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, con Falcone e Borsellino, con Rosario Livatino e con tanti, tanti altri martiri della mafia.
Una mafia,che con questi ultimi eventi si manifesta atroce, dirompente, crudelmente attiva, con le sue manifestazioni, con il tritolo, hanno lasciato sconvolti ed attoniti tutti i cittadini.
Quindi un Leonardo Sciascia che, inconsciamente, presagiva gli accadimenti del futuro che, fatalmente, si verificarono anche dopo la sua morte.
La morte di Borsellino, che segue quella di Falcone, crea un’eco mondiale così forte, che la mafia, o per meglio dire la delinquenza organizzata stragista, ha dovuto compiere una fortissima modifica nei suoi comportamenti violenti.
Oggi, infatti, la delinquenza organizzata, non commette più azioni violente, uccidendo fisicamente. Ha cambiato strategia, si è infiltrata ovunque, con i suoi tentacoli, in tutti gli apparati amministrativi, esercitando altro tipo di violenza, uccidendo psicologicamente i cittadini, con manovre economiche distruttive dello stato sociale.
Ed i cittadini, il popolo, devono subire i danni causati da questa gramigna, le cui radici sono più forti del tritolo usato per Falcone e Borsellino.
Il popolo , dunque,deve subire queste boccate amare, che influiscono negativamente sui giovani, ai quali non viene lasciati alcuno spiraglio per un avvenire diverso e migliore.
Ciò che ha lasciato in eredità la mente eccelsa di Leonardo Sciascia, a futura memoria, risale a sessant’anni fa, epoca in cui l’editore Giulio Einaudi ha pubblicato il romanzo ‘Il giorno della civetta’.
Dott. Aldo Capitano