Caso Saguto: oltre la condanna rimane il fallimento di un sistema di potere arrogante e pericoloso

Ci sarà un terzo grado di giudizio? E’ fisiologico che la difesa ricorra in Cassazione  . Corretto attendere il verdetto definitivo

Aspettiamo la Cassazione per la sentenza definitiva e rispettiamo i ruoli del processo. Rimane, in ogni caso, come amano dire  i comunicatori del sistema antimafia: l’evidenza dei fatti tangibili. Come dire: mediaticamente sei già condannata perchè il danno esiste, è tangibile. Aziende fallite e soldi tolti alla mafia bruciati insieme a migliaia di posti di lavoro

L’imbarazzo delle stampa asservita alla Saguto

 La Saguto era forte perchè usava anche i media per difendere il sistema.  Evidenziare l’impegno per fare quello si vuole. Quell’evidenza , molto affermata tra i giustizialisti che, per altri fuori dal sistema di protezione  antimafiosa si applica,  (vedi il caso Cavallotti) con l’obiettivo di  distruggere la vita delle persone, per gli amici si gestisce(vedi il caso Crocetta.

Azione di “attacco” da applicare oltre ogni ragionevole dubbio quando si tratta di possibili nemici del sistema, in nome della lotta alla mafia

La condanna:

CALTANISSETTA – La Corte d’Appello di Caltanissetta ha condannato a 8 anni e 10 mesi e 15 giorni l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo Silvana Saguto, imputata di corruzione, concussione e abuso d’ufficio. Pena più pesante degli 8 anni e 6 mesi decisi in primo grado.

Il collegio presieduto da Marco Sabella ha inflitto un mese di carcere in più all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il “re” degli amministratori giudiziari: 7 anni e sette mesi.

Sei anni e due mesi ha avuto il marito dell’ex giudice, l’ingegnere Lorenzo Caramma; 4 mesi, invece dei 6 del primo grado per il figlio di Silvana Saguto, Emanuele Caramma.

Tre anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo (confermata) e per il professore della Kore di Enna ed ex amministratore giudiziario Carmelo Provenzano (contro i 6 anni e 10 mesi del primo grado).

Scende a un anno e 4 mesi, invece di un anno e 10 mesi, la pena di Walter Virga, figlio del giudice Tommaso Virga, processato separatamente e assolto col rito abbreviato. Ed ancora: 4 anni e 2 mesi (invece di 6 anni, due mesi e 10 giorni) per l’amministratore giudiziario Roberto Santangelo; 2 e 8 mesi per il tenente colonnello della Guardia di finanza all’epoca in servizio alla Dia Rosolino Nasca che ne aveva avuti 4; un anno e dieci mesi per preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna Roberto Di Maria. Condanne a 2 anni e 8 mesi per Maria Ingrao, la moglie di Provenzano e Calogera Manta, la cognata.

 

In altre parole, il fallimento della gestione dei beni confiscati e l’evidente clientela che si è sviluppata attorno alla montagna di “picciuli” tolti alla mafia, è un fatto reale. I dati dicono chiaramente che, il sistema di gestione dei beni , è stato pessimo. Fallimentare e anche pericoloso per il famoso slogan “la mafia da il lavoro e lo Stato lo toglie”. Purtroppo ,in molti casi, il sequestro ha comportato la fine del lavoro.  Castelvetrano e Gruppo 6 docet

La Saguto, se sarà condannata con sentenza definitiva, paga per tutti. Il suo silenzio è strano.  Non poteva essere l’unica responsabile dentro il palazzo. Non poteva  gestire tutto da sola. Troppo grossa la torta.  Ci si ricordi che ha sempre un ‘agenda nelle mani. Quella agenda, stavolta blu e non rossa, che fece vedere nel processo di primo grado. Sarebbe molto interessante conoscerne il contenuto. Magari appuntava tutti favori fatti anche ai suoi colleghi

“Quel Dio onnipotente che era la Saguto”: Così la definisce Attilio Bolzoni, attento e serio giornalista impegnato nella lotta al crimine mafioso e al potere antimafioso che rovina e non aiuta la società a liberarsi da ogni mafia

Nella sua requisitoria l’ex  procuratrice generale di Caltanissetta, Lia Sava, ha insistito molto sulla genesi dell’inchiesta. Sul suo significato e sul potere esercitato per anni

Gli affari in nome della lotta alla mafia

 Sempre Bolzoni scrive  : “Con la condanna  di  Silvana Saguto, l’antimafia giudiziaria fellona paga i suoi primi conti. Ma quella della ex presidente delle Misure di prevenzione è una storia parallela a quella dell’ex paladino degli industriali Antonello Montante  cade l’impunità per quel pezzo di magistratura che in nome della legge considerava “affare di famiglia” i beni dei mafiosi. E se la sentenza che le è piovuta addosso dai giudici di Caltanissetta – 8 anni e 6 mesi di reclusione – ha ridimensionato l’impalcatura accusatoria (cancellata l’associazione a delinquere e un capo di imputazione per corruzione) il verdetto ci dice che qui in Sicilia ci sono stati e per tantissimi anni personaggi che hanno gestito la roba della mafia ricavandone immensi profitti. Magistrati ma anche prefetti, funzionari della Direzione investigativa antimafia, professori universitari e amministratori giudiziari che in brevissimo tempo sono diventati ricchi come Paperon de’ Paperoni. Sempre “combattendo la mafia”.

Sistemi simili, da qualche altra parte rimangono attivi? Qualche dubbio rimane .  Guai a mettersi contro l’antimafia di potere. Il rischio di finire dentro il tritacarne è facile