Colpo di scena: il presidente dell’ARS Miccichè si ritira dalla corsa alla presidenza della Regione. Via libera per Schifani, imputato nel processo Montante. Il presidente dell’ARS cede il passo a Schifani subito dopo che abbiamo pubblicato la notizia del suo probabile rinvio a giudizio, il prossimo 8 settembre. E’ accusato di avere ricevuto dei contributi illeciti da Girgenti Acque, soldi delle bollette dei cittadini, in cambio di una candidatura alle Nazionali del 2018

Si deciderà l’8 settembre il rinvio a giudizio del presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Gianfranco Micciché, commissario regionale di Forza Italia, che ieri sera era stato dato quale probabile candidato alla presidenza della Regione. Mentre stiamo scrivendo Miccichè, tranne ulteriori ripensamenti, pare che abbia fatto, qualche ora fa, una repentina e sorprendente marcia indietro. Da indagato, a probabile imputato per il reato di finanziamento illecito, ha dato il suo  lasciapassare a quello che ormai sembra il candidato unitario di tutto il Centrodestra. Ci riferiamo all’imputato, sin dal 2019, nell’ambito del processo al cosiddetto ‘Sistema Montante’, Renato Schifani. Sino a stamattina eravamo fermi invece a quanto contenuto in un comunicato stampa, diramato ieri sera dai fedelissimi del presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, in cui si dava per scontato: ‘Miccichè for president’. Questa sortita del Berluscones siciliani si registrava dopo che, ieri pomeriggio, veniva calata dall’alto la candidatura dell’ex presidente del Senato Renato Schifani, scelto da Giorgia Meloni ed Ignazio La Russa. E poco importa se, come detto, Schifani è imputato a Caltanissetta nel processo Montante. Purtroppo dentro Forza Italia è difficile trovare un candidato alla presidenza della Regione che non è imputato in un qualche processo. Miccichè infatti, lo ribadiamo, giorno 8 dovrà comparire davanti al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Agrigento Micaela Raimondo, per rispondere del reato di finanziamento illecito, percepito dalla società di gestione dei servizi idrici agrigentini, Girgenti Acque. Società posta sotto sequestro giudiziario nel 2018 per infiltrazioni mafiose, oltre che per una caterva di reati penali, amministrativi, fiscali ed ambientali.

C’è da sottolineare che al Miccichè, dopo mesi e mesi di tentativi andati a vuoto, soltanto nel luglio scorso sono riusciti a notificargli l’atto di fissazione dell’udienza, relativa al procedimento penale che lo riguarda, scaturito dall’inchiesta denominata ‘Waterloo’. Negli uffici giudiziari agrigentini il messo notificatore non ha forse riflettuto che bastava, volendo, così come prevede la legge per chi ricopre degli incarichi istituzionali, consegnare quell’avviso di comparizione di Miccichè anche nelle mani di uno qualsiasi dei tanti uscieri dell’Assemblea Regionale Siciliana. Usciere che avrebbe avuto l’obbligo, a sua volta, di consegnarlo personalmente al Presidente Miccichè. Se fosse andata a buon fine la prima od anche la seconda notifica andata a vuoto, a quest’ora Miccichè, probabilmente, sarebbe già stato rinviato a giudizio.

Ma andiamo a verificare qual è il reato da lui commesso, secondo la Procura della Repubblica di Agrigento e di cui dovrà rispondere.

L’azionista di maggioranza e presidente di Girgenti Acque, Marco Campione, secondo l’accusa, per la verità ben documentata, ha erogato, in maniera illecita, oltre 30 mila euro a Gianfranco Miccichè, tramite l’allora suo mandatario elettorale, il parlamentare Francesco Scoma. Anche per Scoma è stato chiesto il rinvio a giudizio. Soldi che sono stati prelevati dagli incassi delle bollette degli utenti dei servizi idrici che, come è noto, sono tra le più care d’Italia, a fronte di servizi pessimi.

L’acqua veniva erogata nelle case, nella migliore delle ipotesi, una volta ogni settimana, mentre le falde acquifere, i mari ed i torrenti risultavano tutti quanti inquinati. Non c’era un solo impianto di depurazione funzionante, malgrado si facesse pagare il relativo servizio che, in maniera truffaldina, non veniva effettuato. Gianfranco Miccichè è coinvolto in questo procedimento penale perché avrebbe garantito, in cambio di soldi, una candidatura alle elezioni nazionali del 2018 al presidente di Girgenti Acque, Marco Campione. Purtroppo il Campione ha poi dovuto rinunciare a quell’allettante proposta proprio a causa dei suoi molteplici carichi pendenti, alcuni dei quali culminati anche in un paio di arresti. Nel 2012, infatti, per diventare azionista di maggioranza di Girgenti Acque aveva, tra l’altro, rilevato le quote azionarie di due società campane, raggiunte da interdittive antimafia e riconducibili al clan campano dei Casalesi.

Insomma, non stiamo proprio parlando delle solite operazioni della cosiddetta antimafia di facciata, quando ci riferiamo all’inchiesta ‘Waterloo’. Com’è noto il calunniatore seriale, specializzato nel dare l’input a delle ormai proverbiali inchieste mediatico-giudiziarie farlocche e che è stato, per oltre un decennio, il capo indiscusso dei falsi professionisti dell’antimafia, era Antonello Montante, grande amico e protettore, peraltro, anche di Marco Campione. Montante adesso è caduto in disgrazia ed è già stato condannato in appello, col rito abbreviato, ad 8 anni di reclusione, nell’ambito dello stesso procedimento giudiziario in cui è imputato anche Renato Schifani che ha invece scelto il rito ordinario, confidando in una provvidenziale prescrizione. Il processo a carico di quello che, tranne qualche ulteriore ripensamento, sebra ormai essere il candidato ufficiale di tutto il centrodestra alla presidenza della Regione Siciliana, proposto ieri dalla Meloni e da La Russa, è tuttora in corso; la prossima udienza si terrà il 12 settembre. L’ex presidente del Senato Schifani è sotto processo per avere passato delle notizie coperte da segreto istruttorio, tramite il commercialista e professore universitario Cuva, riguardanti l’inchiesta per mafia, non ancora chiusa, a carico sempre di Montante.

L’ex paladino dell’antimafia Montante è inoltre imputato in un secondo processo, per associazione a delinquere, corruzione ed altro, assieme all’ex presidente della Regione Rosario Crocetta ed al suo delfino e successore alla presidenza di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, imprenditore che si occupa di rifiuti e, dal 2014, anche di intercettazioni telefoniche ed ambientali per conto di molte procure e tribunali italiani. Assieme a loro, a Caltanissetta, è stata anche rinviata a giudizio, tra gli altri, l’attuale sindaca di Naro, Maria Grazia Elena Brandara, contro la quale si sono costituiti parte civile il Ministero dell’Interno e la Regione Siciliana. Oltre a lei figurano anche due ex assessori regionali della Giunta Crocetta: la segretaria di Confindustria e di Montante, Linda Vancheri e l’ex sindacalista della CGIL, Mariella Lo Bello. La sindaca Brandara è inoltre sotto processo pure nel Messinese; mentre presso il tribunale di Siracusa sono stati depositati gli atti di conclusione delle indagini riguardanti i gravissimi reati oltre che amministrativi, soprattutto ambientali, che avrebbe commesso. Le viene contestato anche un palese conflitto d’interessi, risalente a quando ricopriva il doppio incarico di presidente dell’IAS, l’azienda che gestisce il depuratore di Priolo e di presidente dell’IRSAP, la società pubblica proprietaria dell’impianto che avrebbe dovuto evitare che si perpetrasse l’immane disastro ambientale riscontrato dagli uffici giudiziari siracusani. La procura di Siracusa, per risarcire le vittime di questo devastante inquinamento, ha già chiesto il sequestro preventivo di 25 milioni di euro, al fine di assicurare un primo forfettario indennizzo di alcuni dei danni ambientali che hanno provocato, fin qui, anche numerose perdite di vite umane. Quel mega depuratore mal funzionante, al servizio di molte aziende altamente inquinanti che insistono nella vasta area del petrolchimico siracusano, per delle gravi responsabilità riconducibili al ‘sistema Montante’, di cui la Brandara era una pedina fondamentale, è stato, e continua purtroppo ancora ad essere, una delle più grandi bombe ecologiche d’Italia.

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