Schifani dice di Micciché: è un incompetente. Da imputato nel processo Montante, oggi ha pure dichiarato di avere scelto il rito abbreviato e che potrebbe avvalersi del legittimo impedimento per l’udienza del 12 settembre: FALSO! Dopo la sua candidatura, calata dall’alto, e dopo le scelte nepotistiche e familistiche del listino, il Centrodestra è ormai allo sbando
Oggi il candidato del Centrodestra per l’elezione a presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha ancora dichiarato, stavolta al quotidiano La Repubblica, che avrebbe chiesto di essere giudicato col rito abbreviato nel processo Montante, in cui è imputato per rivelazione di segreto istruttorio, per favorire l’associazione a delinquere capeggiata da Antonello Montante.
Nulla di più falso!
Schifani mente sapendo di mentire.
La verità è che lui è sotto processo col rito ordinario dal 2018. La prossima udienza in cui gli saranno contestati i reati da lui commessi tra il 2015 ed il 2016, si terrà il prossimo 12 settembre.
Oggi ha inoltre sostenuto, a sproposito, che lui si sarebbe potuto avvalere del legittimo impedimento, in occasione dell’udienza che si celebrerà fra una settimana, perché impegnato nella campagna elettorale.
Anche questa affermazione è per lo meno fuori luogo, visto che, da quattro anni a questa parte, da quando cioè è iniziato il processo che lo riguarda, Renato Schifani non ha mai partecipato a nessuna delle oltre 15 udienze che si sono finora celebrate.
Almeno questa storia del suo legittimo impedimento se la poteva risparmiare.
Così come le risposte riguardanti le richieste del presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Gianfranco Micciché che, in caso di vittoria del Centrodestra, aveva espresso il desiderio di optare per la carica di parlamentare regionale, rinunciando al suo seggio sicuro al senato, rivendicando pubblicamente l’incarico di assessore regionale alla sanità.
Schifani ha subito gelato Micciché dicendo che non se ne parla neppure e che, questa sua esternazione pubblica, è stata del tutto improvvida.
Insomma sembra che questa frizione sia solo uno dei tanti sintomi di un malessere diffuso all’interno di una coalizione, le cui scelte sembrano mal digerite da diversi malpancisti. Ci riferiamo ad esempio alla scelta dello stesso Schifani quale candidato alla presidenza della Regione, da parte di Ignazio La Russa e della Meloni, in nome e per conto di Forza Italia; dopo che Gianfranco Miccichè aveva fatto fuori il presidente uscente, Nello Musumeci. In cuor suo, chiaramente, Miccichè intendeva essere lui il candidato-presidente del Centrodestra. Ma così non è stato.
Anche la scelta relativa ad almeno tre candidati del listino bloccato è stata una sciagura; ha provocato non pochi malumori, per non dire un vero e proprio sconquasso. In un caso possiamo parlare di decisione nepotistica, nel vero senso della parola, visto che si tratta del nipote dell’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo. Mentre gli altri due candidati, entrambi agrigentini, sono un uomo di Dell’Utri, Riccardo Gallo, e la moglie del segretario dell’UDC, un partito che in Sicilia non esiste più, da cui sono scappati tutti quanti, collocandosi un pò ovunque. Partito scioltosi come neve al sole, non appena è stato incorporato da Totò Cuffaro nella sua ‘Nuova Democrazia Cristiana’.
I vecchi pupara, Cuffaro, Lombardo, La Russa e lo stesso Schifani, di vittime e danni ne hanno finora già fatto abbastanza. Sono scesi in campo pesantemente, alla stregua di quattro pachidermi, di quattro elefanti, alle prese con la pregiata cristalleria del Centrodestra, mandata praticamente tutta quanta in frantumi.
Salvatore Petrotto