“La mafia non uccide solo d’estate”

Sono i giorni degli anniversari della morte di Livatino, Saetta e Terranova, tre magistrati vittime della mafia tra i primi giorni d’autunno.

25 settembre 1979 Cesare Terranova, 25 settembre 1988 Antonino Saetta, 21 settembre 1990 Rosario Livatino: ecco le vittime “settembrine” della mafia tra i magistrati. Due inquirenti, giudici istruttori, che oggi sarebbero pubblici ministeri, ovvero Cesare Terranova e Rosario Livatino, e poi uno giudicante, il primo giudice che sentenzia ucciso dalla mafia, Antonino Saetta. Sono tre delitti eccellenti commessi nei primi giorni d’autunno, quasi a smentire il celebre titolo: “La mafia uccide solo d’estate”.

Rosario Livatino

Rosario Livatino è stato il solo dei tre a non essere vittima di Cosa Nostra. Lui, il “giudice ragazzino” adesso “Beato”, il 21 settembre del ’90 è stato inseguito giù in una scarpata nei pressi di Agrigento da “stiddari” di Canicattì e di Palma di Montechiaro. Per la “stidda” fu soprattutto un’azione dimostrativa di forza militare verso i rivali di Cosa Nostra anche se, forse, sarebbero stati i boss di Cosa Nostra dell’epoca di Canicattì a strumentalizzare la ferocia degli “stiddari” lanciandoli contro Livatino.

Mancuso e Terranova

Cesare Terranova e il suo agente di scorta, il maresciallo di Polizia, Lenin Mancuso, furono trivellati di proiettili il 25 settembre del ’79. In quel tempo il termine “mafia” era solo sussurrato, la mafia era “un’invenzione dei comunisti”, non esisteva così come il 416 bis. Eppure Cesare Terranova istruì i primi processi contro i corleonesi di Luciano Liggio e Totò Riina. E Liggio fu condannato all’ergastolo nel ’75 per l’omicidio del capomafia di Corleone, Michele Navarra. Infatti Tommaso Buscetta raccontò a Giovanni Falcone che Liggio era il mandante dell’omicidio Terranova. E così confermò poi anche il pentito Francesco Di Carlo: Liggio il mandante, e Leoluca Bagarella, Giuseppe Madonia, Giuseppe Gambino e Vincenzo Puccio gli esecutori.

Antonino e Stefano Saetta

Il giudice Antonino Saetta e il figlio Stefano, anziché a casa loro dove erano diretti, rientrarono nella casa del Padre lo stesso giorno della morte di Terranova, 25 settembre, e 9 anni dopo Terranova, nell’88, lungo la stessa strada, la statale 640, che due anni dopo, ancora a settembre, sarebbe stata bagnata dal sangue di Livatino. Furono affiancati da una Bmw scura e travolti da una raffica di proiettili calibro 9. I mandanti furono Totò Riina e Francesco Madonia. L’esecutore Pietro Ribisi di Palma di Montechiaro. Antonino Saetta fu integerrimo presidente di Corte d’Assise a Caltanissetta e a Palermo. Giudicò la strage “Chinnici” e l’uccisione del capitano Basile. In quel tempo Cosa Nostra subì un bombardamento senza precedenti: il 16 dicembre 1987, il giorno della sentenza di primo grado del maxi-processo, 346 condannati, 114 assolti, 19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione. Ebbene, il giudice Antonino Saetta avrebbe presieduto il maxi processo di secondo grado, da presidente della Corte d’Assise d’Appello di Palermo. Ecco perché fu emessa la sentenza di morte, prima che lui emettesse la sua.

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