Agrigento, si profila un processo a “luci rosse”

La Procura di Agrigento invoca sette rinvii a giudizio nell’ambito dell’inchiesta contro lo sfruttamento della prostituzione cosiddetta “Saponara”. I dettagli.

Ad Agrigento, al palazzo di giustizia, si profila un processo a “luci rosse”. Infatti: il sostituto procuratore della Repubblica, Giulia Sbocchia, ha appena proposto il rinvio a giudizio di 7 imputati nell’ambito di un’inchiesta su un business legato alla prostituzione che sarebbe stato praticato nel centro storico. Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale, Francesco Provenzano, valuterà il lavoro inquirente di Giulia Sbocchia, e poi si pronuncerà sulle sorelle peruviane Marival Magaly Mendoza Manrique, intesa “Camilla”, 50 anni, e Jacqueline Yanina Mendoza Manrique, intesa “Jacki”, di 39 anni. E poi altre peruviane: Maria Cirila Huacache Manrique, 81 anni, che è la madre delle due Mendoza, e Maria del Pilar Manrique Torres, intesa “Pilar”, 56 anni. Poi la brasiliana Maria Valdirene Vieira De Oliveira, 51 anni. E poi Eugenio D’Agostino, 54 anni, di Agrigento, e Giuseppe Salamone, 32 anni, anche lui di Agrigento. Nell’estate del 2014 delle escort (tradotto dall’inglese è: accompagnatrici) sarebbero state invitate e accolte ad Agrigento, come Valentina, Pepi, Giana, Carina, Jessika, Peti, Giuly, Gisella, Irina, Betty, Jennifer e Ludimila, figlia della stessa brasiliana Vieira De Oliveira. I servizi erotici sono stati pubblicizzati sulla stampa e sul sito internet “Bakeka incontri Agrigento”. Anche a telefono è stato spiegato ai clienti il tipo della prestazione sessuale, poi le offerte sul prezzo, tra i 70 e gli 80 euro pagati in anticipo, e poi l’accordo su dove e quando. Sarebbero state le due sorelle Mendoza, Magalv e Yanina, a reperire due appartamenti tra via Saponara 10 e via Neve 54, dove decenni addietro è stato allocato (che coincidenza!) il cinema a luci rosse “Ambra”. Le due Mendoza poi hanno contattato escort ovunque in Italia, prospettando un impiego sicuro e ben pagato. E così sarebbe stato. Una quota degli incassi sarebbe stata versata alla madre 81enne delle Mendoza. L’agrigentino Eugenio D’Agostino sarebbe stato il compagno di una delle sorelle Mendoza, e si sarebbe adoperato ad accompagnare le escort nei loro spostamenti, custodendo le chiavi degli appartamenti teatro delle scorribande sessuali. All’altro agrigentino, Giuseppe Salamone, inteso Oliver, si sarebbe invece reso utile nell’alloggiare le ragazze, spesso ospiti di altre escort già da tempo ad Agrigento. Le indagini della Squadra Mobile e della Procura di Agrigento, che il 20 giugno del 2014 sfociarono nel blitz “Saponara” e negli arresti, sono state avviate a seguito delle segnalazioni e delle lamentele dei residenti delle stesse via Neve e via Saponara, indispettiti dal via vai di clienti nei due appartamenti presunti a luci rosse. Le due sorelle Mendoza si sono difese così: “Non abbiamo mai sfruttato altre ragazze. Ognuna lavorava per conto proprio. E’ stata una gestione familiare delle case. Abbiamo semplicemente ospitato qualche volta delle ragazze, ma a titolo gratuito e in maniera sporadica”. Eugenio D’Agostino invece ha spiegato: “Non sono coinvolto nell’attività di favoreggiamento alla prostituzione. Ho frequentato una delle ragazze e ho instaurato un rapporto personale. Ecco perché i continui passaggi in auto o altri favori che ho fatto a titolo personale e non per favorire l’attività di prostituzione negli appartamenti di via Neve e Saponara”.

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