Il procuratore generale di Caltanissetta Antonino Patti ha chiesto l’ergastolo per Matteo Messina Denaro. “Chiedo che questa Corte confermi la sentenza di primo grado per le stragi di Capaci e di via D’Amelio”. Così al termine della sua requisitoria nel processo che si celebra in Corte d’Assise d’Appello a Caltanissetta a Matteo Messina Denaro, accusato di essere il mandante delle stragi del ’92.“Tra i motivi dell’Appello della Corte di Assise d’Appello di Catania del 2006 si dice che la missione romana fu un astuto espediente per distogliere i sospetti da Cosa Nostra e far credere che fossero stati i servizi segreti deviati. Ma non è così, allora alcune cose non si sapevano ma la missione romana era una cosa seria che alla fine fallì”. Lo ha detto il procuratore generale Antonino Patti.
Il riferimento è alla cosiddetta missione romana, quando un commando, nel febbraio del ’92, partì dalla Sicilia per la capitale per eliminare Giovanni Falcone e Maurizio Costanzo.
“Falcone era uno dei pochi soggetti – continua Patti – che se in quel momento storico avesse subito del male qualsiasi investigatore, anche il meno esperto, avrebbe puntato l’attenzione su Cosa Nostra. Si parla di totale superficialità e inadeguatezza di Riina nell’organizzare la missione romana e che ha fatto affidamento a persone non tutte di rilevante calabro mafioso. Ma ci aveva mandato le persone più importanti, come Giuseppe Graviano, che è un capomandamento, così come Matteo Messina Denaro. Non è affatto vero, poi, che nel sestetto romano c’era gente che non sapeva mettere mano sugli esplosivi. Riina – aggiunge Patti – a Falcone lo avrebbe ucciso ovunque, anche sulla Luna. Lo dice lui stesso in un’intercettazione”.
In primo grado Matteo Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo. “L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro – ha detto nell’udienza scorsa il procuratore Patti – è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore”.