La Sicilia teatro dello scontro tra Ong e governo

Quasi mille migranti su tre navi umanitarie da giorni in mare innanzi alle coste siciliane attendono un porto sicuro dall’Italia. Il perché del no di Meloni e Piantedosi.

Matteo Piantedosi

Lo scorso 26 ottobre il neo ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha vietato a due navi umanitarie con a bordo circa 300 migranti l’ingresso nelle acque territoriali italiane. E ciò perchè Libia, Malta e l’Italia sono state informate dei salvataggi solo a operazioni avvenute, senza alcun raccordo. E Piantedosi, nella sua direttiva, ha citato anche l’articolo 19 della Convenzione Onu sul diritto del mare, secondo cui le navi di tutti gli Stati, costieri o privi di costa, godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale. Il passaggio è inoffensivo fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero. Tali condizioni si verificano se la nave in questione è impegnata in alcune attività, tra cui il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero. Ecco il perché del no del ministero. Ebbene, adesso alle due navi ong la “Ocean Viking”, con bandiera della Norvegia e la francese “Sos Mediterranee” che la gestisce, e la tedesca “Humanity”, si è aggiunta una terza nave umanitaria, la “Geo Barents”, con bandiera della Norvegia e timone ai francesi di “Medici senza frontiere”, con a bordo 572 extracomunitari. E dunque sono complessivamente 985 i migranti soccorsi in mare e in stallo sulle tre imbarcazioni che incrociano a poche miglia dalle coste siciliane. Le ong hanno lanciato diversi appelli ad Italia e Malta per ottenere un porto sicuro dove sbarcare: “A bordo abbiamo tanti bambini, e c’è chi ha bisogno di cure immediate”. La presidente del Consiglio, Giorgio Meloni, ovviamente interpellata, ha spiegato: “Se fai la spola tra le coste africane e l’Italia per traghettare migranti, violi apertamente il diritto del mare e la legislazione internazionale. Se poi una nave Ong batte bandiera, poniamo, tedesca, i casi sono due: o la Germania la riconosce e se ne fa carico o quella diventa una nave pirata”. E il ministro Piantedosi ribadisce: “Non possiamo farci carico dei migranti raccolti in mare da navi straniere che operano sistematicamente senza alcun preventivo coordinamento delle autorità”. Replica l’associazione “Medici senza frontiere”: “Il nostro team di bordo ha tempestivamente contattato e informato sia le autorità marittime maltesi, responsabili della zona ‘ricerca e soccorso’ in cui si sono svolte le attività di salvataggio, che le autorità italiane, ma il centro di coordinamento dei soccorsi maltese non ha inviato alcuna istruzione o comunicazione. Sulla nave ci sono oltre 60 minori, 3 donne incinte e casi che richiedono un intervento immediato, come quello di una famiglia del Togo con una bimba di 11 mesi nata con il labbro leporino e che ha difficoltà nella deglutizione. I suoi genitori hanno lavorato in Libia per mettere i soldi da parte per curare la loro figlia, cercando contemporaneamente di ottenere un visto per l’Europa che è stato sempre stato negato”. E sulla nave tedesca “Humanity”, con 179 persone a bordo, recriminano: “Con noi ci sono oltre 100 minori. Il più piccolo è di soli 7 mesi. Stanno soffrendo di stress psicologico. Hanno bisogno di un porto ora”. E sulla “Ocean Viking”, che galleggia con 234 immigrati nella stiva, ribattono: “E’ un obbligo per gli Stati fornire il permesso di sbarco alle navi che sono state impegnate in operazioni di ricerca e soccorso e che trasportano a bordo i sopravvissuti”.

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