Poteri occulti , mafia e istituzioni deviate e i segreti di Castelvetrano del 1992

Poteri occulti, mafia e istituzioni deviate

Il braccio più violento  ,  di questo atroce  sistema , è stato applicato con  le stragi .

I boss mafiosi della Prima Repubblica , sapevano degli accordi di potere fatti con gli americani già nel 1943. Il patto “molto sporco” doveva funzionare per difendere gli interessi americani, vincitori della seconda guerra mondiale. Il pericolo sovietico era forte e l’Italia si era spostata troppo a sinistra. Berlinguer era a capo del PCI che voleva fare il Governo con lo statista Moro. La stagione del “Compromesso Storico” doveva chiudersi subito. Erano gli anni del terrorismo, della mafia che uccideva a man bassa e della politica che controllava tutto. Anche la magistratura. Un difetto, quello delle simpatie politiche, che certe toghe non perderanno anche nella seconda e terza repubblica

L’Italia e gli interessi nel Mediterraneo: il gioco pericoloso con Gheddafi

Esisteva, però, un’altra falla nel sistema politico italiano. Era la Libia di Gheddafi e il blocco arabo finanziato da Russi e Cinesi.  Il petrolio e il suo sfruttamento  comandava tutte le politiche internazionali. I missili a Comiso furono una provocazione americana. Capirono il doppio gioco del CAF(Craxi-Andreotti- Forlani). I missili in Sicilia furono  la  causa , o per meglio dire  la goccia che fece traboccare  il vaso. I servizi segreti americani sapevano di trame tra il Governo italiano del tempo e la Libia. forse un colpo basso fatto da Andreotti e da Craxi che capirono le intenzioni americane di liberarsi dei due statisti. Avevano osato. Uno scherzo che è costato caro ai due statisti e all’Italia. Erano gli anni 80. Uccidere con la scusa del terrorismo era pericoloso. Meglio la distruzione mediatica del sistema con l’uso della Giustizia. Di Pietro scoprirà il sistema delle tangenti ai partiti e politici dopo 30 anni di varie mangiatoie e si guarda bene di non toccare i comunisti che avevano preso soldi sovietici e tramite coop tutto fare. Il nuovo patto è portare al Governo i compagni. Devono darsi una ripulita e togliersi un pò di rosso. Achille Occhetto non riesce a farlo. Si fa fregare da Berlusconi che diventerà bersaglio giudiziario per sempre. Il Cavaliere di scheletri nell’armadio ne ha. Ma a cosa è servito metterlo 30 volte alla sbarra? A nulla. Ha più soldi di prima ed è tornato pure in Parlamento.

Servizi , poteri occulti, mafia e doppio gioco

È il 7 aprile del 1990, sono le ore 16.00 e Giovanni Falcone, procuratore aggiunto di Palermo, si trova negli uffici romani della Criminalpol. Davanti a lui, a guardarlo dritto negli occhi, c’è Licio Gelli: l’ex venerabile maestro della P2. Gelli era la P2 .Era una struttura sporca che riusciva a mettere insieme in una “free zone” tutti i pezzi del mosaico. Anche alcuni boss erano di casa. Tra questi  boss, ci sarebbe stato anche il  mafioso castelvetranese Ciccio Messina Denaro che addirittura , secondo alcuni pentiti attendibili, avrebbe messo disposizione la città di Castelvetrano per incontri e gestione logistica militare per favorire la fase delle bombe. Per anni di questo ruolo dei Messina Denaro non si parla. Ci vorrà il Procuratore Paci nel 2018 che dimostrerà il ruolo pesante di Ciccio e Matteo Messina Denaro. La domanda è : chi mette in contatto i boss di Castelvetrano con pezzi della P2? E qui entra in gioco il ruolo di Stefano Delle Chiaie uomo di destra e di Paolo Bellini, condannato per la strage di Bologna. L’anello mancate nelle indagini è ancora oggi  “l’intellighenzia” castelvetranese che era in grado di favorire questi rapporti. Molti i pentiti che indicano Castelvetrano come zona di riunioni per le stragi e per altri obiettivi misteriosi. Nell’anno 1991 e probabilmente 92 ci sono stati incontri anche con il boss Siino. Riina e Graviano villeggiavano a Triscina. Tutto normale?  No. Il livello dell’intreccio tra poteri occulti a Castelvetrano necessitava di gente “sperta” . I minchioni o gli spavaldi innamorati della mafia erano come le lamette usa e getta. Sapremo mai la verità su questi -uomini in cravatta- capaci di trasformarsi dal giorno alla notte da uomini delle istituzioni a gente che tratta con i boss e amoreggia con l’eversione di destra? Forse no. Protetti da qualcuno o troppo furbi? Magari, qualcuno in età ormai avanzata potrebbe dirci cosa è realmente successo in quegli anni a Castelvetrano  e spiegare il mistero della latitanza trentennale del merdoso boss. La prova che si doveva distrarre l’opinione pubblica su Castelvetrano nel periodo precedente alle stragi è nell’operazione Palma. Arresti , perquisizioni e nessuno che va a toccare i Messina Denaro

Falcone conosceva la forza del potere occulto-anno 1990

  Falcone tocca corde scomode romane. Terminato l’interrogatorio di Falcone a Gelli, dagli uffici di quel dipartimento della pubblica sicurezza parte un “appunto riservato” destinato all’Onorevole  Ministro, che all’epoca dei fatti è il democristiano Antonio Gava. Notizie delicate? Si. Aveva osato? Si. Ma soprattutto , aveva messo le mani su cose coperte da segreto istruttorio.  Gava era preoccupato. Aveva un  solo pensiero : sapere immediatamente, cosa avesse appena riferito Gelli a Falcone. Gava si muove. Luigi Rossi,  allora prefetto ed ex capo della Criminalpol che dipendeva direttamente dall’allora capo della Polizia, Vincenzo Parisi si mette in azione.

A 30 anni dalla Strage di Capaci, “The Post Internazionale” pubblica un documento inedito che rivela come apparati dello Stato abbiano sorvegliato, almeno in un’occasione, il magistrato. L’appunto del 1990 inviato dal capo della Criminalpol al ministro Gava per informarlo dei contenuti secretati di quell’interrogatorio di Falcone a Gelli è l’ultimo tassello di una serie di evidenze e supposizioni che si sono ricorse negli anni sulla possibilità che Falcone fosse spiato.

Il documento che sconfessa molti paladini della verità truccata

IL DOCUMENTO

L’appunto, conservato presso l’Archivio centrale di Stato di Roma , pubblicato in esclusiva da TPI, proviene dalle carte del Ministero dell’Interno, declassificate dalla Direttiva Renzi del 2014. Si tratta di un solo foglio appartenente a una serie di “corrispondenze con le questure”. In alto, allegato all’appunto, appare una nota di saluti. Oltre al già citato capo della Criminalpol Luigi Rossi, che indirizza l’appunto direttamente al ministro Gava, nel documento figura un’altra persona la cui firma è illeggibile. Un appunto che, per la gravità che lo caratterizza – la rivelazione del segreto istruttorio e la questione di sicurezza in sé (Falcone aveva subìto un attentato, poi fallito, all’Addaura il 21 giugno del 1989) – non sarebbe nemmeno dovuto esistere. A chiudere la nota compare anche una raccomandazione che avvisa il ministro del carattere di segretezza delle informazioni. «Non ricordavo di un interrogatorio di Falcone a Gelli. Certamente la comunicazione del contenuto dell’interrogatorio coperto da segreto al ministro non è attività consentita a norma di legge. È lecito supporre che Falcone fosse “tallonato” in questo filone di indagini e che si temesse che potesse scoprire qualcosa che doveva restare segreto». Falcone aveva messo le mani sul fuoco. Quel fuoco che in Italia ha cercato sempre di bruciare molte verità. Sono tanti quelli chi sono rimasti bruciati da questo fuoco maledetto. Fuoco che continua a dare la possibilità a tanti imbroglioni di fare il doppio gioco, usando anche la strategia dell’antimafia e  che spesso ha favorito i doppiogiochisti farabutti

Ass Verità e Giustizia

Fonte: TPI