Castelvetrano: Guttadauro , Matteo, il gioco delle carte e gli occhi chiusi degli inquirenti

La caccia al boss Messina Denaro  durata 30 anni e i tanti buchi neri investigativi. Strano non guardare dentro i circoli dei notabili. Quante cazzate scritte e dette.  Quante informative lasciate nella polvere dei cassetti.  Inchieste ,libri con ricostruzioni lontane dalla realtà  e la famiglia mafiosa che per anni ha fatto quel che cazzo voleva

Guttadauro amava giocare a  carte e intrattenersi con i notabili della città. Lo sapevano tutti e nessuno diceva nulla. Si sedeva fuori il circolo che amava frequentare e osservava il Selinus e chi passava. Di questa vicenda ne avevamo parlato 5 anni fa. Oggi Guttadauro e in galera nonostante abbia esaurito la sentenza di condanna. Lo chiamano “ergastolo bianco”. Avrà saputo dell’arresto di Matteo?

 

Fu arrestato a Palermo, Filippo Guttadauro nel luglio del 2006. Cognato di Matteo Messina Denaro  e fratello di Giuseppe Guttadauro, capomafia di Brancaccio, il boss è  stato considerato  per anni ,il “portavoce” di Matteo Messina Denaro. Alcuni pentiti lo definiscono un abile uomo d’affari e forse,  è stato Lui ad erudire il cognato oggi nelle patrie galere.

Guttadauro , la città e le carte da gioco

Castelvetrano era la sua seconda città. Nonostante la condanna per associazione mafiosa, finita di scontare alla fine degli anni 90, Filippo  Guttadauro con estrema scaltrezza, era riuscito ad inserirsi nei salotti buoni cittadini , intrattenendo relazioni con la borghesia locale e con diversi politici. Tutti sapevano chi fosse

Si era inserito bene nei gangli del tessuto sociale ed economico di Castelvetrano. Amava giocare a carte e tanti castelvetranesi giocavano con il cognato del boss presso un noto circolo. Alcuni perdevano tanti soldi

Nel periodo del suo massimo potere a Castelvetrano, si spendono decine e decine di milioni di Euro tra lavori pubblici, legge 488 e nuove attività imprenditoriali. Guttadauro fino al 2006, era libero di fare affari e dialogare con il palazzo di città.  Tra il 2002 e il 2005, nasce il progetto dell’area commerciale e artigianale di Contrada Strasatto che nel 2007 diventerà “Belicittà”.Grigoli e Guttadauro ottengono tutte le autorizzazioni . Nessuno li ferma. 

Guttadauro, mente raffinata e astuta, frequentava tutti: politici, professionisti, imprenditori, gente di cultura e opinionisti da circolo. Le carte da poker e di scala  erano un mezzo per agganciare conoscenze e forse anche altro.

Filippo, sempre elegante, tutto griffato, con una discreta cultura, non era uno qualunque. Matteo Messina Denaro lo sapeva bene. Di lui si fidava. Guttaduro  oltre ad ingraziarsi il cognato ,riuscì pure ad essere “bene accetto” presso  i circoli dove i notabili di Castelvetrano erano abituati a giocare a carte. 

Era uno  di casa.  Spesso gradiva sedersi davanti la porta e godersi il passeggio. In quegli anni, il sistema delle Piazze , con chiusura al traffico,  ancora non esisteva.

Chi lo ricorda, ne parla come un uomo distinto che amava la buona conversazione con gli astanti e apprezzava i tavoli da gioco impegnativi. Fin qui nulla di nuovo sotto il sole. Ci sono relazioni dei Carabinieri che dettagliavano la vita di Guttadauro e finite nelle casse buie di qualche procura.

La questione si complica se si tiene in considerazione ciò che ha detto Giuseppe  Grigoli al Processo di Marsala del 2010. “Mio compare Filippo mi portava gli ordini di Matteo e io li eseguivo”. spiegò Grigoli ai giudici di Marsala. Gli ordini dati all’ex titolare del gruppo 6 GDO sono noti e si trovano agli atti del processo che portò alla condanna dell’imprenditore. Quello che rimane  nel mistero e sui  cui non esiste indagine, sono i dialoghi che Guttadauro fino al luglio 2006 mese in cui finisce in carcere per la seconda volta ,intratteneva con la cosiddetta “Castelvetrano bene”. Possibile che il portavoce di Messina Denaro disponesse obblighi e regole solo a Grigoli e a qualche imprenditore della zona? Secondo quanto asserisce Grigoli, le disposizioni di Guttadauro su suggerimento di Matteo “lu siccu” , erano legge per tutti. Come mai i Pm non hanno mai indagato sulla rete delle amicizie facoltose di Guttadauro, almeno fino al luglio 2006? qualcosa non torna

E allora ,se la matematica non è un opinione, è possibile ipotizzare che Guttadauro, attraverso relazioni fidate  con l’alta borghesia castelvetranese impartisse ordini e provvedimenti da attuare, anche in altri ambiti della vita comunale? Sarebbe  davvero opportuno capire le relazioni di  Guttadauro  con la Castelvetrano bene . E se avesse  avuto certe influenze anche su politici , burocrati e professionisti locali, quali vantaggi ne avrebbe ottenuto? Di sicuro era intercettato.

Se la versione di Grigoli è corretta sarebbe necessario capire chi erano gli amici con la giacca elegante  di Guttadauro e che cosa hanno fatto nell’interesse della famiglia mafiosa di Castelvetrano. E queste “giacche eleganti” ricevono ancora ordini?

Di certo Guttadauro non andava dietro a morti di fame e a poveracci.

Sceglieva con occhio mirato le sue conoscenze e sapeva molte cose del “palazzo” che riferiva al cognato. Contava , tra le sue amicizie, anche diversi politici locali che ovviamente avevano un certo potere. Possibile anche che sostenesse alcuni  di loro nelle  campagne elettorali di quel periodo

Dal 1998 al 2006 si è mosso liberamente

Guttadauro  avrebbe anche svolto la funzione di collegamento fra il capomafia trapanese e Bernardo Provenzano. Gli investigatori sono arrivati a identificare il numero 121 che più volte viene indicato nei “pizzini” di Provenzano, grazie a diversi elementi di riscontro che hanno permesso di risalire a Filippo Guttadauro. Nei confronti dell’uomo vi è anche una perizia grafica che conferma il fatto che una lettera trovata nel covo di Provenzano sia stata scritta di suo pugno. Guttadauro nel ’97 era già stato condannato per associazione mafiosa, scontando la pena. Delle relazioni politiche e con la borghesia locale rimangono molti punti oscuri. E’ strano, anzi molto strano che nessuno abbia mai indagato su questi strani intrecci. Giocare a carte con un mafioso, cognato di un mafioso stragista non basta a mettere sotto inchiesta. Se a farlo è un politico , amministratore pubblico  o pezzo grosso, la puzza di malaffare si potrebbe sentire . Qualche dubbio rimane , ma solo ai fessi, che  ancora credono nella vera giustizia.

Ass. Verità e Giustizia

Il Circolaccio