“Saguto”, le motivazioni della condanna in Appello

La Corte d’Appello di Caltanissetta ha depositato le motivazioni della sentenza di condanna di Silvana Saguto e del suo presunto “cerchio magico”. I dettagli.

Lo scorso 20 luglio la Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Marco Sabella, ha emesso la sentenza di secondo grado a carico dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, e del suo presunto “cerchio magico”, tra amministratori giudiziari ed esponenti delle istituzioni, nell’ambito dell’inchiesta su presunti interessi privati coltivati nella gestione delle misure di prevenzione. Sono stati inflitti a Silvana Saguto 8 anni e 10 mesi di reclusione. Poi a Gaetano Cappellano Seminara, amministratore giudiziario, 7 anni e 7 mesi. Poi a Carmelo Provenzano, docente, 6 anni e 10 mesi. Poi a Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario, 4 anni e 2 mesi. Poi a Lorenzo Caramma, marito della Saguto, 6 anni e 2 mesi. Poi all’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, 3 anni. Poi Walter Virga, amministratore giudiziario, 1 anno e 4 mesi. Poi al tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca, già in servizio alla Dia, Divisione investigativa antimafia, di Palermo, 2 anni e 8 mesi. Poi 1 anno e 10 mesi al preside della facoltà di Giurisprudenza ad Enna, Roberto Di Maria. Poi a Maria Ingrao, la moglie di Provenzano, 2 anni e 8 mesi. E 2 anni e 8 mesi anche a Calogera Manta, cognata di Carmelo Provenzano. Infine è stato condannato a 4 mesi il figlio di Silvana Saguto, Emanuele, per una tesi di laurea che sarebbe stata scritta dal professore Provenzano. Ebbene adesso la stessa Corte d’Appello ha depositato le motivazioni della sentenza. Si tratta complessivamente di 1.214 pagine. E tra l’altro i giudici scrivono: “La Saguto ha dato vita a un sistema di nomina degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati alla mafia scegliendo solo professionisti di sua fiducia, in primo luogo l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. In cambio l’ex giudice avrebbe ricevuto favori, regali e benefici economici di grande entità. La nomina di Cappellano Seminara, quale amministratore giudiziario, prescindeva da ogni valutazione circa la convenienza e l’opportunità per la realizzazione dei fini propri della procedura, e si inseriva, invece, nell’ambito del rapporto di scambio di utilità intercorso tra la Saguto ed il professionista”. E poi: “La principale fonte di reddito di Lorenzo Caramma, marito della Saguto e ingegnere, negli anni dal 2006 al 2015 sono stati proprio i compensi corrispostigli da Cappellano Seminara, sia quale libero professionista che amministratore giudiziario. L’avvocato Cappellano Seminara ha conferito a Caramma incarichi di consulenza ben retribuiti per pratiche che non erano gestite dalla moglie. Questo rapporto aveva in realtà una motivazione diversa da quella apparente. Era infatti occasione di retribuzione di Silvana Saguto quale prezzo della sua corruzione”. E poi: “Sono soprattutto le intercettazioni telefoniche a rivelare che Saguto chiedeva e otteneva dall’avvocato Cappellano Seminara fascicoli e documenti che erano in realtà provviste economiche. Le richieste si facevano più pressanti quando, a causa di un elevato stile di vita, i conti della famiglia andavano in sofferenza, facendola precipitare in una crisi finanziaria avente tratti estremi. L’ex presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo era mossa da uno spasmodico desiderio di assicurare alla propria famiglia un tenore di vita molto più elevato delle proprie possibilità”. E poi: “Il processo ha messo a fuoco un progetto dell’ex giudice che pensava di allargare i confini del suo sistema. Da Trapani a Caltanissetta avrebbe voluto creare un bel triangolone, una sorta di area franca delle misure di prevenzione nella quale inserire persone di stretta fiducia”. Lo scorso 24 febbraio, giorno dello scoppio della guerra in Ucraina, il sostituto procuratore generale, Claudia Pasciuti, è stata impegnata nella requisitoria, e, rilanciando le motivazioni della sentenza di primo grado, ha sostenuto: “Silvana Saguto poteva contare sistematicamente sulla disponibilità dell’avvocato e amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, e poi del professor Carmelo Provenzano, ex docente alla ‘Kore’ di Enna e amministratore giudiziario anche lui: soggetti comprensibilmente inclini ad assecondare le pretese della Saguto per conseguire vantaggi che non sarebbero spettati. In sintesi, lei avrebbe affidato gli incarichi delle amministrazioni giudiziarie, e loro avrebbero ricambiato con favori di vario genere. Non era un’associazione a delinquere, ma un patto corruttivo permanente”.

 

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