Mario Ciancio in requisitoria

Processo Mario Ciancio, requisitoria dei pubblici ministeri: “Fu tra i più potenti di Sicilia. Provato il rapporto di reciprocità con Cosa Nostra”.

Mario Ciancio

Il 14 settembre del 2016 la Cassazione ha annullato con rinvio ad altro giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania la sentenza di “non luogo a procedere” emessa il 21 dicembre del 2015 dal giudice per le udienze preliminari, Gaetana Bernabò Distefano, a favore dell’editore de “La Sicilia” Mario Ciancio Sanfilippo, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Contro il proscioglimento di Ciancio presentarono ricorso la Procura di Catania e i due fratelli del commissario di Polizia, Beppe Montana, ucciso dalla mafia, Dario e Gerlando. Pertanto si è svolto un secondo procedimento innanzi al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania, Loredana Pezzino, che il primo giugno del 2017 ha rinviato a giudizio Ciancio, iscritto nel registro degli indagati per concorso esterno alla mafia dal novembre del 2010, sulla base di alcuni episodi che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti, con la presunta partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risulterebbero coinvolti interessi riconducibili a Cosa Nostra. Adesso, innanzi al Tribunale, presieduto dal giudice Roberto Passalacqua, è stato impegnato nella requisitoria il pubblico ministero, Antonino Fanara, che, tra l’altro, ha affermato: “Intervengo con una certa emozione, dato che si tratta di un processo su cui ha lavorato per anni la Procura di Catania. Già il giudice per le indagini preliminari, a seguito di una richiesta di archiviazione che definirei tecnica e su cui non spenderei altre parole, aveva all’epoca imposto al pubblico ministero di esercitare l’azione penale. Le prove di allora, vi assicuro, erano molto inferiori a quelle odierne. Era già emerso un rapporto di reciprocità tra Ciancio ed esponenti di Cosa Nostra, testimoniato da numerosi collaboratori della giustizia. E’ un procedimento complesso, anche per via della complessità della vita dell’imputato, che è del 1932, oggi ha 91 anni, ma che sicuramente dal 1960 a oggi è stato una persona particolarmente rilevante, se non tra le persone più potenti non solo di Catania ma di tutta la Sicilia. E la complessità del processo si evince pure dalla vastità del materiale prodotto, dato che si sarebbe formato con circa 60 faldoni. Ciancio era amico di Cosa Nostra, non era certo vittima, e si avvantaggiava dei servizi della mafia ponendo in essere delle condotte che erano un contributo causale all’associazione mafiosa”. Dopo Fanara è intervenuta in requisitoria la collega pubblico ministero, Agata Santonocito, che si è soffermata, in particolare, sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, come Giuseppe Ferone: “Ciancio è n’amicu, si ci po’ parrari”. E poi ha citato Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Totò Riina, che avrebbe riferito un episodio in cui il boss Ercolano si sarebbe lamentato arrabbiandosi molto di un articolo pubblicato su “La Sicilia”. E poi anche Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito. E poi il collaboratore Francesco Squillaci, che ha raccontato di avere organizzato e compiuto un finto attentato a casa di Ciancio, che sarebbe stato chiesto a Cosa Nostra dallo stesso Ciancio il quale nell’estate del 1990 avrebbe avuto bisogno di lavorare sulla propria “immagine”. Squillaci avrebbe lanciato una bomba aldilà di un muretto esterno della casa di Ciancio, ma sarebbe stata una bomba con una carica molto bassa. E a Squillaci fu raccomandato che Ciancio era un riferimento importante per la famiglia di Cosa Nostra catanese perché aveva agganci nella politica e nel tribunale di Catania. E Agata Santonocito ha aggiunto: “Era un periodo in cui l’imprenditore Ciancio riceveva i reali di Spagna, i principi d’Inghilterra, ed era ricevuto in udienza privata dal Papa. Tuttavia la sua immagine sarebbe stata in qualche modo appannata perchè le denunce contro la mafia di Pippo Fava avevano messo in luce la presenza e la pericolosità di Cosa Nostra a Catania e le sue infiltrazioni nell’imprenditoria. E sarebbe stata appannata anche dalla vicenda relativa alla mancata pubblicazione su ‘La Sicilia’ di un necrologio in memoria di Beppe Montana”. Prossime udienze, ancora per la requisitoria, il 6 e il 20 marzo. Mario Ciancio è difeso dagli avvocati Giulia Bongiorno e Carmelo Peluso.

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