“Messina Denaro”, gli interrogatori di Tumbarello e Bonafede

L’inchiesta “Messina Denaro”: depositati al Tribunale del Riesame gli interrogatori resi dal medico Alfonso Tumbarello e dall’impiegato comunale Andrea Bonafede. I dettagli.

Dunque il Tribunale del Riesame ha appena respinto le istanze di scarcerazione degli avvocati difensori del medico Alfonso Tumbarello, 70 anni, e dell’impiegato comunale Andrea Bonafede, 53 anni, entrambi di Campobello di Mazara dove, almeno dal 2020 in poi, si sarebbero adoperati affinchè il latitante Matteo Messina Denaro curasse il tumore al colon da cui è afflitto. Tumbarello avrebbe prescritto farmaci e trattamenti sanitari, e Bonafede avrebbe recapitato le prescrizioni intestate al cugino Andrea Bonafede, il geometra di 59 anni “alter ego” di Matteo Messina Denaro. Ebbene, in occasione dell’udienza del Riesame sono stati depositati gli interrogatori resi dai due indagati arrestati lo scorso 7 febbraio. Alfonso Tumbarello ha risposto così: “Non posso essere certo, ma… perché non ricordo perfettamente, ma penso, penso, che almeno inizialmente sia venuto nel mio studio Andrea Bonafede, il pelato, il geometra. Penso, non lo posso dare per certo. Mi ha esibito il referto di una colonscopia. Ho appreso da lui stesso che aveva un cancro al colon. Ho consegnato a suo cugino, l’impiegato comunale che ha lo stesso nome, le prescrizioni necessarie alle cure per il tumore. E non ho più visto suo cugino, il geometra”. Il giudice per le indagini preliminari domanda: “Ma se era malato Andrea Bonafede il geometra, perchè al suo studio a ritirare le ricette veniva il cugino Andrea Bonafede, l’impiegato comunale? E Tumbarello risponde: “Mi è stata data la spiegazione che lui, il geometra Andrea Bonafede, non voleva fare sapere niente a nessuno, in special modo ai suoi familiari, della sua patologia, di questa sua patologia importante. E siccome anche gli altri familiari erano pure assistiti miei, non voleva incontrarli nello studio. D’altronde il segreto professionale è la base principale della serietà professionale”. Il giudice insiste e domanda: “Ma non chiedeva a Bonafede di venire allo studio?”. E Tumbarello risponde: “Io l’ho sollecitato diverse volte, ma le risposte erano sempre le stesse. Non vuole fare sapere niente a nessuno, specialmente ai familiari, di questa patologia”. Poi Tumbarello sottolinea: “Non ho mai avuto contatti, né diretti né indiretti, né professionali né personali, con questo soggetto che è stato identificato come Messina Denaro Matteo. Oltretutto, le ripeto, signor giudice, io per questi tre anni che c’è stato… ho condotto una vita monacale, casa e lavoro, senza alcuna frequentazione in giro per Campobello, nella maniera più assoluta”. Infine il medico ha ammesso di avere organizzato un incontro nel suo studio, ma di non avervi partecipato, tra il fratello di Messina Denaro, Salvatore, e l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, strumentalizzato dai Servizi segreti per avviare una corrispondenza epistolare con Messina Denaro finalizzata alla sua cattura. E poi, Andrea Bonafede l’impiegato comunale così ha risposto alle domande del giudice: “E’ stata soltanto una bomba che è scoppiata e siamo qua e basta, cioè, dopo il 16 gennaio tutto è stato limpido e chiaro, tutto si è messo, come si suol dire, alla luce del sole. Prima non ho mai saputo che il vero destinatario dei documenti medici fosse il capomafia”. E il giudice domanda: “Perchè non è andato dai Carabinieri dopo l’arresto di Messina Denaro?”. E Bonafede risponde: “Anche per paura sinceramente… Uno cerca di continuare a fare la sua vita in maniera coerente, mi aspettavo di essere chiamato sinceramente, anche lo stesso giorno o l’indomani, sono passati praticamente 14 giorni, 15 giorni, e non mi aspettavo di essere arrestato, completamente, per me era una cosa impensabile questa”. E poi Bonafede spiega: “Sono stato incaricato da mio cugino di prendere le ricette al suo posto perchè non voleva fare sapere di essere malato”. E il giudice domanda: “Ma il dottore non le chiedeva perchè non andasse allo studio il suo assistito, quindi suo cugino?”. E Bonafede risponde: “No, perchè era stato avvertito da lui. Non ci fu bisogno di spiegarsi con Tumbarello perché il medico lo sapeva che io andavo al posto di mio cugino, perché sennò non penso che mi avrebbe mai dato… mi sembra che una volta me l’ha chiesto, dice: ‘Come sta?’ Ci dissi: ‘Ma a me sembra che sta bene’, solo questo. Poi, dottore, voglio dire una cosa, se io avessi saputo che dietro tutta questa storia c’era quello che poi c’è stato, non credo mi sarei prestato a fare tutta questa cosa perché non vorrei e non volevo essere qui in questo momento, volevo essere a casa con la mia famiglia. Mi rendo conto della gravità, certo, sicuramente mi rendo conto, però, se posso dire una cosa, mi sta stretta questa cosa dell’associazione, io non sono un mafioso. Io non faccio parte di nessun tipo di associazione, ho sempre lavorato per mantenere la famiglia, quindi, anche i carabinieri quando hanno fatto la perquisizione, hanno confermato che sono una persona tutta casa e lavoro, quindi non ho frequentato mai pregiudicati, anche se il paese è piccolo e può capitare frequentare qualcuno che sia pregiudicato, però non frequento neanche bar per farmi solo la mia vita”. L’interrogatorio di Bonafede è stato reso prima che la Procura di Palermo depositasse il video che ritrarrebbe Messina Denaro e lui che si incrociano con le automobili, rallentano la marcia e si fermano a parlare”.

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