Agrigento, “caso Suv”, finanziamento da restituire

La Corte dei Conti ha dichiarato la responsabilità amministrativa del dirigente al Comune di Agrigento, Gaetano Di Giovanni, e della dipendente (e Responsabile unico del procedimento) Angela Orlando, nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura contabile a seguito dell’acquisto di quattro automobili Suv da destinare a servizi per l’infanzia. Di Giovanni e Orlando sono stati condannati in solido a restituire al Ministero delle Politiche sociali l’equivalente dell’acquisto, ovvero 120 mila euro. I giudici, nelle oltre 40 pagine della sentenza appena pubblicata, tra l’altro scrivono: “L’utilizzo della quasi integralità del finanziamento concesso per l’acquisto di quattro Suv ha tradito le finalità per le quali è stato concesso violando, al contempo, i principi di economicità ed efficacia. L’acquisto contestato dalla Procura ha sostanzialmente assorbito il 96% dei 135 mila euro a disposizione, denotando comunque una sostanziale abnormità e sproporzione rispetto all’unico intervento realizzato nel corso della mattina dell’ultimo giorno utile prima della scadenza del termine di finanziamento. In nessuno degli atti prodotti si chiariscono le ragioni per le quali sono stati acquistati quattro Suv in luogo di uno, due o tre. Tale percorso logico denota, infatti, esclusivamente la volontà di esaurire integralmente il finanziamento concesso al Comune di Agrigento senza tenere conto dei bisogni del territorio o delle effettive esigenze dei servizi socio-assistenziali. I due hanno operato con pervicacia al fine di esaurire le somme a disposizione ad ogni costo pur di non far sorgere una responsabilità – in questo caso di tipo politico – che sarebbe derivata in capo all’amministrazione del Comune di Agrigento in caso di restituzione parziale del finanziamento non impegnato. L’asserita assenza di pulmini in pronta consegna, anche ove pienamente provata, non giustificherebbe comunque in alcun modo l’impiego delle risorse per finalità estranee rispetto a quelle per le quali erano preordinate, specie in considerazione della possibilità di restituire la sola quota di finanziamento non impegnata. Tuttavia, tale assunto, rinvenibile nelle difese di entrambi i convenuti, li ha condotti a produrre un reale danno all’Erario che, invece, non si sarebbe configurato qualora la quota di finanziamento non impiegato fosse stata restituita all’Amministrazione centrale. La stessa linea difensiva prova che l’acquisto non sia frutto di un errore ma di una condotta sostenuta da un supporto volontaristico”.