LA SCUOLA ITALIANA È TUTTO UN QUIZ: SAPER PARLARE O SCRIVERE A CHE SERVE?

Scuola

C’è in atto un dibattito surreale contro i voti agli alunni.
È surreale perché nessuno focalizza il vero problema: il disimpegno e di conseguenza il fallimento formativo.
La crociata di fatto è contro la valutazione in sé, non contro i voti numerici.
Forse i burocrati pensano che eliminando la valutazione e facendo semplicemente tutti promossi si raggiunga il successo formativo.
Per loro basta che si raggiunga sulla carta e non realmente. Mettendo la polvere sotto il tappeto.
Così la scuola è diventata un luogo di intimidazione continua sui professori che devono dare una valutazione positiva per forza o sono linciati da presidi, famiglie, uffici vari. Ecco come si arriva all’idea di togliere perfino la valutazione dalla scuola.
La scuola sta diventando un luogo di ricreazione, di onnipotenza anarchica.
Di maleducazione. E se un professore manda un ragazzo dal preside, generalmente è il professore che viene punito o rimproverato.
Il risultato è l’ignoranza dilagante.
I professori per il quieto vivere abbassano la testa. Votano tutto ciò che si vuole dall’alto. Fanno tutti promossi. C’è una sorta di reddito di cittadinanza: è il sei politico. Basta che l’alunno venga a scuola ha sei. E se sfora il numero massimo delle assenze ha ugualmente sei. Tanto, si dice, basta che ci siano elementi di valutazione. Ma dove sono se non è mai venuto interrogato? Allora si dice: ma lei cosa ha fatto per recuperare l’alunno? Esca fuori i documenti. E così non è l’alunno che deve studiare ma è il professore che deve difendersi anche legalmente. Risultato: il professore mette sei a tutti, anche a chi non ha mai aperto il libro.
Ha paura. E i pochi con la schiena dritta che credono ancora nel ruolo dell’insegnamento sono emarginati dagli stessi colleghi che ormai sono diventati gregge che ubbidisce e ha terrore di chi non si allinea.
Tanto lo stipendio alla fine del mese c’è lo stesso.
Oggi gli alunni, tranne che al liceo scientifico, non sanno più le tabelline e la lingua italiana è una lingua straniera, alla stessa stregua dell’Inglese o del Francese.
Gli alunni si rincorrono sempre al ribasso fino al sottosuolo.
I professori preparano test a crocette per permettere a tutti di copiare.
Non esiste più un alunno che sappia parlare della poetica, dei concetti, della bellezza di una poesia, di un racconto, di un poeta. Studiare Tasso o Leopardi o Dante suscita sconcerto e ilarità.
Ecco perché la scuola italiana oggi è al declino.
Se non si rifonda dalle fondamenta mettendo al centro la conoscenza l’Italia sarà destinata alla nullità politica e culturale.
Io non so esattamente che riforma bisogna fare ma di certo non si può più rimandare. E non si può più continuare nemmeno con questo disimpegno totale.