Immigrazione e pirati, quattro arresti ad Agrigento

Il Tribunale di Agrigento ha convalidato l’arresto di quattro pescatori tunisini: è la prima volta in cui si contesta il reato di pirateria marittima lungo la rotta del Mediterraneo Centrale. I dettagli.

La Squadra Mobile di Agrigento, la Guardia Costiera e di Finanza di Lampedusa hanno concluso delle indagini, coordinate dalla Procura retta da Salvatore Vella. Sono stati arrestati il comandante di un motopesca tunisino e gli altri tre componenti dell’equipaggio, dai 43 ai 50 anni. La barca, l’“Assyl Salah”, è stata sequestrata. Gli arresti sono stati convalidati dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, che ha firmato a carico dei quattro indagati l’ordine di custodia cautelare in carcere. Si tratta della prima volta in cui, nell’ambito della famigerata, quanto mortale, rotta migratoria del Mediterraneo centrale, si contesta il reato di pirateria marittima, previsto dalla “Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare” e dall’articolo 1135 del Codice della Navigazione italiano. Il reato è punito con pene fino a 20 anni di reclusione. L’inchiesta ha svelato che diversi equipaggi di pescherecci tunisini hanno cessato di essere pescatori e si sono dedicati alla più lucrosa attività di pirati, depredando numerosi barchini in ferro che partono a raffica dalle coste di Sfax, in Tunisia, con a bordo, per la maggior parte, migranti sud-sahariani e asiatici. Sono atti di pirateria che attentano alla vita dei migranti che tentano di attraversare il Canale di Sicilia in condizioni precarie e disperate. Ed è una condotta delittuosa assimilabile, se non più grave, di quella dei trafficanti di essere umani tunisini e libici. I pirati, a bordo dei loro pescherecci, assaltano le barche dei migranti, minacciano e intimidiscono i naufraghi mostrando coltellacci. Rapinano soldi, telefonini cellulari e soprattutto i motori, rivenduti poi agli scafisti. Contro i quattro tunisini arrestati hanno testimoniato alcuni superstiti del naufragio avvenuto lo scorso 23 luglio in acque Sar maltesi. Hanno raccontato di essere partiti da Sfax in Tunisia il 22 luglio intorno alle ore 22. La loro barca si è ribaltata dopo che è stata affiancata da un peschereccio tunisino che ha tentato di rubare il motore. E ciò non sarebbe stato il primo caso: già lo scorso aprile una bambina di 4 anni cadde in mare e annegò perché durante la navigazione l’imbarcazione fu abbordata da un peschereccio tunisino che tentò di rubare il motore. E a marzo una barca con a bordo 42 persone fu soccorsa alla deriva e senza motore, e i migranti raccontarono del furto del motore da parte di pescatori tunisini. Quasi la metà dei barchini che sono soccorsi sono senza motore. Quanto accade profila quindi l’insorgenza di altri crimini lungo la rotta del Mediterraneo centrale, ovvero in primis verso l’Italia tramite la frontiera di Lampedusa, che è la più mortale al mondo secondo i dati dell’OIM, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. A fronte di ciò si corre ai ripari contro tale nuovo fenomeno criminale architettando altrettante nuove attività investigative e di monitoraggio del Canale di Sicilia. La Procura della Repubblica di Agrigento ha già avviato un tavolo tecnico di approfondimento sulla pirateria in mare nel Mediterraneo Centrale in collaborazione con i vertici della Guardia costiera, di Finanza e dell’Accademia universitaria, ovvero la società scientifica. Tutte le informazioni acquisite finora sono state, e lo saranno in futuro, condivise con gli Stati esteri interessati tramite i canali dell’InterPol, l’Organizzazione internazionale della polizia criminale. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha commentato l’operazione agrigentina così: “Questi arresti sono la conferma di quanto sia fondamentale contrastare l’immigrazione irregolare anche a tutela degli stessi migranti che finiscono nelle mani di criminali senza scrupoli che ne mettono a rischio la vita. Mi appello al dovere di tutti gli Stati di agire insieme per sconfiggere questa piaga mondiale che riguarda i Paesi di origine, transito e destinazione delle vittime, per la maggior parte donne e bambini”.

teleacras angelo ruoppolo