Assolto l’impresario di pompe funebri che si era ribellato agli insulti del giornalista Borrometi

Ragusa. Da un Giudice Monocratico del Tribunale di Ragusa è stata pronunciata sentenza di assoluzione con formula ampiamente liberatoria nei confronti di Angelo Cutello, titolare dell’omonima agenzia di pompe funebri, etichettato dal giornalista Paolo Borrometi come appartenente ad un sodalizio mafioso. L’impresario di pompe funebri, difeso dall’avvocato Franco Vinciguerra, era accusato dei reati di minacce gravi e di diffamazione contro il direttore del quotidiano online La Spia. Ma il Giudice Monocratico Cingolani ha detto che né le minacce né la diffamazione sussistevano per cui ha assolto con formula piena Angelo Cutello e ha rigettato la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dal giornalista Borrometi, che non era presente in aula alla lettura del dispositivo di sentenza.
Il Cutello perseguitato dal 2013 dal giornalista di Modica, oggi vice direttore dell’Agenzia Agi del Gruppo Eni, è stato anche arrestato dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e tentata estorsione. Il Tribunale del Riesame di Catania ha, però, cassato le fattispecie delittuose più gravi, ovvero quella contestata all’impresario di pompe funebri di essere un appartenente dell’associazione di tipo mafioso e quella contestata a titolo di estorsione. E’ rimasta in piede soltanto l’ipotesi accusatoria di tentata estorsione, reato per il quale Angelo Cutello è attualmente sotto processo. Nel 2016, Paolo Borrometi presentò alla Procura della Repubblica una denuncia nei confronti del Cutello, accusandolo di avere scritto un sms dal contenuto minaccioso e diffamatorio. L’impresario scisse quel messaggio dopo essere uscito dalla Casa Circondariale di Cavadonna di Siracusa, per decisione del Tribunale del Riesame di Catania in quanto le esigenze cautelari si erano notevolmente affievolite. L’impresario di onoranze funebri in quel sms scriveva a Borrometi di smetterla con i suoi articoli denigratori e di comportarsi da serio professionista dell’informazione limitandosi a riferire notizie vere e non ricorrendo enigratori e offensivi vocaboli del tipo mafioso, delinquente e altri epiteti lesivi alla sua dignità. Per Paolo Borrometi quella era una gravissima minaccia alla sua incolumità fisica e alla sua attività di giornalista. Lui ritiene, infatti, che il giornalista deve essere debba essere sempre molesto con i mafiosi e i politici corrotti. Partendo dal presupposto che lui poteva scrivere le offese più pesanti nei confronti di quelle persone accusate dalla magistratura di orbitare in ambienti della criminalità organizzata, Paolo Borrometi ha continuato imperterrito a scrivere pesta e corna contro l’impresario di pompe funebri e di suo figlio. Tra l’altro, nella insensata idea di avere sempre un comportamento molesto contro mafiosi e politici corrotti, Borrometi è arrivato persino a pubblicare la foto di bambino, figlio dell’impresario di pompe funebri. Il prefetto di Ragusa, molto sensibile agli articoli di Borrometi, revocò la licenza al figlio del Cutello, anche se poi ha dovuto fare buon viso a cattiva sorte atteso che la magistratura annullò quel suo provvedimento. Inoltre, nei confronti di Angelo Cutello le forze dell’ordine avanzarono una proposta di soggiorno obbligato in Lombardia, ma ancora una volta l’autorità giudiziaria non l’accolse perché nei suoi confronti non era stata emessa alcuna sentenza, passata in giudicato, per associazione a delinquere di stampo mafioso. E alle forze dell’ordine che descrivevano il Cutello come soggetto particolarmente pericoloso, la magistratura ha replicato affermando il sacrosanto principio che senza sentenze passate in giudicato nessuno può essere definito socialmente pericoloso.
Per anni Borrometi l’ha fatta da padrone nella provincia in cui è nato nel 1983, potendo contare sull’appoggio di fette della magistratura del Tribunale di Ragusa che sistematicamente hanno archiviato le querele presentate nei suoi confronti dall’impresario Cutello. Ma non solo. L’anno scorso, approfittando del clamore mediatico provocato dall’incidente mortale ai danni dei cuginetti Alessio e Simone D’Antonio, travolti dal Suv guidato da Rosario Greco, prese posizione contro la decisione dei genitori di Alessio si affidare il servizio di onoranze funebri all’agenzia Cutelli e scrisse testualmente: “La follia nella follia. Fermate questo scempio, intervenite per evitare che i funerali del piccolo Alessio D’Antonio possano essere fatti da un amico di chi lo ha ucciso… Vi prego intervenite. Vittoria non può essere la città delle contraddizioni a tal punto. Fate qualcosa. Non offendete la memoria del piccolo Alessio”. Borrometi girò il suo “nobile” pensiero a testate giornalistiche e a Rai1, ove conta appoggi importanti, tanto è vero che sul funerale del bambino affidato dai genitori all’agenzia Cutello il telegiornale della rete uno dedicò un ampio servizio. La famiglia del bambino, già scossa per la perdita del figlioletto, si vide costretta a scendere in cambio difendendo gli impresari di pompe funebri.
Arriviamo, dunque, a venerdì 6 novembre, in quanto al Tribunale di Ragusa deve essere definito il processo a carico dell’impresario di pompe funebri Angelo Cutello. La brillante arringa dell’avvocato Franco Vinciguerra, smonta pezzo dopo pezzo il quadro accusatorio pro Borrometi e apre lo spiraglio del contrappasso nel senso che la persona offesa possa diventare imputato. E, con la sentenza di assoluzione pronunciata dal Giudice Monocratico Cingolani, l’ipotesi dell’incriminazione del giornalista prende forma e diventerà realtà nella prossima settimana o al deposito della motivazione della sentenza. L’avvocato Franco Vinciguerra, su richiesta dell’impresario di pompe funebri Angelo Cutello, vuol denunciare il giornalista Paolo Borrometi per stalking, calunnia aggravata e continuata, pubblicazione di foto di un minorenne e altre ipotesi delittuose commesse a suo dire dal vice direttore dell’agenzia giornalistica Agi.