Senso di rabbia ed indignazione

E lo sappiamo bene anche noi. Lo sanno tutte le persone perbene. Su certe storie bisogna martellare, tutti i giorni. Bisogna pretendere, in tutti i modi, quella Verità e quella Giustizia negata. La storia di Attilio Manca (dai link presenti in basso potrete leggere ed ascoltare le parole utilizzate per raccontare questo spaccato italiano) rientra a pieno titolo nella storia più buia di questo Paese “orribilmente sporco”. Ritorna il poeta, massacrato come un cane. E ancora oggi siamo in attesa di conoscere quest’altra verità negata.

In questo Paese, le cosiddette “menti raffinatissime” continuano, nella totale impunità, a mischiare le carte. Ad offrire una verità di comodo, posticcia, ambigua, falsa. Creata a tavolino. Nel caso di Attilio, il medico che operò Bernardo Provenzano, ci sono tutti gli “elementi” che ci stiamo portando dietro dalla strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947): complicità con le mafie, accordi, disonestà, protezioni, trattative, pezzi delle Istituzioni deviate e corrotte, servizi segreti (non serve aggiungere deviati). Bombe, morti e stragi.

Le complicità sono ad alto livello: politica, istituzioni, forze dell’ordine, magistratura, poteri forti, mafie. Tutti complici. Tutti insieme per coprire, per depistare, per annientare i nemici.

E si diventa “nemici” anche inconsapevolmente, come è accaduto all’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Inconsapevolmente ha assistito, ha respirato, ha vissuto la storia più putrida di questo Paese corrotto. 

Non ha solo incrociato un mafioso come Bernardo Provenzano, operato alla prostata a Marsiglia. E’ entrato, inconsapevolmente, in un “giuoco” più grande di lui, creato da altri. Lo hanno prima cercato ed utilizzato. Poi massacrato. Ma non si sono accontentati. Perchè in questo Paese, su queste tematiche, funziona così. Il meccanismo è ben oliato. Ed hanno iniziato ad infangarlo attraverso altre complicità istituzionali. Ammazzato da mani esperte (il copione è stato sapientemente ripetuto) e poi infangato attraverso un altro potere legato alle istituzioni.

Questa gentaglia si sente intoccabile. Hanno commesso “gravi errori” nella esecuzione non perchè sono degli incompetenti. Il lavoro lo sanno fare e lo fanno bene. Sono addestrati sapientemente. Gli errori, le anomalie, le disattenzioni che abbiamo sempre elencato (l’utilizzo dell’eroina, il foro nel braccio sbagliato, ect.) si sono registrati perchè gli assassini di Stato erano, sono e si sentono, ancora, protetti. La questione non è legata soltanto al crimine organizzato.

I criminali più feroci e pericolosi sono quelli che siedono ed operano dall’altra parte: Manca è stato ucciso non solo perchè ha riconosciuto Provenzano. Il medico siciliano è stato ammazzato perchè testimone diretto di una Trattativa tra uno Stato criminale e la criminalità organizzata siciliana.

Oggi, ovviamente, la Trattativa è in ancora in essere, grazie ad altri protagonisti.    

Oggi Attilio Manca, nelle carte di una Procura della Repubblica (quella di Viterbo) risulta essere un tossico, un eroinomane. Cazzate. Ma queste cazzate, sino ad oggi, hanno funzionato. Molti continuano ad utilizzare questa parola (“tossico”), molti continuano a restare in silenzio intorno a questa storia.

L’ex presidente della Repubblica (il peggiore di tutti), Giorgio Napolitano, si “informò” direttamente in Procura. E’ possibile conoscerne il motivo? Si è mai informato per altri “tossici” o presunti tali? 

L’attuale presidente della Repubblica, il siciliano Sergio Mattarella, si è mai interessato a questa vicenda?

Non lo poniamo nemmeno il quesito per l’attuale Governo. In tutti questi mesi non l’hanno mai nominata la parola “mafia”. E nel Paese delle mafie questo disinteresse dovrebbe far gridare allo scandalo. Invece, tutto resta silenziato.

L’ex finalmente ministro della Giustizia Bonafede (del passato Governo) ha escluso, senza spiegare nulla, il magistrato Di Matteo dal DAP e nessuno ha più preteso nulla. Lui si è dimesso e questa brutta storia è tornata nel dimenticatoio.                  

«Come ho ripetuto in più sedi anche istituzionali e, in particolare, quando sono stato udito dalla Commissione parlamentare antimafia, a me è stata fatta una proposta che nel giro di 24 ore, quando avevo accettato, è stata revocata. Mi è stato detto dal ministro, nell’invitarmi ad accettare un altro incarico, che non ci sarebbero stati dinieghi o mancati gradimenti che potevano bloccare la nomina.

Dovrebbe essere l’ex ministro Bonafede ad avere la sensibilità istituzionale di spiegare chi avesse opposto dinieghi o dichiarato i mancati gradimenti. Non credo che lo abbia mai fatto.»

Nino Di Matteo, WordNews.it, 4 maggio 2021

Dopo le sommosse carcerarie quanti boss di mafie sono tornati a casa? Ovviamente è una domanda retorica

Ma questa cazzo di guerra (secolare) contro le schifose mafie la si vuole vincere? Esiste o non esiste una volontà politica? 

Perchè le proposte sulla giustizia di un altro magistrato, Nicola Gratteri, non vengono prese in considerazione? 

Il disegno è chiaro, da tempo. La schiforma “Cartabia” conferma definitivamente i nostri dubbi. Più che dubbi son certezze. E siccome dall’alto gli esempi e le strategie vanno in tutt’altra direzione (e fanno abbastanza schifo) bisogna fare pressioni dal basso. Martellando, senza ipocrisie, per raggiungere l’obiettivo finale. Martellando e, possibilmente, scegliendo bene i nostri rappresentanti politici.  

A Palermo due soggetti condannati per mafia (Dell’Utri e Cuffaro) sono scesi in campo per sostenere una parte politica. E’ questo il disegno per il futuro?Oggi nessuno parla più del laboratorio siciliano.  

«Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale.» E dalle parole sferzanti di Pier Paolo Pasolini passiamo a quelle di Angela Manca, una mamma dignitosa e coraggiosa:

«Ogni volta che li vedo nella loro quotidianità, con la vita serena, con i loro affetti, non posso fare a meno di provare un senso di rabbia e indignazione nei riguardi di quelle istituzioni malate che li proteggono, ma anche verso un giornalismo asservito al potere!»