Mentre le scrivo non so se è ancora vivo o quante ore le rimangano di vita, e non m’interessa neppure saperlo.
Leggo le castronerie che si scrivono sul suo conto, su come la sua morte dovrebbe cambiare qualcosa nel mondo della mafia, quasi che lei avesse ancora un peso significativo nelle dinamiche di “Cosa Nostra”.
In molti si chiedono chi le succederà ai vertici dell’organizzazione, e mi stupisce che a chiederselo siano magistrati e investigatori che pur dovrebbero conoscere il suo spessore e il ruolo che non ha più.
Lei non è Riina o Provenzano – e ben lo sa -, tant’è che il suo nome non compare più da tempo negli organismi territoriali di “Cosa Nostra”.
A dimostrazione di come da tempo non sia nessuno, il suo disinteresse per l’organizzazione criminale della quale ha fatto parte; le intercettazioni dei suoi accoliti che la accusavano di infischiarsene persino della sua famiglia pensando solo agli affari, e le parole di Totò Riina che si diceva dispiaciuto di dover parlare così di lei: “Questo che fa il latitante che fa questi pali eolici, i pali della luce, se la potrebbe mettere nel culo la luce ci farebbe più figura se la mettesse nel culo la luce e se lo illuminasse, ma per dire che questo si sente di comandare, si sente di fare luce dovunque, fa luce, fa pali per prendere soldi ma non si interessa…”.
Il vuoto che lascerà non sarà colmato da nuovi leader, poiché da tempo lei non era più un leader e non ci sarà alcun vuoto da colmare.
Per qualche tempo sarà ricordato per gli omicidi commessi, per il suo ruolo nelle stragi nelle quali persero la vita Uomini come Falcone e Borsellino.
Poi sarà il nulla.
Quel nulla che spetta a un “nuddu ammiscatu cu nenti” che ha vissuto ed è morto da sconfitto.
Ricorda quello che scrisse a Svetonio (Antonio Vaccarino) quando scoprì che collaborava con il Sisde alla sua cattura?
“Lei ha buttato la sua famiglia in un inferno…”
E la sua di famiglia, dove l’ha buttata?
Per buona parte nelle patrie galere, la rimanente nell’ignominia.
L’hanno definita “l’ultimo padrino”, ma è soltanto un esaltato preso da sé stesso, un violento, un nulla che poteva riempire un cimitero con i morti che ha fatto.
Non sarà ricordato neanche come “la bestia”, che già questo titolo lo diedero a Riina.
Non è, e non sarà neppure, un simbolo del male.
Un povero esaltato preso dal suo delirio di onnipotenza, strumento di ben altre raffinate menti che le hanno permesso questa lunga latitanza.
Dopo l’arresto ha sprecato l’ultima occasione, quella di presentare il conto a chi furbescamente ha vissuto sulla sua pelle garantendole quell’impunità che ha sprecato correndo dietro ogni sottana che le capitava a tiro, altro che “capo dei capi”…
E adesso?
Ho già sprecato troppe parole per un “nuddu ammiscatu cu nenti”, l’unica cosa che le rimane è l’amore di cui diceva Oscar Wilde: “Tutti ti amano quando sei due metri sotto terra.”
E saranno in tanti ad amarla.
Tutti coloro i quali le hanno garantito 30 anni di latitanza facendo soldi e carriere sulla pelle di un povero esaltato tutto pistola… un “nuddu ammiscatu cu nenti”.
E i pali?
L’epitaffio glielo aveva già inciso un’altra belva umana…
Gian J. Morici