Annullata l’assoluzione a Raffaele Lombardo

L’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, è di Catania. Lo stadio “Cibali” è a Catania. E per commentare quanto accaduto non vi è di meglio che il celebre “Clamoroso al Cibali” di Sandro Ciotti. Sì perché clamorosamente la seconda sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo del 2017 dalla Corte d’Appello di Catania che ha assolto, dall’imputazione di concorso esterno in associazione mafiosa, l’ex presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e lo ha condannato a due anni di reclusione, pena sospesa, per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso ma senza intimidazione e violenza. Dunque, clamorosamente si svolgerà un secondo processo d’Appello a carico di Raffaele Lombardo. E ciò che è ancora più clamoroso è che lo scorso 22 giugno, innanzi alla stessa sezione della Cassazione, il Procuratore Generale, Stefano Rocci, a conclusione della requisitoria, ha chiesto a favore di Raffaele Lombardo la conferma dell’assoluzione dall’imputazione di concorso esterno alla mafia. E l’annullamento con rinvio solo della condanna a due anni per corruzione elettorale. In primo grado, Raffaele Lombardo, giudicato in abbreviato, il 19 febbraio del 2014 è stato condannato dalla Giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania, Marina Rizza, a 6 anni e 8 mesi di reclusione. Adesso, dopo il pronunciamento della Cassazione, non vi è alcun commento ufficiale da parte della Procura Etnea e dei difensori di Lombardo. La Procura catanese si limita a poche parole: “Vediamo con favore che è stata annullata una sentenza contro la quale era stato avanzato ricorso. Ma bisogna attendere le motivazioni”. La difesa dell’ex presidente della Regione condivide, e gli avvocati Alessandro Benedetti e Filippo Dinacci affermano: “Prima di esprimere qualsiasi valutazione dobbiamo aspettare il deposito delle motivazioni per evitare di dire cose improbabili”. Nelle 325 pagine di motivazione della sentenza di condanna in primo grado, la giudice Marina Rizza, tra l’altro, ha scritto: “Raffaele Lombardo ha sollecitato, direttamente o indirettamente, i vertici di Cosa Nostra a reperire voti per lui e per il partito in cui ha militato, alle Regionali in Sicilia nel 2001 e nel 2008 e alle provinciali a Enna nel 2003. E nei vertici di Cosa nostra avrebbe ingenerato il convincimento della sua disponibilità, che poi si è concretizzata, ad assecondarli nel controllo di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici”. Tutto ciò non è stato poi condiviso dalla Corte d’Appello presieduta da Tiziana Carruba, che ha assolto Raffaele Lombardo dal 416 ter, il concorso esterno alla mafia, “perché il fatto non sussiste”, e lo ha condannato a due anni per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso. Nel prossimo futuro un’altra Corte d’Appello si pronuncerà.