Giovanni Losardo e la giustizia negata

Prima della strage di Duisburg, prima dei processi e delle operazioni dell’Autorità giudiziaria che hanno fatto conoscere la ‘Ndrangheta, prima dell’antimafia odierna, c’era comunque chi si opponeva alle logiche mafiose. In un tempo che oggi appare assai lontano ci fu Giovanni Losardo, detto “Giannino”: esponente del PCI, assessore comunale a Cetraro, in provincia di Cosenza, segretario giudiziario della procura di Paola.
Troppe cariche per passare inosservato nel territorio delle ’ndrine calabresi. A questi ruoli si aggiungeva poi un forte senso dello Stato e una incorruttibilità intollerabile per i mafiosi locali che il 2 giugno 1980, mentre Losardo rientrava alla sua abitazione dove lo attendevano la moglie e i due figli, lo freddarono nella sua auto. Fece in tempo a giungere in ospedale, dove pare abbia pronunciato le parole “tutta Cetraro sa chi mi ha sparato”.
Lo Stato, in quegli anni e in quel territorio, si era dileguato, permettendo che attentati, bombe e omicidi fossero all’ordine del giorno. E infatti Giovanni Losardo venne ucciso perché denunciava la complicità fra la mafia locale e pezzi dello Stato, dell’economia e della politica; egli avvertiva che c’era la necessità di un intervento forte delle istituzioni a tutela dell’ordine pubblico nella sua città e combatteva per il ripristino della legalità in un contesto che segnalava come allarmante presso diverse autorità, tramite sollecitazioni rimaste però prive di risposta. Secondo le parole del figlio di Losardo, Raffaele, il padre venne ucciso perché era l’unica voce ferma contro la mafia per la legalità nel suo paese. Anche a causa della latitanza delle istituzioni e della società civile, il processo contro gli imputati dell’omicidio, fra i quali anche il “Re del Pesce” Francesco Muto, boss della ’ndrangheta della cittadina nei primi anni ’80, si chiuse con un nulla di fatto nel 1986. L’assassino di “Giannino” non ha ancora un nome, a quasi quarant’anni dal fatto.
Il nome di Losardo, invece, è ancora vivo e attivo nella scena locale: non solo è ricordato durante la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”; ma in sua memoria è stato istituito il 3 agosto 2003 il Laboratorio sperimentale Giovanni Losardo, un’associazione culturale che si propone di valorizzare i giovani talenti mediante l’organizzazione di eventi culturali e di corsi di formazione nei settori della legalità, giornalismo, cinema, teatro ed arti figurative e l’attribuzione del Premio internazionale Losardo.
Ma non è sufficiente: ancora oggi il figlio Raffaele sostiene come sia “necessario mantenere vivo il ricordo e suscitare consapevolezza per andare al di là delle manifestazioni esteriori e fare in modo che le forze politiche assumano un maggiore impegno, ricordando che la questione morale continua ad essere un tema centrale nel nostro Paese”. Perché la mafia non è sconfitta e la lotta continua, anche grazie all’esempio di uomini come Giovanni Losardo che hanno sacrificato la loro vita in nome della giustizia e della legalità.

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