Estrema destra – Sequestrate armi da guerra. Quando politici italiani si recavano in Crimea

Fucili d’assalto, munizioni da guerra e persino un missile terra-aria in dotazione delle forze armate del Qatar.

Questo l’arsenale sequestrato stamani dalla Digos di Torino che ha coinvolto anche i colleghi di Varese, Pavia, Milano, Novara e Forlì,  in casa  di esponenti di estrema destra.

Nel mirino degli inquirenti, gli italiani che hanno combattuto nel Donbass, in Ucraina.

Un elenco dei mercenari italiani che avevano combattuto in Ucraina, era stato già pubblicato dal sito ucraino Censor .NET, completo di dati anagrafici, numeri di telefono e persino copia dei documenti in uso.

Secondo il sito ucraino si tratterebbe di cittadini italiani che si sarebbero arruolati nei gruppi DPR e LNR durante il periodo dell’occupazione russa di alcune province di confine ucraine.

Nel mirino delle autorità ucraine non ci sarebbero soltanto gli italiani arruolati tra le fila dei battaglioni russi, ma anche attivisti ed organizzazioni che avrebbero favorito l’arruolamento di mercenari o fornito altro genere di assistenza ai gruppi armati russi.

Tra i soggetti politici che tra 2014-2016 si sarebbero recati in Crimea e in alcune aree di Lugansk e Donetsk, spiccano i nomi di Matteo Salvini , Claudio D’Amico, Gualtiero Mazzi, Comencini Vito,  Giuseppe Raffa e altri, i quali secondo fonti vicine alle autorità ucraine, in violazione della legislazione dell’Ucraina sulla procedura per l’ingresso nel territorio temporaneamente occupato, si sarebbero avvalsi del supporto dei battaglioni di mercenari italiani.

Non poteva mancare l’onnipresente Gianluca Savoini, che con Salvini e D’Amico ha partecipato agli incontri in Russia e in Crimea.

Da sinistra: Gianluca Savoini, Claudio D'Amico e Matteo Salvini

Da sinistra: Gianluca Savoini, Claudio D’Amico e Matteo Salvini

A pubblicare nel 2014 un articolo in merito la visita del ministro Salvini in Crimea, accompagnato da D’Amico e Savoini – indicati dalla stampa russa come referenti per l’estero della Lega – il sito old.kr-eho,  che ha posto in evidenza come sul biglietto da visita di Claudio D’Amico, vicepresidente del partito, si leggesse “Falls”. “Non esiste un tale paese – riporta il sito – e ci sono diverse aree unite dal nome non ufficiale della Padania, questo è il nord dell’Italia. Una nuova Russia … Ma la Padania ha un destino diverso: questi ragazzi sono già rappresentati al Parlamento europeo. Chiedono la separazione dal sud agrario e hanno persino il loro governo ombra. Sono chiamati separatisti e, come ha dimostrato l’esperienza di Novorossia, la legge non è stata scritta dai separatisti, quindi sono liberi di prendere le loro decisioni. E così sono venuti in Crimea per negoziare la cooperazione…”

I nomi di D’Amico e Savoini, sono riportati anche dal sito myrotvorets.center, che si autodefinisce un centro per la ricerca di evidenze di crimini contro la sicurezza nazionale dell’Ucraina, la pace, l’umanità e la legge internazionale

Tra le accuse che il governo Ucraino muove agli esponenti della Lega, con in testa D’Amico e Savoini, quella di aver portato in Crimea gli imprenditori italiani per creare sul posto attività industriali, anziché esportare dall’Italia verso la Russia che in quel momento era sottoposta ad embargo. Un escamotage che –  oltre ad aggirare l’embargo – sarebbe in controtendenza con i principi del M5s, secondo il quale le delocalizzazioni vanno fermate. “Ci sono tante crisi aziendali in tutta Italia e c’è tanta sofferenza di tante persone che rischiano di perdere il posto di lavoro e hanno paura – ha detto lo scorso anno Di Maio –  Ci sono aziende che stanno delocalizzando e queste vanno fermate. Specialmente se hanno preso fondi dallo Stato.”

E quelle che lo hanno già fatto con l’avallo di partiti oggi al governo?

Gian J. Morici

lavalledeitempli.net