In….giustizia: GIP e GUP e le statstiche : quei giudici “schierati” con i PM

Quante volte il Gip dice di No al Pm?  Quasi mai .Eppure, GIP e GUP dovrebbero essere parte terza e garantire, per legge,  anche l’indagato

I casi in cui il Gup dispone il non luogo a procedere sono rarissimi. Quasi sempre preferisce avviare i processi sulle richieste di rinvio a giudizio. Oltre il 90% dei casi il Giudice per le Udienze Preliminari avvia processi. Spesso lo fa per evitare  ulteriori responsabilità visto che arrivano decine di richieste di gente da processare sui loro tavoli e migliaia di pagine da leggere con attenzione sugli indagati

Il Pubblico ministero ha sempre ragione?Nella Giustizia italiana  sembra di si. Il dato emerge con chiarezza dalle statistiche dell’ufficio Gup e Gip.

Il gioco mediatico, spesso, si costruisce sulla buona fede della gente. L’opinione pubblica non sa come funziona il sistema e non sa che i Pm sono avvocati dello Stato e non giudici. Prima di distruggere la vita alle persone, occorrerebbe maggiore cautela nelle indagini  e sulle persone coinvolte essere attenti nell’accertamento dei riscontri. Spesso si mandano in carcere individui solo sulla base d’intercettazioni trascritte da nastri audio su carta. Questo non significa che va bacchettato il lavoro delle Procure che rimangono luoghi fondamentali per l’accertamento della verità e contro l’illegalità. Occorre però maggiore attenzione e meno voglia di protagonismo. Ad esempio, molti Gup, non tengono in considerazione le decisioni del Tribunale del Riesame che interviene sulle misure cautelari valutando anche l’ipotesi di reato. Non sono obbligati a farlo ma è evidente che spesso le posizioni alleggerite dal Riesame non risparmiano l’indagato dal Processo, proprio perchè il Gup non le considera Tengono di più, secondo statistica, a guardare le carte dei PM

Le statistiche

Davanti alle richieste di rinvio a giudizio formulate dalla Procura, i casi in cui un giudice dell’udienza preliminare disponga l’archiviazione con sentenza di non luogo a procedere sono infatti rarissimi. Come del resto sono rarissime le decisioni di andare a processo lì dove il pm chieda l’archiviazione. La condanna per i Pm sta già li. Quando un indagato cambia pelle e dopo il passaggio con il Gup diventa imputato, oltre alla gogna mediatica organizzata (se serve), la persona colpita da provvedimento per diversi anni rimane bloccata dentro processo. Poco importa se poi sarà assolto. Il Pm ha ottenuto il suo scopo. A prescindere dal livello di prove e colpevolezza, avrà  comunque distrutto la vita della persona mandata a processo. Mediamente, una persona che finisce a giudizio, impiega  dai 5 anni  ai 7 anni per avere una sentenza definitiva con costi legali paurosi. Processi con molti imputati non possono essere valutati da una sola persona che, per farsi un’idea dovrebbe leggere migliaia di pagine dell’accusa e qualche centinaio della difesa. Chi crede che questo venga fatto in ragione della garanzia dell’imputato crede ai marziani

Le conseguenze di questo “appiattimento” del giudice sul pubblico ministero sono particolarmente evidenti nelle indagini sui “colletti bianchi” dove il rinvio a giudizio è ormai una certezza.

Quello che decide il pm è giusto. Sempre.

Il dato emerge con chiarezza leggendo le statistiche dell’Ufficio gip/ gup. Davanti alle richieste di rinvio a giudizio formulate dalla Procura, i casi in un il giudice dell’udienza preliminare disponga l’archiviazione sono rarissimi.

 A tal proposito,da tempo gli amministratori pubblici coinvolti in un procedimento penale , spesso, preferiscono saltare l’udienza preliminare, dall’esito scontato, per chiedere il giudizio immediato. Questa strada, che ha di fatto lo scopo di allontanare per qualche mese i riflettori dei media, è stata  scelta dal presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, dal suo vice Mario Mantovani e dal sindaco di Milano Giuseppe Sala, tutti indagati a vario titolo dalla Procura del capoluogo lombardo.

Restando a Milano, le statistiche sul punto sono impietose. In un anno le uniche archiviazioni ai sensi dell’art. 425 del codice di procedura penale, cioè quelle del giudice in udienza preliminare, sono relative al comma 1. Quindi per motivi strettamente formali come la mancanza di una condizione di procedibilità, ad esempio la querela da parte della vittima del reato. Inesistenti le archiviazioni in base al terzo comma, quando gli elementi acquisiti dal pm siano “insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Le cause per cui l’udienza preliminare da “filtro” che doveva essere nelle intenzioni del legislatore del codice del 1988 sia diventata un passaggio dall’esito più che prevedibile sono essenzialmente due. La prima riguarda la Cassazione che negli ultimi anni ha sempre accolto i ricorsi presentati dalla Procura e ha annullato sistematicamente le sentenze di non luogo a procedere emesse dai gup. I giudici, per evitare di essere continuamente “smentiti” hanno dunque iniziato di default a rinviare tutti a giudizio. La seconda è di tipo “pratico”. Per archiviare il giudice deve scrivere comunque una sentenza e motivare la decisione presa. Per rinviare a giudizio è sufficiente un rigo. Nell’attuale sistema di valutazione dei magistrati dominato dai numeri, ai fini statistici un procedimento definito con una sentenza di archiviazione equivale ad uno per il quale è stato invece disposto il rinvio a giudizio. La conseguenza è che i giudici dell’udienza preliminare preferiscono far valutare gli atti ai colleghi del dibattimento. Certamente non una bella prospettiva per l’imputato che dovrà affrontare un processo lungo e costoso prima di poter giungere ad una assoluzione che poteva, in molti casi, essere disposta giù in sede di udienza preliminare.

Per chi si sente pronto ed ha estrema fiducia nel sistema giustizia per evitare il dibattimento l’unica possibilità resta il giudizio abbreviato. Con tutte le conseguenze che questo rito comporta, in particolare sotto il profilo dell’appello in caso di condanna. Il discorso vale anche al contrario. Sempre a Milano nell’ultimo anno sono state oltre diecimila le richieste di archiviazione da parte della Procura, quasi tutte accolte senza problemi.

Rari i casi in cui il giudice per le indagini preliminari abbia ordinato di formulare l’imputazione non accogliendo la richiesta di archiviazione disposta dal pm. Talmente rari questi casi da finire sui giornali, come il procedimento a carico di Marco Cappato per istigazione al suicidio nei confronti di dj Fabo. In considerazione di ciò, sarebbe forse il caso di eliminare l’udienza davanti al gup per una migliore economia processuale. In sostanza uno stravolgimento del processo accusatorio di cui va inevitabilmente preso atto.

E’ giusto ricordare che la legge deve essere uguale per tutti e senza condizionamenti

Fonte: Il Dubbio