L’onorevole giudice dei casi difficili

Antimafia terza edizione. All’esordio c’è stata maretta: un senatore democristiano si è dimesso dalla nuova commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno mafioso per protestare contro l’inclusione in essa di due deputati palermitani i quali – a suo avviso – non avrebbero dovuto esservi inclusi per formale incompatibilità essendo stati ambedue in passato chiamati a testimoniare di fronte alla stessa: articolo 61 del Codice di procedura penale.
I due contestati sono l’on. Matta, democristiano, e l’on. Terranova, indipendente eletto nelle li­ ste del PCI: un accostamento del quale, ad essere ottimisti, non altro si può dire che si tratta di uno scherzo del formali­smo giuridico.
Di fronte alla commissione riunita per esaminare il caso, la scorsa settimana, l’on. Terranova è intervenuto per fatto per­sonale, ed ha dichiarato tra l’altro: «Il senatore Torelli ha at­tribuito all’on. Matta ed a me il medesimo ruolo di testimonio senza informarsi e documentarsi sulla sostanziale diversità delle rispettive posizioni. Se ciò avesse curato non gli sarebbe sfuggito certamente che l’on. Matta è stato sentito dalla commissione su fatti inerenti alla sua attività di amministratore del Comune di Palermo, mentre io sono stato piu volte, e sin dal 1964, sentito dalla Commissione in seduta plenaria, dal Con­siglio di Presidenza, da comitati o sottocommissioni, da singo­li commissari informa ufficiale o non, non per dare conto del­la mia opera ma per fornire il contributo, anche se modesto, dell’esperienza acquisita in anni di lotta condotta contro il fe­nomeno mafioso nelle sue manifestazioni essenzialmente cri­minose. Ritengo cioè di non avere assunto la veste di testimo­nio in senso tecnico e tanto meno di inquisito, ma di avere svolto per la commissione ed a richiesta di essa una attività di collaborazione e di cooperazione che spero sia stata apprezza­ta e soprattutto sia riuscita in qualche misura utile».
E ‘abissale la differenza dalla posizione dell’on. Matta del quale la Commissione Antimafia si è occupata in passate e sa­rà costretta ad occuparsi ancora in relazione alle cariche da lui ricoperte nella amministrazione comunale di Palermo. Insom­ma, mentre Terranova inquisitore era e inquisitore resta, Matta era inquisito e resta inquisito ma contemporaneamente è diventato inquisitore per designazione del suo partito, la D.C.: una situazione assurda, insostenibile.
Sulle dichiarazioni dell’on. Terranova non c’è stato da di­scutere, argomento chiuso. (Il caso Matta invece, come tutti sanno, è rimasto aperto: decideranno i presidenti della Came­ra e del Senato).
Ha destato tuttavia interesse, dopo questa sua prima sortita nelle cronache parlamentari, e anche una certa curiosità la fi­gura di questo giudice con la fama di più duro dei duri mafiosi e di abile risolutore di casi intrigati, passato repentinamente dall’ambito del potere giudiziario a quello del potere legislati­vo. Val la pena sentire le sue impressioni a sette mesi dal suo ingresso alla Camera dei deputati (eletto il 7 maggio nelle due circoscrizioni  siciliane optò per  quella orientale).
« Il mio primo contatto con il Parlamento fu per me molto deludente. Per circa un mese mi trovai a non aver nulla da fa­re. Avevo la sgradevole sensazione della inutilità. Avvertivo per di piu dietro la formale cortesia del linguaggio parlamen­tare rapporti difreddezza e di distanza, come se ognuno tiras­se avanti per  proprio  conto in un ambiente estraneo» .
Era una sensazione personale o generale? Voglio dire: av­vertiva lei una particolare ostilità nei suoi confronti proprio per la scelta di campo a sinistra fatta da lei uomo di legge, ma­gistrato?
« Non direi proprio, anche se avvertivo aperta simpatia nei miei confronti soltanto negli ambienti della sinistra e anche se sapevo che non soltanto in Sicilia durante la campagna eletto­rale mi erano stati rivolti attacchi bassi e velenosi da parte  di alcuni oratori democristiani, sia di piccolo che di alto rango».
E il caso di ricordare a questo punto che la notizia della can­didatura del giudice Terranova nelle liste del PCI in Sicilia non fu soltanto un colpo elettorale ma qualcosa di pili: fu il sinto­mo di una profonda  debolezza della Democrazia Cristiana nei rapporti con una componente  della società italiana non fasci­sta né  comunista  in  rivolta  contro  la  conduzione  clientelare mafiosesca  del potere.  Terranova,  pur  entro i limiti delle sue facoltà e competenze, aveva messo in difficoltà parecchi am­ ministratori comunali democristiani di Palermo sia con alcune inequivocabili affermazioni contenute in  sentenze  istruttorie sia con le sue deposizioni davanti all’Antimafia in qualità di te­ stimonio e di esperto, e per questo era considerato come il fu­mo negli occhi  dagli apparati di potere  democristiani.
Ostilità e reazioni dispettose raccolse la candidatura Terra­nova anche in una parte dell’ambiente palermitano prevalen­temente conservatore da lui frequentato.
« È vero -dice Terranova -ma ora, passato il fuoco della campagna elettorale certe freddezze e incomprensioni sono scomparse, molti rapporti si sono ripristinati e si sono avuti utili  chiarimenti».
Ma torniamo all’iniziazione parlamentare.
«Quel senso di inutilità – riprende il mio interlocutore – ebbe fine ben presto. In rappresentanza del gruppo misto del quale faccio parte … ».
Chi altri c’è nel gruppo misto?
« Siamo in otto. Il presidente è Anderlini, un parlamentare esperto e preparato, socialista indipendente. Poi c’è il rappre­sentante del Partito sardo d’azione, tre rappresentati del Volk­spartei e il neo eletto rappresentante della Valle d’Aosta, piu il professor Masullo, un filosofo, ed io. Siamo bene affiatati. Il gruppo funziona bene. Ora ho l’impressione di fare  qualcosa di utile» .
Utile piu o meno che nella veste di magistrato? La sua can­ didatura è stata discussa non soltanto dagli avversari  politici del PCI anche sotto il profilo dell’utilità sociale. C’è chi si chie­deva se fosse conveniente perdere un buon giudice per guada­gnare  un  deputato  fra tanti.
« Se piu o meno non saprei dire. Comunque tutto è molto diverso. Nella mia precedente funzione il lavoro che ognuno deve svolgere è maggiore quantitativamente ma soprattutto è piu responsabilizzato in senso personale. Nella mia qualità di giudice istruttore, per esempio, dovevo prendere  molto spesso e sempre da solo decisioni gravissime, riguardanti le procedu­re e anche la libertà personale dei cittadini sottoposti al proce­dimento penale.  Oppure  dovevo risolvere casi sui quali l’opi­nione pubblica era sensibilizzata a volte morbosamente. Ri­cordo per esempio il caso  del prof. Rognoni, sospettato di avere ucciso lui la moglie e che invece risultò innocente. O il delitto Ciuni, fra i cui mandanti fu identificato un mafioso in­filtratosi  negli organici di un centro economico regionale. non ricordare l’angoscioso caso delle bimbe assassinate a Mar­ sala.
Ora debbo dire che, facendo  parte di un organo collegiale il senso della responsabilità personale è  meno  incombente. Ora non. ho più da decidere io solo. La mia responsabilità per­sonale si ferma ai pareri che mi si chiedono, alle proposte che formulo, all’apporto di studio che debbo dare. C’è però da ag­giungere che ora non si tratta piu di casi particlari, ma di questioni di portata generale, attinenti alla vita dell’intera na­ zione. Sotto questo profilo sento che la responsabilità di far parte  di un corpo legislativo è enorme».
In che cosa consiste concretamente il suo lavoro parlamen­tare?
«In rappresentanza del gruppo misto io faccio parte della commissione permanente per gli affari della giustizia e della commissione straordinaria per l’inchiesta sulla mafia. In seno alla Commissione giustizia faccio poi parte del comitato pareri di cui sono v1cepresidente. L’attività di commissione mi impe­gna molto. Specialmente la commissione giustizia cui è de­mandata una grande mole di lavoro. Il comitato pareri, per esempio, deve esaminare sotto il profilo della giustizia tutti i provvedimenti assegnati alle altre commissioni. C’è sempre un addentellato: per  quanto  riguarda le sanzioni col diritto pe­nale, o col diritto d1 famiglia, o comunque col codice civile, ecc.
« Le riunioni della commissione impegnano due giorni alla settimana. Ma c’è tutto il lavoro di studio e di preparazione che va molto al di là. È un lavoro serio e interessante. Debbo dire che alla commissione giustizia, a parte le divergenze po­litiche, c’è un concorso di apporti tecnico-giuridici di alta qua­litàa. Le discussioni sono molto approfondite e serie ».
Ci sono argomenti grossi sul tappeto in questo momento?
«Si, c’è la legge delega per il codice di procedura penale. È un argomento molto grosso. La discussione è già avanti. Ab­biamo avuto una relazione generale,  di impostazione teorica del professore Dell’Andro. In base alla legge delega il governo dovrà entro due.anni. emanare il testo del nuovo codice, rispet­tando tutti i principi indicati dal Parlamento e contenuti ap­punto nella legge delega ora all’esame della commissione giu­stizia» .
In questo ruolo trova utile la sua precedente esperienza di operatore del diritto, la sua pratica cioè di far vivere la norma scritta nel caso concreto?
« Si certo. Proprio in vista della discussione sul nuovo codicdi procedura penale sto elaborando tutta una serie di osserva­zioni in buona parte dettate anche dalla mia esperienza giudi­ziaria durata oltre un quarto di secolo» .
Una lunga carriera. L’on. Terranova entrò nella magistratu­ra appena rientrato dalla guerra e dalla prigionia, nel 1946. Fu dapprima pretore a Messina, poi a Rometta dove rimase fi­no al 1953 e dove gli fu conferita la cittadinanza onoraria. Passò poi al Tribunale di Patti e nel 1958 al Tribunale di Pa­ lermo, dove fu assegnato all’ufficio della istruzione penale at­traverso il quale passarono i famosi processi di mafia degli an­ni ’60, dai terribili di Tommaso Natale a Luciano Liggio, dai Rimi a La Barbera. Nel 1971 passò alla Procura della Repubblica di Marsala dove gli fu conferita la cittadinanza onora­ria e dove ha chiesto di essere collocato in aspettativa prima di presentare la sua candidatura per le elezioni del 7 maggio di quest’anno.
Ci sono altri argomenti interessanti oltre alla legge delega di cui si sta occupando? Della gravissima questione del fermo di polizia, per esempio?
« La proposta di ripristinare il fermo di polizia è stata pre­sentata dal governo al Senato, non alla Camera e non se ne co­nosce ancora il preciso testo. Ho già dichiarato a « L’Ora» la mia opinione politica in proposito. In termini tecnici voglio ora confermare la radicale incostituzionalità  della proposta per quanto si riferisce all’articolo 13 della Costituzione il qua­le prescrive l’indicazione di casi tassativi e precisi mentre la proposta governativa allarga oltre ogni limite la discrezionali­tà del fermo addirittura arrivando ad ammetterlo in base alla presunta  intenzione di commettere  reato.
In quanto agli altri argomenti all’esame della commissione ricorderò le proposte di modifica della immunità parlamenta­re. È un argomento molto delicato sul quale sono state presen­tate cinque diverse proposte di legge che sono state affidate a me per la relazione al comitato pareri poiché la materia è di competenza della commissione affari costituzionali. Attraver­so lo studio di questa questione sono arrivato a formulare dalle proposte nuove che ritengo possano meglio risolvere i pro­blemi aperti e cosi ho aggiunto alle cinque precedenti una mia sesta autonoma proposta di legge per la modifica dell’immuni­tà parlamentare.
«Un altro argomento delicato e complicato è la riforma del­ la previdenza degli avvocati. Io faccia parte di un ristretto comitato di studio cui la materia  è stata affidata».
Vi sono altre sue proposte di legge?
«Si. Ho presentato  una proposta  riguardante gli orfani di guerra tendente ad eliminare una anonmalia dell’attuale ordinamento secondo il quale due fratelli che hanno perduto il padre in guerra quello che era maggiorenne al momento della morte non viene considerato orfano di guerra mentre il fratel­ lo che era minorenne lo è.
Un’altra mia pro posta riguarda l’istituzione di un «com­ missario alle forze armate», emanazione del Parlamento, col compito di vigilare sul rispetto della Costituzione in seno alle forze armate. È un istituto già sprimetato i alti paesi come la Germania occidentale e alcunz stati scandinavi ».
Oltre al lavoro nelle commissioni ci sono altri aspetti dell’at-
tività  parlamentare? 
«C’è il dibattito in aula. È l’attività che più facilmente arriva a conoscenza della opinione pubblica. M l’aula  è riservata generalmente ai parlamentari di piu spiccata caratterizzaione politica. Può però capitare anche ad _un novellino come i0 so­no di intervenire in aula. Nella prossima discussione sul bilancio dello Stato, per esempio, io dovrò intervenire quale relato­re di minoranza per la parte riguardante la amministrazione della giustizia. La mia è una relazione di minoranza, diversa dalle relazioni di minoranza dei partiti di opposizione».
E alla Commissione Antimafia come vanno le cose?
«Ho avuto all’inizio un’impressione deludente che si pro­lunga. Mi aspettavo un ritmo piuttosto serrato, sollecito. Penso che questa commissione funziona da ben 9 anni ma non può dirsi che abbia se non in piccola parte corrisposto all’attesa dei cittadini. Mi pare che si proceda con eccessiva lentezza, in modo dispersivo. Ci sono ancora da decidere varie questioni procedurali, per esempio il segreto istruttorio o la pubblicità dei lavori, le comptetenze del consiglio residenza, ecc.».
E il bridge? L’on. Terranova fondatore e presidente del’as­sociazione bridgistica prima di Messina e ora di Palermo, un campione di questo gioco, di fama nazionle.
«L’intervista è già abbastanza lunga –  risponde lui – di brid­ge ne parleremo un’altra volta».

 

fonte mafie blog autore repubblica