La cupola nera che si riunisce


La Cupola nera che si riunisce

di Sergio Nazzaro

cupola nera

Estratti dal libro di Sergio Nazzaro “Mafia Nigeriana, la prima indagine della squadra antitratta, editore Città Nuova”

Il commissario Lotito guarda la gente in piedi, schiacciata. Tutti addosso a tutti. La grande nazione avanzata che siamo. Treno in ritardo, sovraffollato. Lo stesso, ogni giorno. Non cambia mai. Eppure, a leggere il giornale sembra che i problemi siano sempre altri. Un’apocalisse annunciata dietro ogni pagina. L’aria pesante del vagone, il sudore e il senso di superiorità di un Paese che non riesce a far sedere nessuno. Questa è la verità. Ma loro chi sono? Quanto potenti sono? Non sparano. Lo fanno dopo. Prima ti tolgono i documenti e ti sbattono in carcere. Tutto comincia a tornare, un film già visto. Le mafie al potere, semplicemente. In Nigeria arrivano, come in Italia, a controllare i gangli vitali delle istituzioni.

Si ricorda di un altro passaggio che ha letto. La sua squadra sta analizzando migliaia di ore di intercettazioni. Un lavoro che avrebbe angosciato anche il più volenteroso degli agenti. Un fiume di parole da controllare e ricontrollare, per sostenere l’esame in un processo. Dialetti stranieri, italiano parlato male, interferenze telefoniche, cambi continui di numero. È tutto un casino. Ci vuole pazienza. Non titoloni sparati solo per vendere qualche copia in più. Ci vuole pazienza per arrivare a prenderli, appena mettono piede in Italia. Loro. Il Commissario Lotito sfoglia velocemente le carte, evitando di dare una gomitata nello stomaco a uno studente sdraiato addosso a un fortunato che ha trovato un posto a sedere. Innocent, il condannato a morte, ha dato le indicazioni giuste, bisogna seguire le sue tracce.
Innocent: «Lo sai che per colpa di quegli uomini da Londra e da altri Paesi hanno detto di no. Lo stai capendo?».

Precious: «Sì, lo capisco».
Innocent: «Okay, ma domani Londra verrà, il Don in Nigeria verrà, Olanda verrà, Belgio verrà, anche il Double di Belgio. Vogliono identificare tutti quanti. Quindi tutti quanti, anche quelli di Roma. Verranno presto tutti quanti, soltanto per essere riconosciuti, che vuol dire che sarai ben conosciuto al mondo intero. Mi capisci? Se loro ti riconoscono qui, ti riconosce il mondo intero».
Qualcosa sta accadendo. Loro stanno per radunarsi tutti insieme, stanno arrivando. Ma dove, quando e come rimane un mistero, è tutto avvolto nella nebbia. Questa volta non ci stanno solo i ragazzi, i piccoli spacciatori di strada, quelli che clonano le carte di credito. No, questa volta ci stanno i capi, italiani e internazionali, che stanno per arrivare in Italia. Lotito vuole guardarli in faccia, stanarli, capire fin dove arriva il loro potere. E quanto di quel potere lambisce i poteri di casa nostra. Un terreno che non è mai stato esplorato prima. Si alza in piedi, per modo di dire. Piegato tra i tanti che devono scendere alla sua fermata. Questo il volto sconosciuto della lotta al crimine organizzato. Provare a scendere alla propria fermata. Venti minuti di ritardo, puntuali.

Il commissario cammina verso casa. Chiama CP al telefono.
Stanno per arrivare, si riuniscono qui in Italia per sistemare tutte le questioni in sospeso.
CP non capisce.

Scusa capo, chi si sta radunando? I tuoi parenti? C’è qualche festa?
Non fare lo spiritoso, i Maphite stanno organizzando un raduno nazionale, la loro cupola si vedrà qui a breve.
Silenzio dall’altra parte del telefono.
— Come troviamo il luogo?

Li dobbiamo seguire. Dobbiamo seguire i pesci piccoli. Che ci porteranno dai loro Don locali. E una volta arrivati lì, non li molliamo più. Basta mettere ordine tra le intercettazioni.   È chiaro che sta succedendo qualcosa. Qualcosa di grosso. C’è poco da fare, il desiderio di potere fa commettere errori, sempre.

Che devo fare?
Concentriamoci sulle telefonate di Innocent. Non lo sa ancora che è un bersaglio, ma la sua voglia di scalare la gerarchia ci può dare indicazioni precise su quando potrebbe avvenire l’incontro dei capi.
Ricevuto, ci vediamo domani in ufficio. Anche se a piccoli passi, Lotito sente che si stanno avvicinando a loro. Il centro del male. Sì, questo sarebbe stato proprio un bel titolo per un giornale: il centro del male. Suona bene. Ma la realtà è meno poetica e più semplice: una banda di cri- minali, molto ben organizzata, padroni a casa loro e ospiti in Italia, che si muove rapidamente, approfittandosi della confusione di uno Stato con troppi problemi e in cerca di soluzioni facili, perché non c’è tempo di andare a fondo, di capire cosa sta succedendo.
Mentre sale le scale, squilla il telefono. Nello stesso mo- mento la porta di casa si apre. C’è una vita privata che aspetta sempre che tu finisca le tue telefonate. Lo sguardo della mo- glie del commissario è sconsolato.
Sono il capitano dei Carabinieri.
Mi dia solo un attimo.
Un bacio al volo, lo sguardo di una vana promessa: è l’ultima telefonata della giornata.
Li abbiamo fermati all’uscita del casello dell’autostrada. Due macchine, quattro per ogni macchina. Uno non aveva la patente, ma abbiamo lasciato correre, gli abbiamo detto che se l’aveva a casa poteva portarcela il giorno dopo. Non hanno mostrato segni di nervosismo. Aveva ragione lei. Non aveva- no nulla addosso. Si stavano radunando. Abbiamo fermato anche i suoi uomini. Così da non destare sospetti. Controllo generale di tutti i veicoli in uscita dall’autostrada. Abbiamo tutti i nomi, le residenze, e abbiamo piazzato il segnalatore, come ci avete chiesto.
Grazie per tutto l’aiuto capitano.

Se me lo avessero detto, che avrei lavorato per i vigili urbani, non c’avrei creduto.

Succede anche ai migliori, mi creda.
Le sensazioni del commissario Lotito sono giuste. Qualcosa si sta muovendo. È in corso un incontro a livello di forum locale. Ogni gruppo si sta incontrando per portare le proprie istanze ai Don mondiali che stanno per arrivare.
Si siede a tavola, il piatto pronto, squilla il telefono:
– Ti giuro, è l’ultima telefonata. Allora, si sono sposati?
Sì capo, abbiamo un bel servizio fotografico.
Alcuni sospettati stavano partecipando a un matrimonio. Sherlock si è offerto volontario per diventare il fotografo ufficiale del comune, solo per quel giorno.
Si sono insospettiti all’inizio. Poi li ho convinti. Le foto era- no da parte del comune, gli ho detto, prezzi concorrenziali, anche perché sarebbero servite per far vedere la multietnicità del territorio. Con l’aria che tira, il comune si sta offrendo di immortalare il giorno più bello della vostra vita. Con un minimo di contributo, che poi serve anche per fare una raccolta fondi alla fine dell’anno.
E si sono bevuti questa cazzata?
Ho il mio modo di fare capo, so essere convincente.
Li hai fotografati tutti?
Dal primo all’ultimo, ora comincio gli incroci.
Il commissario guarda l’orologio, le dieci di sera. Il piatto freddo, la moglie seduta sul divano a guardare la televisione. Non si è accorto di nulla, lui. Lei invece sì.

(Estratto da Mafia Nigeriana. La prima indagine della squadra antitratta di Sergio Nazzaro, edizioni Città Nuova, Roma, 2019 – pp. 39-43)

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