Mafia, “boss mi ha minacciato di morte” testimonia in aula il giornalista Borrometi

“Dopo la pubblicazione di un mio articolo sulle attività criminali ad Avola, ho ricevuto delle minacce di morte da Paolo Zuppardo”. E’ quanto ha detto ai giudici della Corte di Assise di Siracusa,  Paolo Borrometi, il giornalista e vicedirettore dell’Agi che vive sotto scorta, nel corso della sua testimonianza al processo Eclipse per mafia, droga, estorsioni ed armi. Alla sbarra ci sono sette persone, tra cui lo stesso Zuppardo, 43 anni, avolese, indicato dai magistrati della Procura distrettuale antimafia uno dei capi del gruppo criminale vicino al clan mafioso Crapula di Avola, Monica Campisi, Giuseppe Capozio Junior, Concetta Cavarra, Vincenzo Di Stefano,  Paolo Liotta e Davide Nobile,  difesi dagli avvocati Natale Vaccarisi, Antonino Campisi e Maria Caltabiano.

Borrometi si è costituito parte civile contro Zuppardo, che ha seguito l’udienza in videoconferenza dal carcere in cui si trova detenuto: risponde di tentata violenza privata, minacce di morte aggravata dal metodo e dall’appartenenza mafiosa. Il collegio, presieduto da Giuseppina Storaci, ha ascoltato come teste il giornalista, autore nel luglio del 2017 di un’inchiesta sulla presunta banda criminale pubblicata sul sito laspia, diretto dallo stesso Borrometi, che ha scatenato la reazione di Zuppardo, sfociata nelle minacce sui social. “Ad Avola non esiste né mafia, né delinquenza, è tutta una tua illusione… io non minaccio – si legge nel provvedimento del tribunale –  ma visto che sei così ti faccio finire male” si legge nel commento all’articolo apparso sul laspia”. Ed ancora: “… ma visto che tu sai che cammino armato sei così sicuro usciamo insieme sbirro di merda”.

L’inchiesta Eclipse ha avuto inizio nel febbraio del 2017 dopo l’esplosione di alcuni colpi di pistola contro un cantiere edile di Avola per la costruzione di una clinica privata. Un episodio che ha permesso agli inquirenti di risalire ai 4 autori dell’avvertimento, tratti in arresto per estorsione, detenzione illegale di armi e danneggiamento aggravati dal metodo mafioso.

E’ stata già pronunciata, nel dicembre scorso, una sentenza di primo grado, infatti il giudice per le udienze preliminari del tribunale di Catania, al termine del processo celebrato con il rito abbreviato, ha emesso una condanna pari a 3 anni ed 8 mesi per Giuseppe Capozio,  tre anni e 4 mesi per Paolo Zuppardo,  Luciano Capozio e Corrado Lazzaro, assolvendo quest’ultimo dall’accusa di attentato incendiario contro il cantiere edile.

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