L’INTOCCABILE

Gagliardetti, bandierine. Il Nostro Borrometi tradurrebbe il tutto in “medaglie”.

Sono i segni distintivi degli “Intoccabili”. Intoccabili come lui.

Borrometi considera una “medaglia”, per sua stessa ammissione, anche la mia denuncia nei suoi confronti. Sì, perché lo status di Paladino della giustizia lo rende un uomo antropologicamente superiore. E, appunto, INTOCCABILE.

Borrometi può permettersi, pertanto, di definire una denuncia – cioè un atto giuridico formale – una “medaglia”.

Perché lui è diverso da me.

Da me e da voi.

E allora, se il sottoscritto lo denuncia, lui si limita a ironizzare su Facebook. Tanto da titolare con un emblematico “Il mondo al contrario” il suo post sul tema. Come a dire: «Ma vi rendete conto che Pippo Gennuso si è permesso di querelare me? Dico, Me?!».

E certo, è “Il mondo al contrario”: perché nessuno può osare querelarlo, Paolo Borrometi. Nemmeno se viola l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, pubblicando una foto segnaletica sul web senza alcun riguardo.

Perché lui non è come noi. Lui crede di potersi concedere ciò che a me e a voi non sarebbe mai consentito. È il mondo secondo Paolo Borrometi. Che io, pertanto, non avrei mai dovuto querelare nemmeno per aver scritto che Gennuso ha “comprato i voti dalla mafia”, quando quell’ipotesi di reato era stata già archiviata dalla Procura di Catania. Perché un vero giustizialista-eroe, che si badi bene non è affatto l’individuo che considera la giustizia un valore fondamentale della sua vita, si erge a giudice degli uomini infischiandosene delle sentenze.

Nel suo cuore vige la legge dell’Ego, non quella degli uomini. Lui vive, irraggiungibile, in una torre d’avorio.

Ben oltre me. Ben oltre voi. Ben oltre la legge. Ben oltre le Procure.

Intoccabile.

Ma fosse stato isolato nella sua torre inarrivabile, Borrometi, in fondo ce ne saremmo fatti una ragione. Ma purtroppo non è cosi. Non è così perché attorno a quella torre c’è un recinto umano affetto dal moralismo tipico dei benpensanti: un’impalcatura che protegge i suoi “Santi” in modo dogmatico. Una protezione che prescinde da tutto: dalle regole, dal diritto, dai dubbi, dalle leggi. La santificazione arriva una volta nella vita in modo irreversibile.

Un santo dell’“antimafia” è santo per sempre.

Così accade che la richiesta, avanzata alla Commissione Antimafia, di un serio approfondimento sui fatti che hanno portato all’assegnazione della scorta a Borrometi, firmata in origine da ben 8 deputati all’Ars, sia stata trasformata, col disprezzo tipico dei “puristi” che si credono superuomini, in un’azione immorale.

Lo chiedo a voi: la richiesta di un approfondimento su specifici fatti vi pare una forma di giudizio, o peggio un’accusa?

Gli indignati, che in questi giorni scalpitano per dire qualcosa di politicamente corretto, dovrebbero, prima di tutto, rispondere con onestà intellettuale a questa domanda.

E invece no: è un azzardo intollerabile, per queste persone moralmente superiori a prescindere, chiedere maggiore chiarezza sui “fatti” che hanno permesso a Borrometi di ottenere la protezione dello Stato. Perché lui non è un individuo, è un “simbolo”. E un “simbolo” è intoccabile. E lo sarà per sempre.

In tanti sono scesi in campo. Qualcuno è arrivato pure a definire “la vergogna della Sicilia” i firmatari della richiesta. Anche un sindacato ha esternato tutta la sua indignazione per quella richiesta di chiarimento. Un sindacato.

Ma tutto questo è solo un processo automatico, un riflesso incondizionato: se solo sfiori un intoccabile, c’è un sistema che ti si rivolta contro e sputa sentenze.

E ti lapida.

Il tuo diritto alla chiarezza viene violato, perché al di sopra di ognuno di noi, persone normali, persone LIBERE, c’è un mondo superiore che gode di diritti che non possono essere messi in discussione. Se lo fai, è la fine del mondo. Anzi: è “Il mondo al contrario”.

E vai con la macchina del fango.

Sbaglia, però, chi pensa che qualche schizzo possa fermare gli uomini liberi che hanno a cuore la giustizia, quella vera, e l’amore per la VERITÁ.

Io non mi fermo.

On.Gennuso