La lettera del suicidio di Peppino

Per il piccolo treno, formato dal solo locomotore, che collega Palermo ad Alcamo, partito da Palermo alle ore 0,26 (con 21 minuti di ritardo), quella del giorno 9 maggio 1978 non è una corsa come tutte le altre.
Il macchinista Sdegno Gaetano e il suo aiuto Finazzo Salvatore,  giunti  in  prossimità  del  Km.30,  tra  le  stazioni  di  Carini  e di  Cinisi,  avvertono  un  forte  sobbalzo.  così  lo  ricorda Sdegno: «Quando  avvertii  il  sobbalzo  del locomotore  pensai:  ’si  è divelta  la rotaia  e  siamo  a  terra!’  e  invece  il  locomotore  continuò regolarmente la marcia ». Passato indenne quel tratto di binario rettilineo, il treno 59413 arresta la corsa all’incirca 550 metri dopo, al passaggio a livello posto al Km. 30+745. Qui il personale viaggiante informa dell’accaduto il guardiano di turno, cui  preannunzia  un’ulteriore  fermata,  per  un controllo alla macchina, nella stazione di Cinisi–Terrasini, raggiunta all’1,40 circa.
In  precedenza  il  treno 735  partito  da  Palermo  per  Trapani  e´ arrivato alla stazione di Cinisi–Terrasini alle ore 0,16, con sette minuti di ritardo, senza che siano state rilevate anomalie .
Questo particolare, essenziale per collocare esattamente nel tempo il momento dell’esplosione, si desume dall’indagine effettuata dalla Polfer di Palermo, e, in particolare dal tempestivo interrogatorio dei macchinisti dei due convogli. I tre verbali redatti dalla polizia ferro- viaria il 10 e l’11 maggio non risultano inoltrati direttamente al PM, ma pervengono in procura accompagnati da una nota, a firma del maggiore Subranni, datata 12 maggio 1978.
Le dichiarazioni dei macchinisti erano state trasmesse al reparto operativo dei carabinieri, con una laconica nota (dell’11 maggio) firmata dal dr. P. Ferro, all’epoca dirigente del commissariato di pubblica sicurezza presso la direzione compartimentale delle ferrovie di Palermo. Nota che ha ad oggetto « Impastato Giuseppe – decesso a seguito deflagrazione ordigno esplosivo al km. 30?180 della linea Palermo–Trapani ».
In  essa  non  c’è alcun  riferimento  ad  un  attentato  terroristico.
Va detto che la polizia ferroviaria – per i suoi specifici compiti d’istituto – effettua un accesso sul luogo dell’esplosione (peraltro in una  fotografia  pubblicata  sul  Giornale  di  Sicilia  martedì   10 maggio1978 si nota la presenza sui binari di personale della Polfer): ciò  logicamente comporta l’esistenza di atti rituali (verbali di ispezione del luogo e relazioni di servizio), redatti verosimilmente dagli stessi sottufficiali, Tartaglione e Faranda, che si occuparono subito dopo degli interrogatori dei macchinisti dei treni 59413 e 735. Ma – al di fuori degli interrogatori dei macchinisti – non risultano nel processo altri atti, rilievi tecnici o relazioni di servizio della polizia ferroviaria. né risultano richiesti. E i verbalizzanti Tartaglione e Faranda non sono stati mai esaminati.
Nell’immediatezza del fatto non sono esperite altre indagini per collocare nel tempo l’evento, né  vengono interrogati i guardiani di quel passaggio a livello 30+745, poco distante dal luogo dell’esplosione. Passaggio verosimilmente attraversato da chi si addentrò  nella trazzera di «Feudo Orsa» e da chi si allontanò  da quei luoghi dopo l’esplosione. Di questi accertamenti – intrinsecamente urgenti – se ne occuperà solo il giudice istruttore Chinnici, a distanza di qualche mese.
Ulteriori particolari sulla scoperta delle conseguenze di quell’esplosione al km. 30.180 si desumono dai risultati dell’inchiesta amministrativa delle ferrovie (acquisita al processo a seguito di un’espressa richiesta del giudice istruttore): il custode del passaggio a livello, Benedetto Salamone, interrogato il 1o settembre 1978 dal geometra delle ferrovie Vajarelli, si limita a dichiarare che, alle ore tre   di quella notte, alcuni operai, che avevano appena completato  l’ispezione dei binari, gli avevano riferito che « la  rotaia  era  stata  rotta  a seguito di un presupposto attentato dinamitardo », senza aggiungere altri dettagli.
Sulla  posizione  del  casellante,  che  di  seguito  sarà  richiamata  più estesamente,  appaiono  necessarie,  già  a  questo  punto,  quattro  considerazioni:
1) Fino al 9 gennaio 1979 nessuno esamina sugli accadimenti di  quella notte il casellante Salamone.
2) Non viene considerato il particolare che quel casellante aveva intrapreso il suo servizio solo alle ore 22 dell’8 maggio e che, conseguentemente, un altro casellante avrebbe potuto rendere informazioni su quanto era accaduto in precedenza e, in particolare dall’ora della scomparsa dell’Impastato (successiva alle 20 dell’8 maggio).
3) Solo otto mesi dopo la morte di Impastato, risulta in un atto processuale che la casellante di turno fino alle 22 del giorno 8 maggio al casello 30+745, tale Vitale Provvidenza « da Cinisi » (non è neppure compiutamente identificata), si trova « emigrata in USA ». E sebbene ne fosse atteso il rientro in Cinisi alla fine del mese di gennaio del 1979, non vi è traccia in atti del verbale delle sue dichiarazioni testimoniali, che il comandante della stazione dei carabinieri di Cinisi si era espressamente riservato di assumere e trasmettere al giudice istruttore.
4) Vitale  Provvidenza è mai rientrata in Italia? E perché quell’impiegata delle  ferrovie  «emigra»  –  dopo  i  fatti  dell’8  maggio 1978 – negli Stati Uniti?

La prima persona a raggiungere il luogo ove era stato segnalato dal macchinista un « forte angolo » del binario è l’operaio delle ferrovie Vito Randazzo. è lui che, in corrispondenza del km. 30+180, si accorge della mancanza di un tratto di circa 40–50 cm «sulla rotaia di sinistra rispetto alla direzione Trapani ». E informa prima il casellante Salamone e poi l’operaio specializzato delle ferrovie Andrea Evola. Quest’ultimo, recatosi subito sul posto, individua il cratere dell’esplosione, rendendosi conto che « non si tratta di un semplice mancanza di binario, bensì di un fatto dovuto all’esplosione di un ordigno»; e in tal senso fa rapporto al suo capo squadra, Antonino Negrelli. Negrelli ed Evola si recano subito alla stazione dei carabinieri di Cinisi. Approssimativamente alle ore 4 del 9 maggio il maresciallo Travali e l’appuntato Pichilli giungono sul posto insieme ai due tecnici delle ferrovie. Entrambi i militari notano l’autovettura di Impastato e due sandali a circa un metro dall’interruzione della rotaia. Poi, tutto intorno, resti umani: di ciò, via radio, informano la centrale operativa della compagnia di Partinico. Questa, a sua volta, provvede ad avvertire il pretore di Carini. Prima ancora di incontrarsi con il pretore, il maresciallo Travali e il suo collega Di Bono, del nucleo operativo di Partinico, sopraggiunto sul luogo dell’esplosione, con altri carabinieri di quella compagnia, tra cui il brigadiere Carmelo Canale, si portano a casa dell’Impastato, in corso Umberto di Cinisi. Qui Travali apprende che Peppino Impastato di solito dorme dalla zia, in piazza Stazione. Poco dopo Travali accompagna Trizzino sul punto dello scoppio. Il maresciallo Di Bono, con altro personale, avvia accerta- menti a Cinisi e, innanzi tutto, la perquisizione domiciliare nell’abitazione di Bartolotta Fara, zia dell’Impastato, ove quest’ultimo abitualmente dimora.
Mentre si svolge l’ispezione dei luoghi condotta dal dr. Trizzino,
i  carabinieri  hanno  già  in  corso  un’attività  operativa  che  prende  le mosse dalla perquisizione iniziata alle ore 7 – secondo quanto risulta dal verbale – presso la casa di piazza Stazione. Nel corso di tale atto, «conclusosi alle ore 8 circa », sono rinvenute, depositate in un cassetto del comodino della camera di Giuseppe Impastato, 6 lettere ed un manoscritto composto da tre pagine, che, come si legge nel verbale, « mette in chiara evidenza il proposito suicida dell’Impastato ». Lettere e manoscritto vengono sequestrati e consegnati al personale del nucleo investigativo dei carabinieri di Palermo.
Di  questi  accertamenti,  posti  in  essere  in  Cinisi,  si  parlerà  più innanzi. Nella pagine che seguono verranno esaminati gli elementi emersi sul luogo dell’esplosione o comunque ad esso riferibili.

Fonte mafie blog autore repubblica