Il “problema” Ciancimino

Quanto al ruolo dei cugini Salvo in seno all’organizzazione mafiosa, i collaboratori Di Carlo, Brusca e Siino ne hanno concordemente rilevato l’originaria vicinanza alla fazione rappresentata da Bontate, Inzerillo e Badalamenti, sottolineando la situazione di pericolo per la loro incolumità venutasi a determinare a seguito della guerra di mafia e del sopravvento del gruppo dei “corleonesi” ed il loro conseguente graduale avvicinamento al Riina, il quale aveva ritenuto più conveniente revocare la loro condanna a morte, preferendo allearsi con loro.
La circostanza è pienamente coincidente con le risultanze investigative dell’epoca ed in particolare con la citata deposizione del dr.Cassarà circa il temporaneo allontanamento dei Salvo da Palermo, subito dopo l’omicidio Inzerillo, ed il rinvio della data già fissata delle nozze di una nipote, allora correttamente interpretato dagli inquirenti come la decisione di sottrarsi al pericolo di essere coinvolti nella sanguinosa strategia di sterminio degli avversari da parte del gruppo corleonese.
Sulla personalità ed il ruolo dei Salvo appare opportuno ricordare le seguenti testuali dichiarazioni del collaboratore Di Carlo Francesco (ud. 25.2.1999), il quale, pur avendoli conosciuti fin dagli anni ’60, ebbe piena contezza della loro affiliazione a “cosa nostra” a casa di Badalamenti Gaetano dopo la scarcerazione di quest’ultimo negli anni  ’75 – ’76 : “Erano i più forti veramente….oggi quando si parla dei Salvo specialmente processualmente….., c’è gente che li vuole fare diventare come due criminali qualsiasi. No, no, manovravano la politica siciliana perchè avevano quella filoandreottiana e dorotea a Trapani, infatti Ignazio aveva i dorotei che portavano nella provincia di Trapani, mentre Nino a Palermo, anche con Ignazio, portavano gli andreottiani. Ma erano veramente una potenza economica. Poi avendo alle spalle cosa nostra e cosa nostra a chi è molto ricco pur essendo un soldato semplice e che non può usufruire di…benefici , perché si interessavano su tutto, sia per come posti di lavoro, come Giustizia, qualsiasi cosa. Questi erano i Salvo” (cfr.f.100).
Il Di Carlo ha riferito che dal 1978 in poi gli equilibri interni all’organizzazione erano cambiati e che a seguito del declino di Bontate ed Inzerillo, ai quali i Salvo erano legati, si era registrato il graduale avvicinamento dei due cugini a Greco Michele e successivamente, in concomitanza con l’allontanamento del Badalamenti, al gruppo dei corleonesi all’interno del quale avevano stretto legami con Provenzano Bernardo in cerca di nuovi appoggi politici.
In quel contesto, già nell’estate 1982, i Salvo erano a conoscenza delle indagini sul loro conto da parte del consigliere Chinnici e secondo un metodo ormai collaudato dall’organizzazione si tentò dapprima il c.d. ”avvicinamento” tramite i parenti di Salemi della moglie del magistrato, evidentemente andato a vuoto, ( “perché hanno trovato una roccia come si suole dire in Chinnici”- cfr. Di Carlo), per decretarne poi la morte .
Il Di Carlo ha testualmente dichiarato : “E così il Salvo si è trovato a gestire questa situazione, voleva fare bella figura con Michele Greco. Da interessarsi si è trovato interessato diretto, perché Chinnici comincia a fare indagare sui Salvo e l’ultima volta che ho incontrato Nino Salvo mi ricordo che mi diceva che era avvelenato, nel senso di nervi, dicendo che il Chinnici aveva scatenato un’inchiesta sotto sotto su…su tutti i movimenti (bancari) di Salvo” (cfr.f.97), episodio collocato temporalmente nell’estate del 1982 allorchè i Salvo si allontanarono da Palermo.(f.105). Ed ha aggiunto: “Noi eravamo in condizioni, specialmente con i Salvo, con Lima di arrivare dovunque e allora potevamo arrivare dentro lo Stato, infatti quante volte si è stati a fare trasferire a qualcuno i Salvo proprio” (f. 251)
Il collaboratore ha altresì precisato che i profondi sentimenti di astio nutriti dai Salvo nei confronti del dr. Chinnici erano noti in seno a Cosa Nostra, riferendo delle confidenze ricevute da Riccobono Rosario, che a sua volta le aveva apprese da un funzionario della Polizia di Stato (f. 107), il quale con riferimento al consigliere istruttore gli avrebbe detto testualmente: “picca dura”(nel senso che avrebbe vissuto ancora per poco), perchè sapeva dell’interesse diretto dei Salvo e di Greco Michele, fino ad allora mai raggiunto da provvedimenti giudiziari.
In particolare il Riccobono sosteneva che il magistrato era destinato a morire per l’intraprendenza che aveva avuto iniziando a svolgere indagini nei confronti dei Salvo.
Il Di Carlo ha altresì riferito di un incontro tra Salvo Antonino e Provenzano Bernardo a Bagheria nella fabbrica di chiodi di Greco Leonardo durato circa quattro ore, antecedente alle confidenze ricevute dal Riccobono, sempre dell’estate 1982.
Evidentemente, superato il momento difficile che li aveva indotti ad allontanarsi da Palermo, i Salvo avevano cercato nuovi equilibri ed alleanze, sicchè “allora sono diventati nell’82 tutti corleonesi tutti hanno rialzato di nuovo la testa i Salvo”(cfr.Di Carlo) .
Quanto ai rapporti tra i Salvo ed il Riina il collaboratore Cucuzza Salvatore (ud. 28/1/1999) ha riferito che “in quel periodo erano di totale abbandono nelle mani di Totò Riina; erano…prima erano molto vicini a Gaetano Badalamenti, parlo degli anni ’70; poi nei primi anni ’80, dopo il sequestro del suocero cominciò ad avvicinarsi a Totò Riina e dopo l’estromissione, diciamo di Gaetano Badalamenti, si è avvicinato a Riina. Comunque nella guerra si è schierato dalla parte di Totò Riina”(cfr.ff.92- 93).
Anche il collaboratore di giustizia Siino Angelo (ud. del 21/6/1999)- sulla cui personalità ed attendibilità intrinseca si rinvia alle considerazioni che saranno svolte più avanti – ha reso dichiarazioni di estremo interesse, riferendo di avere incontrato Salvo Antonino nell’ufficio del dr. Purpi, funzionario del 2° Distretto di Polizia a Palermo, prima ancora dell’omicidio di Bontate.
In quell’occasione il Salvo si era rivolto al funzionario affinchè intercedesse per fargli ottenere un colloquio con il dr. Chinnici e all’arrivo del Siino aveva cambiato discorso.
Su questo specifico tema appare opportuno riportare integralmente le dichiarazioni del collaboratore:
P.M. – Senta, io vorrei chiederle se lei, che ha frequentato e ambienti mafiosi e ambienti non mafiosi, avesse mai sentito parlare e in che termini, eventualmente, del dottore Chinnici.
SIINO – Si’, signora, io debbo dire proprio una cosa, che io ho avuto modo di sentire parlare del dottore Chinnici come personaggio originario di Misilmeri e, in un certo senso, personaggio inavvicinabile.
Visto che il povero dottore Chinnici e’ morto lascio immaginare gli epiteti che si sfuggivano a personaggi di rilievo della mafia di Misilmeri, che io ben conoscevo, quale Gabriele Cammarata,…..
Comunque, tutti personaggi di rilievo della mafia di Misilmeri, tutti morti in maniera violenta, che praticamente mi parlavano come di un grande, insomma, personaggio cattivo del dottore Chinnici, mi dicevano che era inavvicinabile… Mi dicevano che era inavvicinabile, mi dicevano che era arteriosclerotico, insomma si cercava di sminuire in ogni… in ogni modo e in ogni maniera la figura del povero dottore Chinnici.
Devo dire che questa e’ una cosa, una chicca che le do ora: io ebbi modo di sentirne parlare anche di Nino Salvo, parlare proprio intorno al 1981 o ’82, ancora vivente Stefano Bontade, nel senso che un giorno mi trovavo all’interno del secondo Distretto di Polizia, dove ero andato per questioni … del mio porto d’armi, allora avevo sia il porto d’armi di fucile che il porto di pistola. Io ero molto amico del dottore Piero Purpi, vicequestore allora … del secondo Distretto di Polizia e in quel periodo ebbi modo di vedere… c’era… entrando li’ trovai Nino Salvo; io conoscevo molto bene Piero Purpi, eravamo abbastanza amici. E, praticamente, vidi che quando io arrivai Nino Salvo interruppe quello…  il discorso che aveva con Piero Purpi.
Dopodiche’… e allora ci disse: “Piero, me ne vado”, … e io rimasi con Piero Purpi e Piero Purpi mi disse: “Ma – dice – minchia, Nino sta impazzennu, pirchi’ vulissi ca io vado a parlare con il dottore Chinnici, ma assolutamente io non ci vado, perche’ chiddu m’assicuta e mi butta dalle scale”. Questo e’ quello che mi riferi’ e che mi ricordo.
P.M. … il dottore Purpi le disse perche’ Nino Salvo voleva che parlasse con il dottore Chinnici?
SIINO – … non me lo disse, perche’ praticamente, in un certo senso, il dottore Purpi era un personaggio, diciamo, sanguigno, era una persona (generosa), che praticamente gridava sempre quando parlava: “Oh, oh… ma chissu voli ca io vaiu a parlu a chiddu”. Pero’ io… .. non ho avuto modo di interferire in questa situazione, anche perche’ avevo visto che come ero entrato io Nino Salvo aveva cambiato discorso.”
Il collaboratore ha, inoltre, dichiarato testualmente : “Chinnici non si faceva i fatti suoi, nel senso che si stava addentrando su certe situazioni che erano off limits, cioè nel senso che stava cercando di indagare quali erano i veri rapporti tra l’organizzazione militare della mafia e l’organizzazione politica ed economica….allora i Salvo reggevano l’economia siciliana nel senso che erano dei personaggi di tutto rilievo politico, imprenditoriale, mafioso “.
Il collaboratore ha inoltre delineato la potenza politica ed economica di quella famiglia, gli agganci di ogni tipo e la particolare vicinanza con l’On. Salvo Lima.
Quanto  poi  ai  collegamenti  con “cosa nostra” ed alle nuove alleanze
delineatesi dopo la morte di Stefano Bontate, il Siino ha riferito che dopo l’omicidio di quest’ultimo i Salvo erano passati “nelle mani” di Bernardo Brusca, che aveva delegato il figlio Giovanni.
Questa significativa acquisizione processuale non solo suffraga l’attendibilità delle dichiarazioni dell’imputato Brusca Giovanni che ha riferito circa la propria frequentazione assidua dell’abitazione e degli uffici dei Salvo, ma chiarisce le ragioni per le quali, come si dirà più avanti, sia stato proprio il predetto Brusca ad accompagnare nell’estate del 1982 Salvo Antonino in contrada Dammusi per l’incontro con il proprio padre ed il Riina.
Anche Brusca Emanuele (ud. 22.6.1999) ha confermato i contatti tra il Salvo ed il proprio padre, nonchè le frequenti visite del primo in contrada Dammusi dove, tra l’altro, trascorreva la latitanza il Riina nei primi anni ’80.
Le cointeressenze e gli stretti legami operativi tra i Salvo e “cosa nostra” risultano significativamente attestati da quanto riferito dal Brusca circa la loro sintomatica presenza in c.da Dammusi in concomitanza con il verificarsi di gravi delitti contro esponenti delle istituzioni dell’epoca, quali ad esempio gli omicidi La Torre e Dalla Chiesa.
Sul punto il collaboratore ha testualmente dichiarato ( cfr. Brusca, ud. 2.3.1999, f. 154) “in quel momento vedevo i comportamenti con i Salvo e i comportamenti con gli uomini d’onore …cioè man mano che si riunivano con i Salvo però si riunivano con altri capi mandamento a due a tre a quattro o uno e avvenivano sempre quasi nello stesso periodo, quindi una settimana, un giorno, due giorni. So solo e semplicemente che in quel momento, cioè così, con i…quando si incontravano con i Salvo dopo riunioni, incontri, succedevano i fatti “.(cfr.anche f.147,ud.1/3)
Gli equilibri politico-mafiosi delineatisi a seguito delle nuove alleanze erano perfettamente funzionali agli interessi di “cosa nostra” che attraverso i Salvo manteneva i contatti con settori del mondo politico ai quali poteva assicurare appoggi elettorali ricevendo a sua volta in cambio favori.
Brusca ha peraltro chiarito i pessimi rapporti tra Riina e l’esponente politico Ciancimino, riferendo che il primo gli aveva detto “Non ne posso più di questo mio paesano”, perchè a causa di quest’ultimo aveva commesso gli omicidi Mattarella, Reina e l’attentato al Sindaco Martellucci.

Con specifico riferimento ai rapporti tra Cosa Nostra e certi settori della D.C. siciliana per il tramite dei Salvo, il collaboratore ha testualmente dichiarato :
“Ma gli argomenti di discussione erano che loro (i Salvo) erano interessati principalmente nel mondo politico e Salvatore Riina aveva sempre problemi con Ciancimino; Ciancimino che politicamente lo volevano estromettere e con la forzatura di Salvatore Riina loro dovevano digerire all’interno della Democrazia Cristiana la presenza di Vito Ciancimino, perchè i Lima o i Salvo non volevano accettare… per la posizione che si era venuta a creare di Vito Ciancimino additato come mafioso, cioè lo volevano espellere, cioè allontanare dalla Democrazia Cristiana. Ma con l’intervento di Salvatore Riina dovevano, a forza maggiore, cioè sopportare queste persone. Quando poi ci fu l’elezione di Mario D’Acquisto loro sono intervenuti per fare votare Mario D’Acquisto, farlo mettere nella lista della D.C. come “limiano” e d’accordo con Salvatore Riina e in prima persona con i cugini Salvo e Salvatore Riina si è deciso di votare Mario D’Acquisto, e abbiamo votato Mario D’Acquisto”.(cfr.ff.135-136 ud.cit).
“….c’erano all’interno della Democrazia Cristiana problemi, in particolar  modo  i  problemi  li  aveva  Ciancimino. Salvatore  Riina  li mandava a chiamare o loro(i Salvo) chiedevano l’appuntamento con Salvatore Riina per sanare questi disappunti o disaccordi all’interno della Democrazia Cristiana nella persona di Vito Ciancimino. Cioè, Salvatore Riina tanto è vero che a un dato punto si è stuffato di avere problemi per sostenere il Ciancimino, cioè perchè era Bernardo Provenzano che sosteneva di più il Ciancimino. E ad un dato punto il Salvatore Riina dice: “Non ne posso più io di questo mio paesano con il Ciancimino”, perchè per causa sua Salvatore Riina aveva commesso degli omicidi e mi riferisco a quello Mattarella, mi riferisco a Reina e tanti altri piccoli fatti che loro avevano commesso e l’attentato al sindaco Martellucci. Quindi, questo per quanto riguarda il Riina. I Salvo venivano per lamentare comportamenti negativi nei confronti del Ciancimino o viceversa.” (cfr.ff.145-146).
Il Brusca ha riferito che nel 1982 la sua organizzazione aveva appoggiato l’on. Mario D’Acquisto facendo confluire su di lui circa 30000 voti.
Il collegamento con la D.C. tramite i Salvo risulta inoltre confermato dalle dichiarazioni del Dr. Borsellino.
Il Dr. Chinnici aveva avuto un colloquio con Lima, sollecitato dall’on. Silvio Coco, nel corso del quale il Lima gli aveva fatto presente che l’iniziativa giudiziaria concernente il Palazzo dei Congressi e l’arresto dell’imprenditore catanese Costanzo e Di Fresco, veniva considerata una forma di persecuzione per la D.C.; il magistrato aveva risposto che l’Ufficio Istruzione si interessava di fatti specifici contestati a determinate persone, senza che potesse avere rilevanza l’appartenenza politica. Intendeva quindi andare avanti ad ogni costo, senza guardare in faccia nessuno.
Il quadro politico-mafioso di riferimento ed il sistema delle alleanze delineati da Brusca Giovanni (cfr. ud. 1.3.1999), appare connotato, inizialmente, negli anni ’70, dalla vicinanza dei Salvo al gruppo facente capo a Badalamenti Gaetano, Greco Michele ed Inzerillo Salvatore, tanto che il Riina era solito indicare i Salvo come “sbirri”.

 

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