La latitanza di Matteo Messina Denaro e le “tecniche” per non farsi “fottere” dallo Stato ereditate dal padre

Una “tradizione” di famiglia quella  della latitanza facile dei Messina Denaro .

– Matteo Messina Denaro, il «capo dei capi» della mafia,  almeno di quella trapanese è ancora latitante, nonostante i rastrellamenti  eseguiti per anni,  a Castelvetrano e nel trapanese.

A 28 anni dalle stragi di mafia in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
– A differenza degli altri capimafia, come Provenzano e Riina,  “Lu siccu“non solo non  è mai stato in carcere ma continua a vivere libero.

Anche il  padre Francesco,  nonostante le condanne a suo carico, riuscì sempre a sfuggire alle forze dell’ordine che, probabilmente, in alcuni momenti tra il 1988 e il 1992, fecero pure finta di non vederlo in giro.

 Come sono riusciti padre e figlio a sfuggire a tante azioni investigative? La loro latitanza è strapiena di misteri.  E non solo la latitanza. Come fece don Ciccio a “sdoganare” , il figlio quando aveva solo 30 anni, anche per missioni importanti come la preparazione e la determinazione dell’azione stragista del 92 ? Di pezzi grossi nel mandamento trapanese ne insistevano tanti. Tanta responsabilità tutta nelle mani di un giovane molto legato alla bella vita e ai soldi facili?Eppure, Matteo, tra una scopata e l’altra e qualche omicidio da eseguire, per le stragi riceve i gradi di colonnello mafioso agli ordini di Totò Riina. Insomma, il 1992 , vede la nascita di un enfant prodige nella galassia mafiosa dei corleonesi. Senza esami particolari, viene comandato ad essere attivo nel più grave attacco allo Stato dell’Italia post fascista. A voi ogni libera considerazione.

 Tornando alla latitanza :dove si nasconde il boss di Castelvetrano per sfuggire alle serrate maglie degli invetigatori?  Perchè non è ancora in galera nonostante decine di operazioni di Polizia? Ormai il punto centrale di tutta questa incredibile vicenda è solo questo.

Anni di indagini , di arresti, confische e ancora “Matteo” è libero.   Un territorio, quello di Castelvetrano,  distrutto . Una comunità , (esclusi quelli con il “vaccino” dell’antimafia di potere addosso e i loro amici collegati ),  a vario titolo, spesso  accusata di favorire la latitanza del boss e  con brodaglie mediatiche buttate  sul terreno e ad ampio spettro tese a far intendere che molte colpe se Messina Denaro è libero, sono da attribuire all’omertà o alla possibile complicità di molti castelvetranesi . Un pò come si faceva con i campi malarici infestati. Qualcuno, negli ultimi anni,  per debellare la zona dalla mafia e  dal famoso e terribile plasmodio che causa la febbre malarica(il boss diabolico) ha gettato DDT dove voleva e in ordine sparso. A cazzo di cane.Magari, hai visto mai, il DDT buttato a muzzo, ammazza pure Lui (il boss)e cosi , magari, non potrà più parlare e raccontare tutte le schifezze combinate con gente delle istituzioni per le stragi.

  La storia insegna che la malaria si debellò attraverso le bonifiche radicali , strategie specifiche e non con i veleni sparati a cazzo di cane.Le zanzare sperte lo sanno bene

Una repressione sull’intera comunità  , avvenuta  attraverso anche una fitta azione mediatica che si è sempre guardata bene dal mettere le mani sui vecchi centri di potere cittadini , non ha dato i risultati sperati. La mafia  locale na zuttata la capità. Il Plasmodio, però, purtroppo,  firria ancora. Il Boss è ancora libero visto che è ancora il ricercato n.1 e forse si diverte anche.

Fiumi di denaro spesi per tentare di trovare la pista giusta. Gente finita in carcere senza prove evidenti. Tante le condanne ma nessuna azione giudiziaria, fin ‘ora, ha spalancato le porte alla cattura del boss di Castelvetrano. Appare chiaro che, chi veramente protegge il boss latitante non è stato ancora toccato.

 Si è fatta piazza pulita di tanti possibili fiancheggiatori. Centinaia di arresti, quantità industriali di anni di carcere assegnati e nessuno di “questi “scimuniti” che parla  e si pente, facendolo trovare, solo per rispetto a Matteo?   I mafiosi moderni non sono di testa dura come quelli del dopo guerra siciliano ; Non ci vuole molto a farli pentire quando capiscono che la loro vita è finita e lo Stato tocca  seriamente le tasche dei loro familiari. E poi, anche in chiave strettamente mafiosa, Matteo Messina Denaro non è mai stato un capo eletto da una commissione mafiosa. Lo dicono i pentiti. Il padre era “capo” e Lui prese i gradi dopo la sua morte. Divenne capo senza rituale mafioso? Anche questo aspetto è tutto da capire.

E allora il punto ritorna:come fa ancora a mantenere la sua latitanza? Visto che  si è scavato dappertutto? Visto che non ha mai ricevuto una vera corona mafiosa dal mandamento trapanese, visto che ha fatto arrestare molti suoi amici e parenti e non ha mai mosso un dito per reagire?

Oppure, forse, ci sono state grossolane distrazioni da parte di alcuni investigatori che hanno consentito a Messina Denaro di sfuggire ai vari di tentativi di cattura? Qualcuno a Castelvetrano per le strade , nei bar, dice sempre:” si veramente lo volessero prendere… lu pigghiassiru“. La gente crede alla teoria della misteriosa protezione di pezzi dello Stato

Un dubbio che non intendiamo commentare. Un dubbio che trova la sua forza nei tanti depistaggi e mezze verità dette sulle stragi del 92

Riteniamo opportuno ritenere che alcune indagini sono state gestite in modo superficiale e qualche errore strategico è stato commesso per eccesso di ego da parte di qualche magistrato.

Il problema, purtroppo ,rimane ancora aperto e per tutti i castelvetranesi che vogliono solo la verità e la liberazione da questo pesante fardello chiamato Mafia e Matteo Messina Denaro.

Castelvetrano è in macerie e “lu siccu spertu ” continua a “firriari” libero.

Qualcuno ci ha provato a prenderlo. Chi tocca le piste di Messina Denaro , senza passare da protocolli voluti da qualcuno, o viene trasferito, o finisce sotto processo o viene attaccato. 

Il lavoro prezioso di Linares

l’ex capo della Mobile di Trapani, Giuseppe Linares stava facendo un buon lavoro investigativo. Dopo anni di indagini,lo hanno trasferito. Linares avevale idee molto chiare. Sapeva ascoltare i suoi uomini del territorio e non agiva come certi  arbitri di calcio che quando vedono tanti giocatori in area di rigore e non sanno cosa succede di preciso, fischiano il classico,” fallo di confusione”. Questo modus operandi non serve e verosimilmente ha aiutato la latitanza del boss . L’antico detto siciliano  dice: ” spesso chianci lu giustu pi lu piccaturi” . Linares aveva capito che Matteo Messina Denaro non avrebbe mai giocato con il fuoco mettendosi affianco gente poco capace.  Linares capì bene il ruolo di Filippo Guttadauro . Mise le mani nei collegamenti della famiglia Messina Denaro e certa ricca borghesia locale.

Linares lavorò molto sull’asse economico che portò all’arresto di Grigoli  e avrebbe continuato a investigare sull’asse che collegava Guttadauro ad altri ambienti della città. Delle vicende cittadine di  Filippo Guttadauro, in questo blog ,  ne abbiamo già  parlato.

Uno “spertu” ,come Messina Denaro, non si può certo fidare di gente stupida. In questi anni , non poteva rimanere latitante solo con l’aiuto dei vecchi amici del padre. Chi veramente lo aiutato negli ultimi anni?  E qui si ferma ogni considerazione ulteriore. Tutti lo vogliono prendere e nessuno ci riesce.

 Purtroppo, non si sa neanche come sia la sua faccia di 58enne . I suoi identikit sono datati.  I pentiti che hanno avuto sue notizie vere, sono ormai  diventati vecchi pure loro e non possono far altro che ripetere le cose già dette. Se e quando lo prenderanno, per essere sicuri della sua identità dovranno sottoporlo al test del Dna. Solo in quel momento, se i confronti coincideranno, si potrà sancire la fine della latitanza di Matteo Messina Denaro- La misteriosa latitanza    di un capomafia  atipico ,ancora in libertà e mai transitato dalle patrie galere, di cui non si hanno foto segnaletiche né impronte digitali. Un capomafia che ama la bella vita e che non starebbe mai in una casa di campagna dirupata, con  pecore e vacche a fargli compagnia. Lui, lo hanno detto i suoi amici pentiti credibili, preferisce la compagnia di lupi che sanno come travestirsi d’agnello quando serve. Lupi  che sanno attendere il momento giusto per aggredire e che sanno indossare molto bene il vestito firmato quando serve e per le occasioni importanti

Anche Totò Riina e Bernardo Provenzano sono rimasti in fuga per decenni, ma in gioventù erano stati in carcere; Matteo — generazione successiva, classe 1962 — mai. Caso unico nella storia delle indagini antimafia. A venticinque anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a Caltanissetta è appena cominciato il processo a suo carico per le due stragi del 1992: a parte i «mandanti occulti» su cui ancora si indaga, ma mai individuati, è rimasto l’ultimo imputato, giudicato in contumacia.

Una vecchia fototessera di Messina Denaro
Una vecchia fototessera di Messina Denaro

La lettera alla fidanzata

Matteo Messina Denaro, il boss delle stragi e la fidanzata: la lettera d’addio

«Che Dio mi aiuti»

Ufficialmente Messina Denaro è ricercato dall’anno successivo, ordine d’arresto numero 267/93 per quattro omicidi, emesso da un giudice palermitano il 2 giugno 1993. Tre giorni dopo scrisse una lettera alla ragazza con cui era fidanzato all’epoca, per annunciarle la sua fuga: «Non so se hai capito che nell’operazione di ieri da parte dei carabinieri c’è anche un mandato di cattura nei miei confronti… Qualunque cosa abbiano messo è soltanto una grande infamia, perché sono innocente… È iniziato il mio calvario, e a 31 anni, e con la coscienza pulita, non è giusto né moralmente né umanamente… Spero tanto che Dio mi aiuti… Non voglio neanche pensare di coinvolgerti in questo labirinto da cui non so come uscirò… Vuol dire che il nostro destino era questo. Spero tanto, veramente di cuore, che almeno tu nella vita possa avere fortuna… Non pensare più a me, non ne vale la pena… Con il cuore a pezzi. Un abbraccio, Matteo».

Fonte Corriere.it