Francesco Bongiovanni querela tre magistrati di Messina presso la Procura di Reggio Calabria e la Cassazione

Francesco Bongiovanni è un ex imprenditore siracusano, praticamente raso al suolo per via di una serie di ingiustizie, di cui si sarebbero resi responsabili anche alcuni magistrati che operano a Siracusa. Il Bongiovanni è da parecchi anni che denuncia ciò che avviene a Siracusa ed a Ragusa; denuncia, da sempre, i rapporti non proprio lineari tra qualche istituto di credito e qualche magistrato, le sospette archiviazioni di talune inchieste, i presunti insabbiamenti di alcuni procedimenti penali, nonché l’accanimento nei confronti di chi, come lui, osa denunciare queste cose. Storie di compromessi e collusioni, penalmente rilevanti, denunciate qualche anno fa presso la Procura di Messina, che ha la competenza per esercitare l’azione penale sulla Procura di Siracusa. E quando Bongiovanni scopre che anche a Messina c’è più di qualcosa che non va cosa fa? Segnala tutto quanto alla Procura di Reggio Calabria ed alla Procura generale presso la Cassazione, inoltrando, in questi giorni, un corposo dossier di 176 pagine. Ormai in Italia sembra che ci sia una specie di epidemia (altro che coronavirus!), che colpisce chi osa denunciare le collusioni di certi poteri forti con chi detiene il potere economico e finanziario e contro chi condiziona anche il mondo dell’informazione. Vi siete accorti che di queste notizie non ne parla nessuno? E dire che l’informazione che il procuratore della Repubblica di Messina e due suoi sostituti sono indagati dovrebbe, per lo meno, occupare le prime pagine di molti giornali. Ma si sa come funziona il circo mediatico della stampa italiana. Non è un caso che siamo agli ultimi posti nella graduatoria mondiale, riguardo alla libertà di informazione. Per farvi un’idea basta ricordare solo ciò che è capitato in questi ultimi anni anche a Francesco Carbone, del quale nessun grande giornalone nazionale ne ha parlato. E dire che è stato tra l’altro barbaramente arrestato a Roma, a ferragosto, su ordine di un questore che faceva parte del cosiddetto ‘sistema Montante’, sotto inchiesta a Palermo e con un fratello, ex comandante di Stato Maggiore dei Carabinieri, ed ex comandante dei servizi segreti civili, sotto processo a Caltanissetta, perché anche lui ritenuto un componente dell’associazione a delinquere capeggiata da Antonello Montante, l’ex leader di Confindustria, già condannato a 14 anni di reclusione. Non so se stiamo riuscendo a spiegare il perché, in Italia, siamo messi davvero male. Chi denuncia infatti queste ed altre cose, prima o poi la paga di brutto e su di lui cala una coltre di spettrale silenzio. Francesco Carbone, Francesco Bongiovanni, per la stampa, per il mondo dell’informazione, quella ufficiale si direbbe, sono persone che, semplicemente non esistono e non devono esistere! Il che è di una gravità estrema! Nessuno si preoccupa dei tanti Francesco Carbone o Francesco Bongiovanni, massacrati a livello giudiziario perché osano denunciare troppo. La cosa più grave per un certo ‘sistema’, che può chiamarsi ‘sistema Siracusa’, ‘sistema Messina’ o più genericamente ‘sistema Italia’ è che lor signori, gli appartenenti ai vari sistemi di potere perversi, mal sopportano e, soprattutto, perseguitano ingiustamente, a livello giudiziario, chi mette in discussione le condotte spesso, non proprio limpide, di molti magistrati. Ed il caso-Palamara docet. Guai a denunciare quei magistrati che da anni non prendono in considerazione delle denunce, per motivi vari ed eventuali che rimangono sempre senza una spiegazione. E se poi si toccano certi personaggi, apriti cielo cosa sono capaci di fare a livello giudiziario e mediatico! Qualcosa del genere è avvenuto quando la Commissione Regionale Antimafia siciliana, presieduta da Claudio Fava, si è occupata del super scortato eroe dell’antimafia Giuseppe Antoci, l’ex presidente del Parco dei Nebrodi contro il quale, a maggio del 2016, sui monti Nebrodi, spararono tre colpi di fucile nella parte bassa della portiera della macchina blindata su cui viaggiava. Quell’attentato doveva per forza di cose essere considerato di matrice mafiosa e, poco importa se un anno dopo, sono morti in circostanze misteriose due poliziotti, nel giro di 24 ore, che erano a conoscenza di ciò che è realmente avvenuto in quella notte di maggio del 2016. Di queste ed altre cose gravi, comprese le fuorvianti ricostruzioni relative alle modalità di quell’attentato che, senza girarci attorno, potrebbe essere stato opera dei servizi segreti, il Procuratore della Repubblica di Messina De Lucia ed il giudice per le indagini preliminari Finocchiaro, non ne hanno tenuto minimamente conto. Qualche mese fa, come si ricorderà, in fretta e furia hanno archiviato il caso, senza trovare né mandanti, né esecutori materiali. Ecco perché i due magistrati sono stati querelati dal Bongiovanni a Reggio Calabria ed in Cassazione. Anche per questa, oltre che per altre vicende di più o meno piccolo cabotaggio…