Una telefonata “cancellata”

Le circostanze riguardanti l’esistenza della telefonata sono le seguenti:

Le intercettazioni sulle utenze in uso a Buttafuoco, sia a casa che in studio, erano state senz’altro eseguite. Erano iniziate il 22 settembre. Il 1° ottobre successivo erano iniziate anche su una utenza riservata (212388) installata nello studio del tributarista. La squadra mobile di Palermo, con rapporto datato 3/10/1970, aveva fatto riserva all’A.G. di comunicare l’esito di tali intercettazioni.
in un appunto interno, rinvenuto nel fascicolo sul sequestro dei carabinieri di Palermo, datato 16 ottobre 1970, si legge: “Da colloqui avuto con il dr. NISTICO’ e con l’avv. SORGI… Il Buttafuoco, per telefonata o telefonate da lui fatte a Parigi a Vito Guarrasi, telefonate non chiare ed esplicite come contenuto, si ritiene sia stato incaricato di prendere contatti con la famiglia De Mauro, al fine di accertare se e cosa di compromettente potesse avere il De Mauro.”
Anche in questo caso la notizia di Nisticò era stata fornita ai carabinieri diversi giorni prima che la stampa iniziasse ad interessarsi di “mister x” e non poteva che pervenire, sulla base di quanto già argomentato, dalla questura o dal ministro dell’interno.
Tullio De Mauro ha riferito che: “Ricordo che si era parlato di una o più telefonate tra Buttafuoco e Vito Guarrasi. … Ritengo possibile che me ne avesse parlato lo stesso Boris Giuliano perché ricordo che tale notizia era per me non ipotetica ma data per scontata e del resto solo con Giuliano vi era qualche contatto diretto sull’andamento delle indagini.”
Questa polizia giudiziaria, nel ricercare a Palermo, sia presso l’ufficio competente del tribunale che presso la questura, qualunque riscontro all’esistenza di tale telefonata, ha rilevato che:
1. nel fascicolo delle indagini (sia del tribunale che della squadra mobile), oltre alle richieste e alle autorizzazioni delle intercettazioni, non vi sono i verbali o le relazioni degli ascolti eseguiti e non c’è nessuna comunicazione all’A.G. del relativo esito;
2. come riferito da Lucio Capozzo, all’epoca addetto alle intercettazioni, “le bobine delle registrazioni venivano depositate presso gli uffici della squadra mobile, mentre le trascrizioni sintetiche di ogni telefonata venivano date …”; Quindi di ogni telefonata venivano fatte trascrizioni sintetiche che non esistono più;
3. le bobine riguardanti le intercettazioni eseguite presso l’abitazione di De Mauro e presso il giornale “L’Ora” erano state depositate presso il Tribunale di Palermo solo il 2/5/1990, mentre le bobine relative alle utenze di Buttafuoco si trovavano ancora presso la squadra mobile, assieme a numerose altre bobine prive di etichette. Questa polizia giudiziaria ha quindi proceduto all’ascolto di tutte le bobine individuando esclusivamente quelle riguardanti le intercettazioni avvenute sull’utenza dell’abitazione di Buttafuoco, ma non quelle eseguite presso lo studio. Pertanto attualmente risultano mancanti ancora tali bobine. Sul punto specifico è stata fatta una apposita relazione.
4. Il G.I. Miccichè, con la sentenza di assoluzione nei confronti di Buttafuoco del 1981, aveva scritto che “esito negativo hanno avuto sia le perquisizioni domiciliari sia le intercettazioni delle comunicazioni telefoniche del Buttafuoco.” Tale affermazione non trova alcun riscontro documentale nel fascicolo processuale, a meno che il giudice si riferisca alle telefonate fatte da un “provocatore”, il maresciallo di P.S. Patronaggio, le cui trascrizioni integrali sono agli atti.
riprendendo la sentenza di assoluzione dei 15 giornalisti, anche il Tribunale di Palermo aveva ritenuto che tale telefonata fosse veramente esistita. Infatti aveva scritto il Collegio che “Al riguardo torna utile illustrare il comportamento tenuto al dibattimento di Milano nel processo a carico di Pendinelli dal Questore Li Donni e dal Commissario Capo Mendolia. Il primo, posto di fronte alle diverse contestazioni mossegli, così si esprime: ‘vorrei pregare il Tribunale di considerare che il caso De Mauro è ancora aperto e che pertanto l’istruttoria in corso ha come finalità l’accertamento dei rapitori; per conseguenza il caso di per sé delicato ripropone massimo riserbo.’ E il secondo così risponde alla domanda se fosse vera la notizia della telefonata: ‘Non posso rispondere se tra il Buttafuoco e l’avv. Guarrasi fosse intercorsa qualche telefonata all’epoca dei fatti. La mancata risposta dipende dal riserbo dovuto all’istruzione formale del processo di Palermo’. Ora è evidente che se la notizia fosse stata destituita di fondamento i due funzionari avrebbero senz’altro aderito alla domanda rispondendo negativamente, anziché trincerarsi dietro il paravento del segreto istruttorio, avendo l’obbligo di rispondere.”
Deve essere inoltre aggiunto che nel giugno 1971, data di audizione a Milano dei due funzionari, le indagini erano “lettera morta” da diversi mesi. Inoltre all’A.G. palermitana non era stato fatto alcun accenno alla famosa telefonata e, perciò, non vi sarebbe comunque stata la violazione del segreto istruttorio.
ritornando al processo milanese contro Pendinelli, questo si era risolto per la remissione di querela. Perché Guarrasi aveva rimesso la querela? L’avvocato Isolabella, a tale interrogativo, ha risposto che la remissione era intervenuta dopo che in udienza aveva annunciato l’intenzione di chiedere in visione il passaporto di Guarrasi per verificare se lo stesso fosse stato effettivamente a Parigi. Sul punto Mario Pendinelli ha riferito che le ipotesi, per l’inaspettata remissione, erano probabilmente da attribuire al profilarsi di qualche accertamento sgradito a Guarrasi e, cioè, la richiesta di visione del passaporto, o la prevista audizione del procuratore generale Scaglione (ucciso due giorni prima dell’udienza) oppure la lettera di Pietroni, già depositata, che attestava i legami esistiti tra Guarrasi e Buttafuoco.
va ribadito ancora che nei fascicoli del tribunale e della questura di Palermo non vi è alcun atto riconducibile alle intercettazioni avvenute, alle indagini svolte sul conto di Guarrasi e alla famosa telefonata da Parigi.
in ultimo, ma non meno importante indizio, riguarda le possibili motivazioni per le quali la squadra mobile aveva registrato, all’insaputa dell’interessato, la conversazione avuta con Vito Guarrasi. Il colloquio era avvenuto il 12/10/1970 cioè 7 giorni prima dell’arresto di Buttafuoco. Era stata l’unica registrazione effettuata dalla polizia. Sull’etichetta, come detto, vi era stato scritto “12/X/1970 ore 20 – 20,30 conversazione tra Mendolia e X”: da tanto se ne deduce che al momento della registrazione Guarrasi era già sospettato dalla polizia. La conversazione era stata, come prevedibile attese le premesse, assolutamente irrilevante per le indagini. Si può quindi ipotizzare che, nella famosa telefonata parigina ricevuta da Buttafuoco, l’interlocutore non era stato identificato e, pertanto, era stata fatta una comparazione tra la voce di Guarrasi registrata nel corso del colloquio e quella proveniente dalle intercettazioni telefoniche, con esito positivo.

Si deve perciò concludere che, pur non esistendo prove dirette dell’esistenza della telefonata e della sua registrazione – perché evidentemente soppresse -, esistono però numerosi, importanti e concordanti indizi che dimostrano, senza lasciare spazio a dubbio alcuno, che la polizia di Palermo, in merito a tale conversazione telefonica:

aveva dichiarato, sia pure non ufficialmente, che esisteva;
aveva svolto accertamenti;
riteneva che l’interlocutore di Buttafuoco fosse Vito Guarrasi;
si era lasciata sfuggire – volutamente – la notizia presso i giornalisti;
si era ritenuta pertanto in procinto di risolvere il caso con clamorose iniziative.

Non è possibile neppure ritenere che ciò sia stato un tentativo della Mobile di fare uscire allo scoperto il mandante del sequestro, perché se la telefonata non fosse esistita si sarebbe ottenuto il risultato assolutamente contrario.
L’atteggiamento successivo della polizia, apparentemente contraddittorio, trova invece una perfetta logica ove si consideri anche il famoso intervento a Palermo del generale Vito Miceli, volto a fare cessare le indagini.

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