Omicidio Ciaccio Montalto: 38 anni di menzogne di Stato

 Il giudice Gian Giacomo Ciaccio Montalto perchè venne ucciso? Molti i misteri rimasti nonostante i tanti processi. L’ennesimo omicidio  dove la mafia e i poteri di Stato si sono alleati.

Una precisa indagine mise in evidenza che Ciaccio Montalto era venuto a conoscenza della corruzione del suo collega, Antonio Costa ad opera del clan dei Minore: una considerazione pesante che compare addirittura sottolineata nell’ ordinanza di rinvio a giudizio con cui il giudice istruttore di Caltanissetta Claudio Lo Curto avviò una delicata indagine che qualcuno cercò di affossare. Era il 1987

Gian Giacomo Ciaccio Montalto nasce a Milano il 20 ottobre 1941, da genitori di origini siciliane. Negli anni ‘60 si laurea in giurisprudenza a Roma, dove la famiglia si è spostata a seguito del trasferimento del padre (anch’egli magistrato) in Cassazione.

Dopo aver superato il concorso in magistratura, il 15 giugno 1970, Ciaccio Montalto giura fedeltà alla Repubblica. Nel verbale di immissione in possesso degno di nota è il fatto che, in quel momento, il rappresentante dell’ufficio del Pubblico Ministero fosse Antonino Scopelliti, (anch’egli vittima – nel 1991 – della criminalità organizzata).

Ciaccio Montalto svolge il periodo di uditorato presso gli uffici giudiziari romani, inizialmente presso la Pretura, poi in Tribunale, in seguito in Procura, per poi tornare nuovamente in Pretura fino al conferimento delle funzioni giurisdizionali.

I magistrati affidatari ne sottolineano le “ottime doti di ingegno e di equilibrio”, nonché la “solida preparazione giuridica generale”.

Anche il Presidente della Corte d’appello di Roma, nel parere per il conferimento delle funzioni giurisdizionali, sottolinea come abbia avuto modo direttamente di osservare che “il Ciaccio sia veramente elemento dotato di pronta e vivida intelligenza, di sicuro intuito giuridico e di eccellente preparazione professionale”, e che “le sentenze civili e penali da lui redatte presentano chiarezza di esposizione, ottima capacità di sintesi, notevole proprietà di linguaggio, attento ed approfondito esame delle carte processuali, sicura padronanza delle varie branche del diritto, sia privato sia pubblico…” concludendo che “la rigorosità del ragionamento, sempre incisivo e convincente è, indubbiamente, una delle migliori doti del Ciaccio”.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 14 aprile 1971, delibera il conferimento delle funzioni giurisdizionali. Altra coincidenza vuole che, in pari data, insieme a Ciaccio Montalto, vengano conferite le funzioni anche a Vincenzo Terranova e Mario Amato.

Il 20 settembre 1971 Ciaccio Montalto viene immesso nelle funzioni di Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trapani e rimarrà in quell’ufficio fino al giorno della sua tragica scomparsa.

Nel 1972 il Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di Palermo, nell’esprimere parere favorevole alla nomina ad aggiunto giudiziario pone in rilievo – tra l’altro – le profonde doti di diligenza ed equilibrio del magistrato, sottolineando come: “Lo studio serio dei fatti, sottoposti al suo esame, la valutazione serena ed obiettiva compiuta, gli attribuiscono saldezza di convinzioni, sostenute per altro con argomentazioni valide e stile elegante, senza nulla cedere alla tentazione di professarle con ostinata intransigenza e caparbia osservazione”.

Il 2 gennaio 1974 il Procuratore uscente della Repubblica di Trapani, nel tributargli un elogio per la sua attività, utilizza parole non comuni sottolineando come “…Ella si è impegnato con generosa dedizione nell’assolvimento delle Sue funzioni con sacrificio della propria vita privata e della Sua salute, per il solo convinto ideale di servire la legge e nella legge la giustizia. Tali eccellenti virtù valgono di esempio e sorreggono la speranza e la fiducia di quanti auspicano il livello superiore e la indefessa operosità della giovane magistratura”.

A soli 33 anni Ciaccio Montalto è il reggente dell’ufficio requirente trapanese, fino alla nomina del nuovo Procuratore e, il 9 giugno del 1976, consegue l’ultima promozione della sua carriera: la nomina a magistrato di Tribunale.

Nel parere del Consiglio giudiziario, oltre al riscontro statistico dell’elevato rendimento quantitativo del magistrato, sintomo “dell’impegno col quale egli esercita le sue delicate funzioni, con non lieve personale sacrificio, spesso al limite delle possibilità umane” colpisce soprattutto il giudizio sulla sensibilità del dott. Ciaccio Montalto descritto come un magistrato “attento allo studio dei fatti, perspicace nella loro valutazione, fedele al dettato della legge e tuttavia aperto ai lavori emergenti della società e sensibile agli aspetti umani delle vicende giudiziarie sottoposte al suo esame, egli unisce alla maturità del carattere e alla serenità del giudizio un sicuro intuito giuridico e un’ormai vasta esperienza professionale”.
L’attività a Trapani

Ciaccio Montalto è dunque un magistrato con un altissimo senso del dovere e un elevatissimo rispetto delle Istituzioni, come dimostrano i pareri e le valutazioni citate.

Ma anche un uomo dalla personalità forte, di sicura influenza – e non solo dal punto di vista delle tecniche e delle modalità di indagine – per un altro giovane magistrato: Giovanni Falcone, che dal 1966 al 1978 svolse varie funzioni (prevalentemente giudicanti) presso gli uffici giudiziari trapanesi .

Proprio insieme a Giovanni Falcone è protagonista di un grave episodio, gestito con fermezza ed equilibrio: il 9 ottobre del 1976 è infatti chiamato ad intervenire presso il carcere di Favignana dove un detenuto, armato di coltello, terrà sotto sequestro per l’intero giorno lo stesso Falcone, all’epoca magistrato di sorveglianza, che si trovava nella casa di reclusione per ascoltare i detenuti che gli avevano chiesto colloquio.

Negli anni di permanenza alla Procura di Trapani si occuperà di delicate istruttorie – alcune delle quali avranno molto risalto mediatico – come quella che portò a processo Michele Vinci (il cd. mostro di Marsala, responsabile del rapimento e della morte di tre bambine di 7, 9 e 11 anni) o quella sull’inquinamento del golfo di Cofano, o ancora le indagini per le distrazioni di denaro connesse alla (mancata) ricostruzione post-terremoto del Belice, o ancora quelle sulle adulterazioni nel settore vinicolo nella zona di Partinico-Alcamo- Balestrate, che vedrà coinvolti imprenditori spesso legati alle associazioni criminali di stanza sul territorio.

Ciaccio Montalto si occuperà, inoltre, della “costola” siciliana del c.d. “scandalo dei petroli” (la magistratura, negli anni ’70, fece emergere una serie di episodi di corruzione che videro come protagonisti ministri ed ex ministri dell’epoca e società petrolifere), in cui verranno coinvolti esponenti politici locali legati da rapporti, anche di parentela, con le famiglie mafiose della zona.

Grande conoscitore dei fenomeni mafiosi e antesignano della lotta ai clan attraverso il lavoro in pool e con l’utilizzo di metodi di indagine e di ricerca della prova allora considerati innovativi – come il controllo delle operazioni bancarie e la necessità di istituire un’anagrafe bancaria – Ciaccio Montalto fu il primo ad occuparsi della mafia del trapanese. Riteneva che la magistratura – piuttosto che osservare il fenomeno mafioso soltanto in occasione dei processi in corso – dovesse analizzare costantemente tutto quanto potesse essere ricondotto all’attività della criminalità organizzata e individuare idonei strumenti investigativi e culturali per avere una visione d’insieme degli affari delle cosche aggiornata e di pronta consultazione.

Questo modo di intendere le indagini e la magistratura davanti al problema delle mafie è ben testimoniato nell’intervento tenuto dal magistrato all’incontro dal titolo “Riflessioni ed esperienze sul fenomeno mafioso”, organizzato, nell’estate del 1982, dal Consiglio Superiore della magistratura. Vi si può infatti, tra l’altro, leggere: “… Per quanto attiene alle misure ed alle iniziative che potrebbero essere prese in sede governativa, innanzitutto si cerchi di realizzare in maniera rapida e razionale, la banca dei dati (…). Si rifletta sul fatto che ciò che si chiede è qualcosa che il più piccolo magazzino di ricambi possiede da tempo e che non si può certo continuare ad affidare alla memoria storica di qualcuno di noi o di certi marescialli comunque soggetti a trasferimento”.

Un magistrato scomodo

La vicenda umana e professionale del dott. Ciaccio Montalto si conclude nella notte del 25 gennaio 1983 in una stradina di Valderice, dove il magistrato risiedeva da poco tempo (il resto della famiglia – la moglie e le tre figlie – viveva ancora nel centro di Trapani).

Ciaccio Montalto ha appena parcheggiato davanti al cancello della villetta, con sé un thermos di caffè, segno evidente che vuole lavorare quella notte. Mentre è in procinto di scendere dall’auto viene raggiunto da diversi proiettili (14 secondo l’esame autoptico) di diverso calibro, uno dei quali colpisce anche l’orologio della vettura che, fermandosi alle ore 1.12 attesterà l’ora dell’agguato.

Sulla scena del delitto furono rinvenuti ben 23 bossoli. In una zona ad alta densità, con villette limitrofe distanti pochi metri l’una dall’altra, nessuno “sentirà”, né “si accorgerà” del cadavere del giudice, riverso tra il sedile di guida e quello del passeggero. Solo alle 6.30 un contadino ne denuncerà la presenza.

Il 26 gennaio del 1983 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini convoca un plenum straordinario del Consiglio Superiore della Magistratura, nell’aula magna del palazzo di giustizia di Palermo.

È la prima volta che il plenum del Consiglio si riunisce al di fuori della sede istituzionale di Roma (e purtroppo, come noto, non sarà l’ultima occasione).

Fonte : CSM