RISARCIRE LE AZIENDE SEQUESTRATE DALLO STATO INGIUSTAMENTE: PRESENTATI DIVERSI DISEGNI DI LEGGE

Un altro passo importante è stato compiuto.

L’Onorevole Varchi ha depositato un’interrogazione parlamentare indirizzata al Ministro della Giustizia e al Ministro dello sviluppo economico. Il tema è quello delle aziende ingiustamente sequestrate e poi restituite in condizioni di crisi irreversibile.

Anche la Varchi, come gli onorevoli Caputo e Siracusano, chiede una qualche forma di ristoro per le aziende dissequestrate.

Bene così, andiamo avanti. I nostri sforzi sono diretti a creare una maggioranza parlamentare che sia in grado di trovare una soluzione ad un problema che affligge migliaia di cittadini italiani e l’economica di intere regioni.

Grazie Carolina.

Riporto il testo dell’interrogazione:

“Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-09050

presentato da

VARCHI Maria Carolina

testo di Giovedì 22 aprile 2021, seduta n. 492

VARCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

secondo quanto accertato dalla relazione conclusiva relativa all’«inchiesta sui beni sequestrati e confiscati in Sicilia», approvata all’unanimità dalla Commissione regionale antimafia il 16 febbraio 2021, il sistema della gestione dei beni sequestrati e confiscati è caratterizzato da gravi criticità;

ne è prova il caso, finito davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, degli imprenditori Cavallotti che hanno denunciato l’irragionevole durata del sequestro dell’azienda di famiglia, la Euroimpianti plus srl, tenuta sotto sigilli dallo Stato per otto anni, durante i quali, sotto amministrazione giudiziaria, ha subito danni certificati per oltre 11 milioni di euro;

per la prima volta, la Corte di Strasburgo affronterà non il tema della restituzione, ma la questione dell’irragionevole durata del processo dal punto di vista delle misure di prevenzione, nonché la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare e della protezione della proprietà;

la vicenda affonda le proprie radici in un iter lungo e travagliato, iniziato nel dicembre 2011 quando il Tribunale di Palermo ha sottoposto a sequestro la società, per la presunta riconducibilità dell’Euroimpianti ai fratelli Gaetano e Vincenzo Cavallotti, che, all’esito di un lungo processo penale, iniziato nel novembre 1998 e conclusosi nel dicembre 2010, erano stati assolti con sentenza definitiva dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa;

per gli stessi fatti, i fratelli Cavallotti erano stati coinvolti in un procedimento di prevenzione, iniziato nel maggio 1999 e conclusosi a dicembre 2015, e avevano subito l’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, ma, nonostante l’assoluzione nel procedimento penale, solo il 3 maggio 2019, ovvero dopo circa sette anni e mezzo dal sequestro, è stata revocata la misura cautelare reale per carenza dei presupposti di legge, riconoscendo la natura lecita dell’Euro Impianti plus s.r.l.;

come denunciato dal legale di fiducia, dopo la restituzione dei beni, che per la famiglia rappresentava la «fonte di sostentamento economico», i Cavallotti si sono ritrovati in mano una «scatola vuota», una società in crisi irreversibile, senza considerare lo stigma sociale che, nonostante l’assoluzione, li ha marchiati come mafiosi e, dunque, reietti; i dipendenti, dopo essere stati posti in cassa integrazione, hanno perso il posto di lavoro, avendo per di più maturato consistenti crediti per stipendi non pagati;

la Euroimpianti plus srl era stata costituita nel gennaio 2006 ed era attiva nel settore della costruzione e manutenzione di reti di distribuzione del metano; alla data del sequestro aveva cantieri aperti in diverse regioni d’Italia, annoverava tra i propri committenti società di rilievo nazionale quali l’Italgas s.p.a. e la Gas Natural s.p.a.; occupava oltre 100 dipendenti, aveva un capitale sociale interamente versato di oltre un milione e mezzo di euro e vantava crediti per lavorazioni già eseguite per oltre un milione e mezzo di euro;

in Sicilia, su 780, imprese confiscate solo 39 sono attive, con un impatto devastante sullo sviluppo economico e sui livelli occupazionali: una fotografia drammatica che delinea una realtà caratterizzata da un altissimo tasso di mortalità delle aziende confiscate e la perdita di centinaia di posti di lavoro: se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se e quali iniziative di carattere normativo intenda assumere per introdurre specifiche forme di ristoro per chi subisce un illegittimo depauperamento del proprio patrimonio aziendale, successivamente dissequestrato, anche a tutela dello sviluppo economico e dei livelli occupazionali, in particolare della regione Sicilia.

Pietro Cavallotti