Processo Montante. L’apocalisse dell’antimafia di facciata: l’avvocato della parte civile Petrotto, Stefano Catuara, ha concluso l’interrogatorio di Cicero

Si è concluso, il 2 luglio 2021,  il controesame da parte dell’avvocato Stefano Catuara, difensore della parte civile Salvatore Petrotto, del teste Alfonso Cicero, nell’udienza del processo ordinario che si sta celebrando a Caltanissetta, a carico dei componenti della presunta associazione a delinquere capeggiata dall’ex delegato per la legalità ed ex vice presidente di Confindustria nazionale, nonché ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante. E’ emerso chiaramente che il Cicero, nella sua qualità di commissario e/o presidente delle ASI siciliane e dell’IRSAP, agiva di concerto con Montante riguardo ad ogni singola decisione da prendere. Tra le tante nomine ed incarichi conferiti dal Cicero, anche su suggerimento di Montante, sono stati evocati quelli all’avvocato Antonio Fiumefreddo e agli avvocati Ciulla e Vincenti, dello studio di Giovanni Pitruzzella, nonché  allo stesso Pitruzzella, ex presidente dell’Antitrust, ed attualmente avvocato presso la Corte di Giustizia Europea. Sempre il Pitruzzella, recentemente, risulta indagato dalla Procura della Repubblica di Agrigento, nell’ambito dell’operazione denominata ‘Waterloo’, per delle parcelle che gli sono state liquidate, mentre era a capo dell’Antitrust. Parcelle che gli ha pagato il presidente ed azionista di maggioranza di Girgenti Acque, Marco Campione, momentaneamente recluso nel carcere Petrusa di Agrigento. Un altro professionista che il Montante ha raccomandato al Cicero è l’avvocato catanese Antonio Fiumefreddo, ex presidente della società pubblica Riscossione Sicilia, il cui studio è stato perquisito nel 2018, alla ricerca di prove e reperti documentali relativi a dossier e filmati con i quali il Montante ricattava, tra gli altri, l’allora Presidente della Regione, Rosario Crocetta ed il magistrato Nicolò Marino. Il Fiumefreddo si è inoltre reso protagonista, assieme a Montante ed al siracusano Ivan Lo Bello, altro ex paladino dell’antimafia siciliana, sempre secondo quanto riferito dal Cicero, di un’altra vicenda, consumatasi presso il Tribunale di Agrigento. Si tratta dell’ennesimo tentativo di ricattare, in quel caso,  il magistrato Stefano Zammuto, sempre col solito sistema che si basava su dei dossier, spesso fasulli, costruiti ad arte. Un altro professionista, che ha ricevuto un incarico dal Cicero all’ASI di Enna è l’ex sindaco del Comune di Racalmuto, Luigi Restivo Pantalone, al quale è stato affidato, dall’allora assessore Marco Venturi, anche l’incarico di presidente del SEPICOS, un organismo di valutazione dei dirigenti dell’Assessorato per le Attività Produttive. Si tratta dello stesso Restivo, fortemente legato al giornalista e scrittore di Racalmuto, Gaetano Savatteri, il famoso autore del libro-farsa su Montante, dal titolo ‘La volata di Calò’ ed all’editorialista del Corriere della Sera, Felice Cavallaro, proposto quale candidato sindaco di Racalmuto, dopo che l’allora ministra dell’Interno, Anna Maria Cancellieri che, come ha precisato il Cicero in udienza, era molto amica di Antonello Montante, ha fatto sciogliere per delle inesistenti infiltrazioni mafiose il Comune di Racalmuto. E’ utile qui ricordare che il Savatteri ed il Cavallaro, unitamente a Montante, il 10 aprile del 2012, accompagnarono e fecero gli onori di casa alla Cancellieri, portandola in giro per il paese di Sciascia, in Municipio e dentro la Fondazione Leonardo Sciascia. Ma già qualche mese prima, esattamente il 27 febbraio, sia a Caltanissetta che a Racalmuto, come ha avuto modo di precisare sempre il Cicero in udienza, tali soggetti si incontrarono con Montante e la Cancellieri per portare a segno quell’ ‘omicidio premeditato’, consistente in uno scioglimento di comodo del Comune di Racalmuto, non per questioni di giustizia, ma di potere. Non è un caso che, sempre in quel periodo, siamo tra il 2009 ed il 2012 ed oltre, il Restivo faceva anche il portaborse del parlamentare nazionale Benedetto Adragna. Tra i suoi molteplici incarichi ricoperti ce n’è uno, inoltre,  che riteniamo sia degno di molta attenzione. Si tratta di quello di amministratore delegato dello IAL CISL, un ente di formazione professionale, dichiarato fallito, non prima di buttare sul lastrico qualche migliaio di lavoratori, licenziati senza giusta causa, dall’oggi al domani. Da anni questi lavoratori, tredici dei quali si sono addirittura suicidati, stanno combattendo una strenua battaglia giudiziaria. Ricordiamo che in Sicilia, ai tempi dei vari Governi del ‘rivoluzionario’ Crocetta, facevano passare per riforme del mercato del lavoro delle vere e proprie epurazioni di massa, finalizzate all’accaparramento dei finanziamenti pubblici, che erano destinati per pagare gli stipendi dei  diecimila lavoratori siciliani, ingiustamente licenziati. Anche questo è stato ‘Il sistema Montante’. Sono stati trasformati, da alcuni soggetti, legati mani e piedi alla Confindustria di Montante, degli enti di formazione no-profit, com’era l’IAL CISL, in aziende private, facendo tanta macelleria sociale. Riguardo al fallimento dell’IAL agrigentino, di cui si è reso protagonista il Restivo, lo scorso anno sono stati disposti, anche a suo carico, dei sequestri giudiziari di beni per un valore di 14 milioni di euro.

Nel corso dell’udienza del 2 luglio scorso si è anche parlato della carpetta contenente post ed articoli di Salvatore Petrotto, riguardanti il ‘sistema Montante’, risalenti al 2015 e rinvenuti nella cosiddetta ‘stanza della legalità’. Il Cicero ha affermato di non ricordare bene se alcuni di quegli articoli e post su facebook a Montante glieli avesse trasmesso lui. Per chi non conosce cos’era quella che Montante definiva ‘stanza della legalità’, ricordiamo che si trattava di una camera blindata, nascosta dietro un armadio a parete, dove il Montante custodiva tutte le sue armi di ricatto: file compromettenti, dossier, liste di appuntamenti, lettere, prove e documenti più o meno falsi e/o inventati di sana pianta, messaggi, ricevute, scontrini e, soprattutto, una miriade di informazioni riservate che si procurava grazie a dei poliziotti e degli agenti dei servizi segreti, a lui asserviti. Che sono stati effettuati migliaia di accessi abusivi alle banche date riservate del Ministero dell’Interno, per riempire e saziare le fauci del ‘sistema Montante’, sembra ormai pleonastico ribadirlo. E’ già stato abbondantemente provato nel troncone del processo abbreviato che si è concluso con la condanna, in primo grado, del Montante, a 14 anni di reclusione. Ci ha già pensato il vice commissario De Angelis, marito di una collaboratrice di Alfonso Cicero, a confessare tutto. A partire dal 2009  e sino al 2016, sia lui che il poliziotto Graceffa, fornivano tali dati segretati, all’ex poliziotto Diego De Simone Perricone, capo della security di Confindustria, che a sua volta li girava ad Antonello Montante per farne ‘buon uso’. Ed i risultati si sono visti. Tali rapporti e modalità di trasmissioni, di migliaia di informazioni sensibili, di notizie riservate e coperte anche da segreto d’ufficio e segreto istruttorio, sono stati ricostruiti attraverso delle puntuali intercettazioni tanto che il De Angelis, non ha potuto fare altro che ammettere le sue e le altrui personali responsabilità, confermando in aula ogni addebito a suo carico, a carico di Montante e dell’associazione a delinquere da lui capeggiata. Altro dato che è emerso nel corso dell’ultima udienza è che il Cicero, dopo che il 9 febbraio del 2015 era stata resa nota la notizia dell’inchiesta per mafia a carico di Montante, ha continuato a collaborare con lui, sino al 18 settembre, lavorando, assieme al giornalista de Il Sole 24 Ore e ad altri amici di Montante, alla stesura, addirittura di quattro versioni del memoriale che Montante ha prodotto alle Autorità giudiziarie per difendersi dalle pesantissime accuse che gli sono state mosse. Con riferimento alle notizie, anche riservate, riguardanti la parte civile Salvatore Petrotto, riportate in quel memoriale, il Cicero ha riferito di non ricordare chi avesse fornito al Montante quelle informazioni riservate. Anche su un altro punto fondamentale ha glissato. Ha detto che conosceva Petrotto dal 2009, da quando cioè ha iniziato a lavorare nella segreteria dell’allora assessore regionale Marco Venturi. Petrotto e Venturi erano amici, ha aggiunto Cicero. Per la cronaca, Petrotto e Venturi erano stati solo compagni di scuola, al Liceo Scientifico di Canicattì, aggiungiamo noi. Ha proseguito dicendo che lui non era a conoscenza del fatto che, sin dal 2007, da sindaco di Racalmuto e poi, dopo le sue dimissioni del giugno del 2011, da blogger, il Petrotto aveva condotto una strenua battaglia frontale contro i falsi professionisti dell’antimafia, che facevano capo ad Antonello Montante e che si occupavano, in maniera del tutto illegale, della gestione di alcuni servizi pubblici essenziali, quali acqua e rifiuti. Ha detto che ha iniziato a leggere ciò che aveva fatto o scritto il Petrotto solo dopo il 2015. Dopo cioè che lui è passato dall’altra parte della barricata e si è accreditato come teste d’accusa chiave contro Montante. Di ciò che Petrotto ha scritto e denunciato, anche nel maggio del 2015, quando è stato sentito dalla Commissione Nazione d’Inchiesta che si occupa del ciclo dei rifiuti e dei reati ad esso correlati, allora presieduta dal parlamentare Alessandro Bratti, lui non sapeva niente; e non ha detto niente. Eppure si incontrava spesso e volentieri con l’allora gestore di una delle quattro mega-discariche private siciliane, l’agrigentino Giuseppe Catanzaro, di cui  Petrotto si era diffusamente occupato, per difendere gli interessi della collettività, vessata da bollette sui rifiuti salatissime, a fronte di servizi pessimi. Anzi il Cicero ha detto che nel 2013, lui da presidente dell’IRSAP e Catanzaro da presidente di Confindustria Agrigento, si scagliarono contro chi, come Petrotto, combatteva il ‘sistema Montante’. La colpa che non si perdonava allora era quella di minare la credibilità di una presunta lotta alla mafia della lobby confindustriale siciliana capeggiata da Montante che, nei fatti, ha prodotto solo guai ad imprenditori, politici e professionisti perbene.

Un altro punto che ha particolarmente impressionato è quello relativo, unico caso in Italia, all’adesione dell’IRSAP, un ente pubblico cioè, a Confindustria. Secondo la versione del Cicero tale scelta serviva per stipulare dei protocolli di legalità con l’unica associazione di imprenditori, l’unica associazione privata d’Italia, che sedeva ai tavoli nazionali per la sicurezza e l’ordine pubblico. Anche questa anomala ed assai sospetta unicità, questo privilegio di assegnare a Confindustria le competenze di stabilire il cosiddetto rating di legalità, per tutti quanti, imprese, professionisti e Comuni, è stato un vero e proprio disegno eversivo che ha fatto deragliare le Pubbliche Istituzioni, oltre che larghi settori della Magistratura e delle forze dell’Ordine. E’ utile sottolineare che questa deriva istituzionale è stata fortemente voluta da due ministri dell’Interno, Anna Maria Cancellieri e Angelino Alfano, entrambi intimi amici di Antonello  Montante.

Cicero ha aderito a Confindustria per salvarsi la cadrega di presidente dell’IRSAP?

Sempre nel corso dell’udienza del 2 luglio scorso, l’avvocato della parte civile Salvatore Petrotto, Stefano Catuara, ha precisato che con la legge regionale n° 17 del 2013,  la competenza per la nomina di tre dei componenti dell’Istituto Regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive, meglio conosciuto con l’acronimo di IRSAP, passava dalla Regione Siciliana alle associazioni di categoria. Da quel momento le associazioni datoriali non avevano più l’obbligo di osservare i criteri più stringenti stabiliti da una precedente legge. In altre parole, per farla breve, subito dopo l’entrata in vigore di quella legge, voluta anche dalla folta rappresentanza all’ARS dei parlamentari grillini, il Cicero si è autoassicurato la permanenza dentro l’IRSAP; grazie al fatto di avere deciso di farla aderire a Confindustria, con un provvedimento da lui stesso firmato, ‘di persona personalmente’. Infatti, subito dopo questa sua adesione a Confindustria, non sarà più la Regione Siciliana ad assicuragli la continuità della sua permanenza dentro l’IRSAP, bensì l’allora presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, che lo designerà, anche lui di suo pugno, ‘di persona personalmente’, quale suo esclusivo e prediletto componente. Della qualcosa, nel 2014, si interessò la Commissione Nazionale Antimafia, allora presieduta da Rosy Bindi che, nel corso di un’audizione, si meravigliò non poco del fatto che l’IRSAP, un ente pubblico, avesse aderito a Confindustria. Un fatto anomalo e, come detto, unico in Italia. Forse adesso abbiamo capito un po’ meglio il perché. Sempre nel corso di quell’audizione all’Antimafia Nazionale, sollecitata da alcuni parlamentari siciliani, dei quali il Cicero ha detto di non sapere chi fossero, non si è parlato, ad esempio, dell’articolo pubblicato qualche mese prima, nell’aprile del 2014, dal giornale ‘I Siciliani Giovani’. In quell’articolo veniva riportata la foto di Montante con Paolino Arnone, figlio di Vincenzo, compare del celebre capo mafia Genco Russo. Entrambi erano stati immortalati dentro la sede di Confindustria Caltanissetta che, prima, si chiamava Assindustria. Anche Paolino, purtroppo morto suicida in carcere, era un  capomafia. Era il capomafia di Serradifalco, oltre ad essere stato  compare di nozze di Antonello Montante, come si evince dal certificato di matrimonio, riportato sempre in quel memorabile articolo.

Eppure di tutto questo Cicero, che appena si parla di mafia, sente l’odore a mille miglia di distanza, con la Bindy quel giorno non ne ha fatto cenno. Forse perché si apprestava, ancora una volta, a rimanere in sella all’IRSAP. Qualcuno dice grazie a Montante, l’ex paladino dell’antimafia visto che, come detto, è stato proprio lui a designarlo a succedere a sé stesso, direttamente in quota Confindustria. Ma Cicero ovviamente nega, nella maniera più assoluta. Anzi dice che Montante, mentre lo designava, lo perseguitava. Anzi lo minacciava. Era suo amico ed era anche suo boia? Senza volere offenderlo, oseremo dire che il Cicero sembra che allora soffrisse della sindrome di Stoccolma. Per fortuna che, grazie a qualcuno che lo ha condotto per mano negli uffici giudiziari, adesso se n’è liberato.  Si era innamorato del suo carnefice. Lo andava a trovare sempre, spesso a casa sua. Gli ha pure espresso numerosi attestati di solidarietà, prima, durante e dopo che si è scoperto che Montante più che un paladino, era un mostro dell’antimafia. Ha detto più volte, ripetutamente, che aveva persino paura che Montante prima o poi lo avrebbe ucciso o fatto uccidere. Il Cicero ha dovuto convivere in preda ad una terribile angoscia esistenziale. Come ha avuto modo di sottolineare nell’ultima udienza era ed è ancora assalito dalla preoccupazione che prima o poi lo faranno fuori. Il che ci dispiace davvero enormemente. Ciò che prima non avevamo capito, ma adesso riteniamo di avere le idee più chiare, è il perché, come ha detto in numerose occasioni, lui ha deciso di interrompere definitivamente i rapporti con Montante, per poi recarsi dai magistrati a denunciarlo, soltanto il 18 settembre del 2015. Continuare a frequentarlo, continuare ad esprimere a Montante tutta la solidarietà di questo mondo, in tutte le salse, anche quando è caduto in disgrazia, ha detto Cicero, era una nostra strategia, mia e di Marco Venturi. Fingevamo di sostenerlo, anche moralmente, per fare cosa gradita a lui ed alla sua famiglia. Non volevamo ferirlo. Cinicamente parlando, lo stavano praticamente accompagnando verso una sorta di dolce eutanasia. Si è trattato forse dell’eutanasia dell’antimafia di facciata che di vittime incolpevoli ne ha fatto davvero parecchie, non ultimo lo stesso Montante. Come dire, chi è causa del suo mal pianga sé stesso!

A seguire il link dell’interrogatorio integrale, da parte dell’avvocato Stefano Catuara, del teste Alfonso Cicero

https://www.radioradicale.it/scheda/640088