La “Loggia Ungheria” è una “lobbie” che parte dall’agenda di Centofanti”. Perchè Davigo prese le carte?

In questi giorni, sotto i colpi, di magistrati liberi e fuori dai giochi di potere, giornalisti non schierati con le lobby dei magistrati, stanno cadendo i primi muri di quel castello costruito a garanzia del lobbismo di potere che ha inciso fortemente sulla vita democratica del paese. Il mix di magistrati, pezzi delle forze dell’ordine, questori, giornalisti e politici deviati hanno condizionato e , purtroppo continuano a condizionare , la vita del popolo italiano. Un meccanismo perverso , reso forte anche da leggi , volute da certa sinistra, poco chiare e a vantaggio di questo sistema. Essere nemico di questo sistema equivale a a morire. Non usano pistole, ma la giustizia come arma d’attacco e il fango mediatico per annientare. Hanno anche limitato il merito nelle carriere di magistrati bravi e liberi

Leggete questo articolo sulla presunta Loggia Ungheria
Sulla loggia Ungheria non troveranno mai un cazzo, perché non è una loggia, ma è una lobbie”. La premessa ci arriva da una fonte ben qualificata, che subito dopo aggiunge: “Centofanti ha, o aveva, un ufficetto in una traversa di piazza Ungheria, e incontrava le persone al famoso bar sulla piazza. Lui prima faceva l’addetto stampa per gruppi industriali. A un certo punto mise in piedi una società di pubbliche relazioni, faceva l’addetto stampa in proprio, voleva crescere, e invece è fallito. Ma la rete di contatti l’aveva già quando era responsabile delle relazioni istituzionali della società Acquamarcia. Una rete costruita con magistrati, avvocati, giudici del Tar, imprenditori, politici. Il riscontro dell’esistenza della loggia, potrebbe essere l’agenda di Centofanti”.

Oltre alla residenza del procuratore Giuseppe Pignatone, Piazza Ungheria sarebbe quindi un punto di ritrovo costante del lobbista Fabrizio Centofanti. Uomo dall’ampio raggio di rapporti, che spaziano da Amara a Palamara, passando per politici (tra cui Zingaretti è forse il più noto), imprenditori (Parnasi) e mediatori (Cionci). Abbiamo cercato riscontro della sua presenza direttamente al frequentatissimo “Caffè Hungaria”: “Da noi non c’è nessuna loggia, non sappiamo nulla di Centofanti e se pure fosse nostro cliente, non lo andremmo certo a dire” risponde seccato uno dei proprietari.

Taverna Rossini
Molto più disponibile la proprietaria della Taverna Rossini. L’elegante ristorante a pochi metri dal bar, che è un altro ritrovo della Roma bene. Al sentire il nome di Centofanti, conferma senza imbarazzo: “Lui e il giudice li ho visti spesso, sempre separatamente. Centofanti è stato nostro cliente abituale, della pescheria. Prima della pandemia veniva a pranzo, almeno una volta a settimana, accompagnato esclusivamente da donne. Non ho idea se fossero pranzi di lavoro o privati, perché non ha mai chiesto fattura. Mi è sempre sembrato molto schivo. Finito il pranzo, lo vedevo spostarsi ai tavolini del bar Hungaria”.

Assodata la presenza di Fabrizio Centofanti a piazza Ungheria, che darebbe un riscontro al suo collegamento con l’ancora fantomatica loggia o lobbie citata nei verbali da Amara, ci preme vagliare alcuni aspetti delle dichiarazioni dell’ex avvocato esterno dell’Eni. Dichiarazioni che non sono state ritenute così credibili dalla Procura di Milano, tanto da lasciarle “in sospeso” per due anni. Ma che sono passate di mano in mano, fino ad arrivare all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, al capo della commissione Antimafia Nicola Morra, oltre che nelle redazioni di vari giornali, che hanno denunciato il materiale ricevuto in forma anomala alla Procura.

Piero Amara
Il primo nodo è interrogarsi su quanto ci sia di vero nelle affermazioni sulla “loggia Ungheria”, e sui suoi asseriti “fratelli”, rese dall’indagato Piero Amara il 6 dicembre 2019 nel verbale d’interrogatorio davanti ai due sostituti procuratori di Milano. La loggia è definita, in altri passaggi, “associazione” e “rete relazionale. In precedenza, durante un interrogatorio reso sempre a Milano, il manager dell’Eni Salvatore Carollo parla di un “blocco di potere con i servizi segreti” di cui avrebbe fatto parte l’avvocato siciliano.

A pagina 4 del verbale, Amara fa questa “premessa”: “Io facevo parte di una loggia massonica coperta formata da persone che io ho incontrato attraverso persone di origine messinese dove questa loggia è particolarmente forte. Mi ha introdotto Gianni Tinebra, magistrato con cui avevo ottimi rapporti. Attraverso questa loggia denominata “Ungheria” ho conosciuto Michele Vietti e tale Enrico Caratozzolo, avvocato di Messina; il capo della cellula messinese, per quanto mi dissero Tinebra (deceduto nel 2017), Vietti e Caratozzolo, era Giancarlo Elia Valori. Della cellula “Ungheria” fa parte anche la dottoressa Lucia Lotti”.

Luigi De Ficchy
Tra i personaggi citati qui e in altre pagine dell’interrogatorio, figurano l’ex procuratore capo di Perugia Luigi De Ficchy, l’ex magistrato e deputato di Italia Viva Cosimo Ferri, l’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, l’ex ministra della Giustizia Paola Severino, l’ex presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro. Tutti hanno dichiarato di ignorarne l’esistenza stessa, fino ad oggi. “Non ho mai sentito nominare la loggia Ungheria. Sarà così segreta che la ignoro io stesso. È una barzelletta, escludo categoricamente ogni circostanza raccontata” è il commento di Vietti, già vice presidente del Csm. Alcuni minacciano querele, come l’ex premier Giuseppe Conte, altri cascano dalle nuvole e affermano di non aver mai nemmeno conosciuto Amara.
“Nelle agende di questi signori ci può essere di tutto. Che condizionassero, può darsi, ma dipende da come presenti le cose. Magari gli “amici” non sono stati nominati da Amara, ma solo quelli che potevano essergli nemici – sottolinea la nostra fonte, che punta il dito su alcune palesi contraddizioni rilevate nei verbali – per esempio il procuratore generale di Torino, Saluzzo, viene coinvolto in una storia insieme a Vietti, con cui Saluzzo non era però in buoni rapporti, perché all’epoca in cui fecero il procuratore della Repubblica di Torino, nel 2014, gli fu preferito Spataro, che non era mai stato procuratore della Repubblica, mentre lui lo era stato per nove anni a Novara. Saluzzo non fece ricorso e quando si liberò il posto di Spataro, andò a occuparlo lui. Ma è tirato in ballo, studiando anche bene le sue situazioni personali. Lo hanno massacrato, è amareggiatissimo, perché non ha ancora capito quali sono le dinamiche di Roma..” Dinamiche di veleni & dossier come quello elaborato, come racconta sempre Amara a verbale, sull’avvocato Domenico Ielo, fratello del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, dopo averne “sezionato” l’intera famiglia.

Lucia Lotti
Un ulteriore appunto della nostra fonte cade sul nome di un’altra asserita “adepta” alla loggia: “Nei verbali c’è il nome di Lucia Lotti, già sostituto alla procura di Roma, che si sarebbe raccomandata ad Amara per fare il procuratore a Gela perché lì c’è l’Eni. Per diretta conoscenza, posso dire che ti corrono dietro se chiedi quel posto, perché in quella sede non ci vuole andare nessuno”.

Sono annotazioni di chi conosce certe dinamiche e il loro “peso”, per averle vissute sulla propria pelle. Ma oltre a scovare incongruenze nei verbali di Amara, la nostra fonte ricorda un nome citato sul foglio 2: quello dell’agente di polizia Filippo Paradiso. Ecco come Amara ne descrive l’incontro: “Il dottor Carlo Capristo (procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani) era molto amico di un mio caro amico, Filippo Paradiso, che me lo presentò. Ci siamo frequentati nell’ambito di un’associazione filantropica di natura religiosa facente capo a (omissis). Paradiso mi disse che Capristo sapeva che all’interno del Csm c’era un veto nei suoi confronti che era ricollegabile a Luca Lotti e mi chiese di intercedere per lui, in quanto sapeva dei miei rapporti con Lotti”.

Paradiso ha un profilo Facebook non troppo aggiornato e scarno di informazioni. Vi appaiono le condivisioni di vari articoli, risalenti al 2016, del sito “InTerris”. Un quotidiano on line, fondato da don Aldo Buonaiuto, sacerdote attivissimo sui social e con un suo blog, direttore diocesano per i migranti oltre che esorcista, animatore generale del servizio anti sette e “erede” spirituale di don Oreste Benzi, a cui è stato accanto negli ultimi quindici anni della sua vita. Potrebbe essere lui il fondatore (non coinvolto in alcun procedimento, ndr) dell’associazione filantropica omissata nei verbali di Amara?

Paradiso è anch’egli un uomo dalle larghe relazioni, se non altro per essere stato distaccato in vari importanti ministeri. “Paradiso stava sempre chiuso al Csm, quando non era in procura generale a Roma. Dove era un frequentatore abituale dell’anticamera del procuratore generale Ciampoli, che ricoprì il ruolo prima di Salvi. Ostentava questo rapporto amicale e aveva rapporti, essendo pugliese, con tutti quegli ambienti. Era legatissimo sia al vecchio che al nuovo Csm, e a quello ancora precedente. Dove andava a informarsi prima ancora delle proposte delle nomine…”

Giuseppe Conte
I rapporti tra Amara e il “caro amico” Paradiso, benvoluto da magistrati e politici di ogni schieramento, non porta però quest’ultimo a essere inserito nella famigerata “Loggia Ungheria”. Dove non figura nemmeno il nome di Centofanti, con cui pure l’ex legale siciliano, arrestato per la prima volta a febbraio 2018 per la vicenda nota come “Sistema Siracusa”, ha avuto rapporti e cointeressenze. Tanto che Amara, a verbale, indica in Centofanti chi, su sua richiesta, provvederà ad assegnare una consulenza legale (legittima) da 400mila euro all’avvocato Giuseppe Conte e di un milione di euro al suo mentore Alpa, per il concordato di AcquaMarcia tra il 2012 e il 2013, all’epoca in cui Centofanti era il responsabile delle relazioni istituzionali dell’azienda.

di Beatrice Nencha

Fonte: Notte Criminale