Mafia, latitanza di Messina Denaro: le inquietanti dichiarazioni di Teresa Principato,”io non ho fiducia che si possa catturare”

io non ho fiducia che si possa catturare. E’ protetto da una rete internazionale di origine massonica


Per 
Maria Teresa Principato, il boss gode di protezioni internazionali , di alto livello e collegati a vario titolo alla massoneria. Dopo anni di duro lavoro per la caccia al latitante, l’ex procuratore aggiunto, finita pure sotto inchiesta, per rivelazioni di segreti su indagini sul boss castelvetranese , assolta in appello , oggi si dice “scettica” sulla cattura del boss.

Parole pesanti e non dette a caso.

Teresa Principato, come tutti gli esseri umani, avrà anche commesso degli errori di strategia, o forse è stata anche spinta a commettere qualche errore , ma nel suo agire e nel suo lavoro, ci ha messo il cuore. La strategia della “terra bruciata” non ha funzionato. L’ex procuratore, è un magistrato che non ha mai avuto paura di stare in prima linea. La sua lotta alla mafia, è lontana da interessi di bottega, politici o di antimafia di potere.

Fu vittima del falso pentito, Tuzzolino. Fu anche vittima dell’azione giudiziaria del suo collega , il procuratore capo, Messineo che gli arrestò un fiancheggiatore agrigentino di Matteo Messina Denaro . Quell’arresto mandò in fumo anni d’indagini e forse anche l’ARRESTO DEL BOSS
Il magistrato che si è occupato in passato dell’inchiesta sul capomafia chiama in causa il ruolo della massoneria nella sua latitanza. Messina Denaro, il latitante di Castelvetrano che sfugge alle ricerche dal 1993, gode delle coperture degli ambiente della massoneria internazionale. Torna al centro dei sospetti , per la mancata cattura di Messina Denaro, la massoneria. Il problema è sempre lo stesso: capire quale massoneria è in prima linea e soprattutto , quali massoni stanno aiutando Il boss. Da anni la Principato accusa la massoneria di proteggere gli interessi di mafia. Una cosa è chiara: la Principato ha perso la fiducia sulla cattura probabilmente per aver capito che anche all’interno delle istituzioni questa massoneria potente riesce a condizionare indagini e processi. Il suo commento dei giorni scorsi è molto pesante
L’accusa dell’attuale componente della Direzione Nazionale Antimafia Maria Teresa Principato, che a Palermo, negli passati, ha condotto l’inchiesta sul boss trapanese non è di poco conto e va anche in direzione diversa da quella del procuratore De Raho.

Teresa Principato su Matteo Messina Denaro potrebbe scrivere libri. Forse è stato un errore mandarla a Roma. Una memoria investigativa così preparata doveva rimanere in Sicilia.

Nell’isola è stata più volte ostacolata .

«Matteo Messina Denaro è abituato a tutti gli artifici della latitanza: dopo un arresto e dopo che le attenzioni degli investigatori si soffermano su una persona, immediatamente cambia strada e investe su qualcosa di diverso». Lo diceva da procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Durante un’audizione in Commissione Antimafia, Teresa Principato disse molte cose. Dopo anni, il suo scetticismo , preoccupa. il suo pensiero rimane lo stesso. Già nel 2016 aveva capito che con l’uso dello “strascico” si prendevano pesci piccoli, si fiaccavano i clan ma contro Matteo Messina Denaro non funzionava.
«Messina Denaro in questi casi immediatamente cambia strada – disse nel 2016 alla commissione antimafia- Principato – va all’estero, non gli mancano le occasioni e i luoghi in cui rifugiarsi in tutta sicurezza. E’ una caratteristica di questo latitante: il fatto di procedere a degli arresti, la strategia della cosiddetta «terra bruciata” per lui non è adeguata, l’ho capito da un pò di tempo». 

Il contrasto a tutto campo. Gli arresti dei parenti e degli amici della famiglia. La perquisizione in casa della madre . I sequestri e nessuna reazione del boss.

Abbiamo proceduto all’arresto di quasi tutti i familiari di sangue di Messina Denaro – sorella, cugini, cognati, tutti coloro che gli erano vicini – io pensavo- disse la Principato in commissione- che questo potesse suscitare nell’uomo una reazione ma l’uomo non è normale, è molto freddo. Dopo otto anni di studio è quasi normale che si ragioni come se lo si fosse conosciuto».

Sempre la Principato: Altro momento della strategia per la cattura del boss è quello dei provvedimenti di confisca, «essendo lui così profondamente legato al denaro e ai suoi interessi”: i provvedimenti di sequestro e confisca superano milioni di euro. «Pensate – disse il magistrato – che solo la catena della Despar è stata oggetto di confisca per 850 milioni». Anche in questo caso si aspettava la reazione del boss. Nulla. Niente. Neanche un attentato incendiario. Tutto questo lavoro investigativo purtroppo non ha portato all’arresto di Diabolik che, nonostante centinaia di arresti e miliardi di confische avvenute nel territorio trapanese, passerà l’ennesimo ferragosto da latitante. Questa intensa attività ha lasciato molte macerie e spesso distrutto vite di persone che con la mafia non hanno mai avuto a che fare. E’ tipico dei campi di battaglia. Nelle guerre napoleoniche, a causa del fumo, i soldati spesso ammazzavano i loro colleghi. Succede. Ma lo Stato non deve mai abbandonare i territori e deve sempre usare l’arma dei diritto. Intanto lo “squalo” Messina Denaro, freddo e cinico, è libero chissà dove. Libero di godersi magari il mare o forse la montagna. E continua farsi quattro risate. Chissà in quale nazione. La Principato una cosa l’aveva capita: Matteo Messina Denaro non è un boss tradizionale alla corleonese. Per intenderci ,alla Provenzano o alla Riina. Si poteva capire prima che , le strategie utilizzate per catturare il boss corleonese , ( anche quelle molto opache)non potevano bastare per Messina Denaro. “Lu siccu”, dicono alcuni testimoni, è molto intelligente e astuto. E forse ad aiutarlo sono state sempre forze intelligenti e astute e non “picurara” . Gente che sa fare bene il doppio gioco.

Il capo mafioso castelvetranese , ha capito bene che il campo di battaglia voluto dalla Principato e da altri PM del pool, era la sua città e il suo territorio. La trappola non è scattata. La sua latitanza non ha ceduto alle cannonate su Castelvetrano e valle del Belice. Questa guerra della Principato poteva far stancare i boss locali, arrivando al tradimento di qualcuno per allentare la pressione. Si sono fatti massacrare per paura o perchè realmente non sanno nulla del boss? Alla luce della recente dichiarazione della Principato i dubbi aumentano. Magari, si può pensare che già qualcuno nelle alte stanze dei palazzi e in tempo opportuno, avrà suggerito al boss, di starsi alla larga e non interessarsi dei guai della sua famiglia. Uomo avvisato, uomo mezzo , o tutto, salvato. L’antico non sbaglia mai. Un uomo solo senza amici potenti non conta nulla. E questi amici potenti forse non erano solo a Castelvetrano. Quando Teresa Principato ha capito l’errore , è stata trasferita. Promoveatur ut amoveatur. Otto anni di lavoro investigativo gettato alle ortiche

Fonte: Rai, La Sicilia