“Stragi”, perché l’ergastolo a Messina Denaro

La Corte d’Assise di Caltanissetta deposita le motivazioni per le quali Matteo Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo per le stragi di Capaci e via D’Amelio. I dettagli.

Sono state depositate le motivazioni della sentenza emessa il 21 ottobre del 2020 dalla Corte d’Assise di Caltanissetta, presieduta dal giudice Roberta Serio, a carico del boss latitante, Matteo Messina Denaro, condannato all’ergastolo perché riconosciuto tra i mandanti delle stragi del 1992 di Capaci e via D’Amelio. Ebbene, condividendo la tesi della Procura nissena, finora retta da Gabriele Paci, adesso Procuratore a Trapani appena insediato, la Corte d’Assise, tra l’altro, ha scritto: “La decisione di uccidere i due giudici, Falcone e Borsellino, fu al centro di una strategia stragista a cui Matteo Messina Denaro ha partecipato con consapevolezza. Ha partecipato alla deliberazione e all’attuazione delle stragi di Falcone e Borsellino. Ha sostenuto la strategia terroristica mafiosa di Riina e l’attacco allo Stato, al quale i Corleonesi avevano dichiarato guerra. E Matteo Messina Denaro è stato uno snodo della trattativa Stato-mafia. Il latitante condivise in pieno l’oggetto e la portata del piano criminale di Riina di attacco allo Stato e di destabilizzazione delle sue Istituzioni, allo scopo, da un canto, di colpire i nemici storici, gli inaffidabili e i traditori di Cosa Nostra, e, dall’altro canto, di entrare in contatto con nuovi referenti con cui trattare per giungere ad un nuovo equilibrio. Messina Denaro era a conoscenza della trattativa Stato-mafia, l’altra faccia della medaglia del piano stragista. In definitiva, Matteo Messina Denaro fu in assoluto un membro del cerchio magico di Riina, uno dei protagonisti dell’attacco sfrontato che Cosa Nostra intraprese contro lo Stato al fine di destabilizzarne le Istituzioni e costringerlo tramite nuovi canali di riferimento a trovare un compromesso favorevole ad entrambi i fronti”. E poi, i giudici giudicanti aggiungono: “Messina Denaro mise fattivamente a disposizione della causa stragista le proprie energie e le sue forze militari e logistiche. Man mano che il piano stragista prese corpo, in parallelo Matteo Messina Denaro dimostrò tangibilmente la sua perdurante adesione al progetto, ribadendo la fedeltà a Riina in quel delicato momento per la sua leadership e per l’intera Cosa Nostra. Messina Denaro, seppur non ebbe alcun ruolo nella fase esecutiva delle stragi di Capaci e via D’Amelio, mise immediatamente a disposizione la propria persona, e quella degli altri uomini d’onore e soggetti a lui legati trapanesi, per una morsa a tenaglia dei due magistrati, Falcone e Borsellino, ovunque si trovassero, contribuendo al loro stretto monitoraggio e a infuocare gli animi dei complici verso la loro morte che avvenne nella provincia di Palermo, ma che sarebbe potuta accadere anche a Roma, a Marsala o nelle diverse opzioni geografiche che per ipotesi si sarebbero potute presentare. E non mancano le connessioni con la politica e con i politici, e i collegamenti che Messina Denaro ha cercato, e forse attuato dopo le stragi, con nuovi referenti”. E poi, in riferimento alle stragi del 1993, la Corte d’Assise di Caltanissetta conclude: “Sarà, si badi, in particolare il duo Messina Denaro-Graviano a gettare l’Italia nello scompiglio appena l’anno successivo alle stragi del 1992”.

fonte teleacras angelo ruoppolo