Processo Trattativa e caso Saguto : quando la Giustizia si allontana dalla Costituzione

  • Vi suggeriamo di guardare il docufilm “Vendetta” su Netflix. Parla della vicenda Saguto- Maniaci. E’ come ricevere un pugno nello stomaco per chi crede nello Stato di diritto
  • ll processo sulla trattativa Stato Mafia  passerà alla storia come l’episodio di massimo delirio di una giustizia che ha messo in evidenza tutte le sue crepe. Entrare nel merito della sentenza di assoluzione, senza leggere le motivazioni, è irragionevole. Come è irragionevole tutto quello che è accaduto nei quasi 20 anni di indagini e processi su questa trattativa in salsa italiana. La sentenza,  comunque la pensiate, rimane  una sconfitta per l’accusa ( manca ancora la Cassazione) ma è anche una sonora sconfitta per l’intero sistema giudiziario italiano.
  • Un sistema, come ormai ampiamente dimostrato,  fortemente condizionato dal potere politico che voleva   abbattere Silvio Berlusconi  e il suo quartier generale e tutti coloro che si sono dimostrati avversari della  sinistra legata alla toghe.  Berlusconi non doveva entrare in politica.  Troppi interessi e troppi conflitti con il potere . Lo fece, purtroppo, per gli errori del partito  PDS comunista di Occhetto. Quel partito ebbe la possibilità ,data dal grande fratello americano, subito dopo tangentopoli, di avere i pieni poteri. Non ottenne i voti
  • Fu colpa loro se Berlusconi conquistò il potere in modo facile. Quella sconfitta COCENTE, della sinistra, fece generare un cerchio di potere capace di condizionare la politica avversaria. Berlusconi che di certo non è stinco di santo , doveva perire politicamente e anche come imprenditore. Serviva la strategia del fango e della mafia che si infiltra  e che parla solo con quella parte politica. Guarda caso,  in questi anni, sono pochissimi i politici di sinistra finiti in carcere negli o sotto inchiesta. Poche le procure che hanno indagato sulle coop rosse che gestiscono, anche in Sicilia, appalti  per miliardi . Poche le indagini anche  sugli intrecci tra Pd e Monte dei Paschi. Poco è stato osservato nell’inchiesta Montante come riferimento alla politica
  • Toghe, giornalisti con la toga e politica, un mix micidiale

  • Un sistema potente che ha messo nelle condizioni migliori  diverse procure per  agire come i tribunali della Santa inquisizione. Le correnti  giudiziarie hanno accentuato un fenomeno grave e perverso. Fondamentale ricordare  che non tutti i magistrati hanno aderito a questo pernicioso sistema.
  • Magistrati politici
  • Sono molti i magistrati che hanno cominciato  a scopiazzare il fare dei politici .  Sono quelli che Palamara ha svelato? E’ molto probabile che molti altri non sono conosciuti al grande pubblico. Il carrierismo togato è molto più diffuso.
  • Accordi di corrente e tra correnti
  • Tra toghe che accusano e quelle giudicano ci dovrebbe essere sempre confini molto marcati nel loro lavoro a garanzia dell’indagato. Invece, come ha già detto Palamara, si ritrovavano magari coinvolti nelle stesse linee d’interesse in ragione dell’appartenenza e della carriera.  E’ successo  qualche volta che, le toghe, abbiano visto gli atti con il condizionamento correntizio? Chi può dire, “non è successo mai?” . I magistrati dell’accusa , non dovrebbero fare mai “comunella” con le toghe degli uffici di giudizio.  Nel guardare il docufilm di Netflix sul caso Saguto viene da piangere.
  • Sono  i  responsabili della “neutralità”  i Gip, Gup. Invece, anche secondo diversi avvocati di lungo corso, questo “comunicare” fuori  dal contesto delle regole è spesso avvenuto. Alcuni Gip e Gup, lo dice anche Palamara, per  sostenere la carriere di qualcuno e  favorire la propria corrente, hanno analizzato con occhi distratti le carte. E’ possibile pensare che, le indagini avevano valore diverso secondo il Pm che le firmava? Essere distratti sulla sussistenza di prove e gravi indizi di colpevolezza è reato.  E’ da escludere tale ipotesi?  Non lo sapremo mai
  • In Sicilia , ad esempio, il caso Crocetta dice tanto.
  • L’ex governatore, seppur imputato in diversi processi, se la gode in Tunisia senza che nessun Pm lo disturbi e senza articoli di stampa alleata dei Pm che lo attacchino.  Il trattamento per politici di sinistra è stato sempre  diverso. Tranne per Renzi. Figli è figliastri? Si . 
  • Lo dimostra anche il fare da despota di Silvano Saguto quando dice- di aver chiesto ad un  procuratore  -di mettere sotto inchiesta-, il giornalista Maniaci, poi assolto dopo un lungo processo . La Saguto  “pretendeva”  che  i suoi colleghi della procura indagassero su Maniaci perchè rompeva i coglioni. La sua pretesa, ampiamente documentata  anche dalle IENE, già è prova del modus operandi di certi uffici giudiziari. Molto eloquente il docufilm di Netflix
  • Mettere paura , intimorire con la celata minaccia di finire sotto inchiesta e fatti a brandelli dalla stampa allineata , non è modo operativo accettabile per un paese  libero e democratico. La giustizia deve colpire chi commette un reato senza nessun condizionamento. In Italia non è stato cosi.
  • E , purtroppo, questo potere persecutorio rimane attivo. Probabilmente potrebbero pure puntare il dito contro di noi solo perchè non siamo lecchini dei Pm carrieristi
  • In questo modo non si va da nessuna parte. E la mafia dei poteri forti se ne avvantaggia. La domanda é: l’obiettivo è distruggere la mafia e cercare la verità con prove valide o assaltare nemici a 360 gradi in mome della lotta alla mafia?
  • Questa giustizia “di potere” fa male al Paese. Distrugge la vita anche di tanti innocenti. Maniaci è riuscito a non morire di giustizia grazie anche all’aiuto dell’avvocato Ingroia che da ex magistrato conosceva diverse dinamiche. Nel docufilm di Netflix si narrano vicende giudiziarie messe in atto da chi indagava che fanno paura. Scene che fanno ricordare i film sulle dittature americane
  • TRATTATIVE E STRAGI UN TUNNEL DI BUGIE E VERITA’ NASCOSTE
  • La sentenza di Palermo sulla trattativa , libera gli imputati assolti ma lascia un vuoto di verità enorme. Verità ancora non accertate e che probabilmente hanno ancora un testimone pericoloso : Matteo Messina Denaro. E’ accertato , da indagini serie e anche da sentenze come quella nissena che le prime riunioni “pro stragi “,si fecero a Castelvetrano nel 1991. A quelle riunioni partecipò Matteo Messina Denaro. Sono molte le circostanze che indicano la presenza di personaggi non mafiosi a quelle riunioni. Chi erano questi “fantasmi” e soprattutto da dove venivano? 
  • La vera “trattativa” per le stragi dunque , sarebbe iniziata a Castelvetrano, la città che è stata protagonista di un altra “trattativa” quella del misterioso assassinio di Salvatore Giuliano. Quella farsa  del cortile di via Mannone . L’ennesimo episodio pieno di misteri che lega la mafia di Castelvetrano ai giochi di potere di pezzi dello Stato.   Falcone doveva essere ucciso a Roma. Poi l’ordine di Riina di annullare tutto sorprese anche  gli stessi mafiosi
  •  Eloquenti  le dichiarazioni di Ciccio Geraci che ha riempito migliaia di pagine con varie dichiarazioni. Ancora una volta ,spunta il nome di Matteo Messina Denaro e e della cosca di Castelvetrano, nella stagione delle bombe. Totò Riina si fidava del giovane rampollo figlio di Don Ciccio . Matteo il boss si fidava del gioielliere “pentito” Francesco Geraci detto “tistuni”. Cosa è accaduto a Castelvetrano in quegli anni? Cosa sa Matteo Messina Denaro dei rapporti  avvenuti in quegli anni tra lo Stato e i mafiosi?
  • Venne chiesto a Messina Denaro di procurare delle opere – spiega il pm Roberto Tartaglia – alcuni mafiosi fecero un incontro nella gioielleria di Francesco Geraci a Castelvetrano”. Opere d’arte che erano state rubate negli anni dai clan e poi nascosti.

Dice il pubblico ministero Roberto Tartaglia durante una udienza: “C’è stato un secondo piano di trattativa, che è passato alla storia, per semplificazione, come ‘Seconda trattativa’ o ‘trattativa delle opere d’arte’. E’ un canale di trattativa assolutamente sincronico, perfettamente coincidente con le tappe della trattativa principale”. La requisitoria prosegue con un altro mistero di quella stagione del 1992, il dialogo fra Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia nazionale vicino al mondo dell’eversione nera, e il maresciallo Roberto Tempesta. 
 
Bellini era in contatto con il boss Antonino Gioè. Oggetto della trattativa-scambio erano alcune opere d’arte in possesso di Cosa nostra, i mafiosi chiedevano in cambio un trattamento carcerario di favore per alcuni vecchi boss.
 
“Venne chiesto a Messina Denaro di procurare delle opere – spiega il pm Roberto Tartaglia – alcuni mafiosi fecero un incontro nella gioielleria di Francesco Geraci a Castelvetrano”. Opere d’arte che erano state rubate negli anni dai clan e poi nascosti.
 
“Com’è possibile – si chiede il magistrato – che nessuno seguì Bellini, che aveva ripetuti contatti con autorevoli mafiosi?” Oggi Bellini è sotto inchiesta  da parte della Procura di Bologna che indaga sulla strage di Bologna. Quante mezze verità e bugie sono state dette nelle stanze dei tribunali sul periodo delle stragi? Cosa lega Bellini ai mafiosi di Castelvetrano? Dubbi e solo dubbi. Poche verità e tanti processi che non hanno chiarito nulla