Gli impressionisti strabici

Se Claude Monet ed Edgar Degas avessero portato gli occhiali, la storia dell’arte e, soprattutto dell’Impressionismo, sarebbe cambiata? Secondo diversi studi scientifici, tra cui spicca quello del neurologo australiano Noel Dan, che ha studiato a fondo i dipinti di questi artisti, molti pittori impressionisti erano affetti da miopia e nello specifico Monet soffriva anche di cataratta e Degas di un disturbo della retina.

L’impressionismo è una forma d’arte caratterizzata da pennellate rapide, brevi e quadri inondati di luce. E paesaggi spesso un po’ sfocati.

I contorni non sono perfetti perché l’obiettivo non è rappresentare esattamente la realtà, ma solo l’impressione, lo stato d’animo che un determinato paesaggio evocava in chi lo dipingeva.

La prima opera di Monet ad esempio, “Impression: soleil levant”, che diede inizio ufficialmente a questa corrente artistica, presenta contorni imprecisi, colori che sfumano uno nell’altro, linee leggere. Monet ha sviluppato in seguito anche la cataratta e questo sarebbe dimostrato dai suoi quadri successivi, come Le pont Japonais che l’artista dipinse diverse volte durante la sua vita: tra le prime e ultime versioni del quadro ci sono differenze consistenti e compatibili con la sua patologia. Il ponte quasi non si riconosce più, i colori sono diventati scuri e il rosso predomina. Secondo alcuni critici d’arte si tratta di una “Varietà astratta” e non di un difetto visivo, ma Dan ha ribattuto dicendo che il rosso è il colore percepito meglio dai miopi e che la cataratta gradualmente modifica la percezione dei colori e dei contorni degli oggetti.

A proposito di Degas, Michael Marmor, oftalmologo dell’Università di Stanford, ha pubblicato una tesi su Archives of Ophtalmology, affermando che le ultime raffigurazioni delle Donne al bagno di Degas sono così offuscate che non si riescono più a distinguere i colpi di pennello. E le sue ultime opere sono costituite per lo più da ombre. Sappiamo per certo che Monet nel 1923 si sottopose a un intervento per curare la cataratta e che da quel momento riprese a dipingere come nei suoi primi anni di attività.

Che la teoria di Dan sia vera o meno resta il fatto che rimangono opere grandiose, forse proprio a causa delle loro emozionanti imperfezioni

Claude Monet, Impressione, levar del sole (1872); olio su tela, 48×63 cm, Musée Marmottan Monet, Parigi

Claude Monet, Lo stagno delle ninfee, armonia verde (1899) ,olio su tela, 89,5×100, Musée d’Orsay, Parigi

Lo stagno delle ninfee, armonia rosa (1900), olio su tela, 89,5×100 cm, Musée d’Orsay, Parigi

Claude Monet, Ponte giapponese ,1910, olio su tela,89,5×115,3 cm,Museum of Modern Art, New York