L’assalto di Confindustria Sicilia alle Valutazioni di impatto ambientale. Con chi sta Bonomi?

Il presidente nazionale di Confindustria sferra un attacco frontale ai «burocrati che fanno da tappo alle attività dello sviluppo», valutando con rigore scientifico i progetti industriali al vaglio della Regione Siciliana. «Bonomi intervenga presso i suoi affiliati siciliani perché imparino a presentare richieste di autorizzazione in regola con le normative, e con la decenza». Dietro l’angolo le posizioni che hanno portato al “sistema Montante”, l’ex capo di Confindustria Sicilia, il “Padrino dell’Antimafia” (titolo del libro di Attilio Bolzoni) condannato a 14 anni nel 2020: «un siciliano “nel cuore” di un boss di Cosa Nostra divenuto misteriosamente il faro dell’Antimafia italiana. Il delitto perfetto», annota il giornalista nella sua «cronaca italiana sul potere infetto»


L’articolo di MASSIMO SCALIA

SEMBRA CHE PRANDINI, il presidente di Coldiretti, abbia fatto scuola e ora il “capo dei capi”, Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, sceso l’altro giorno in Sicilia si adegua sparando anche lui, è proprio il caso, le sue minchiate. Ma mentre quelle di Prandini erano solo goffa improntitudine, i pronunciamenti di Bonomi evocano i veleni, speriamo al di là delle sue intenzioni, della comunicazione mafiosa. 

Il valzer di Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia; dall’alto: con Angelino Alfano (al tempo ministro dell’Interno), Emma Marcegaglia (al tempo presidente nazionale di Confindustria), con Rosario Crocetta (al tempo presidente della Regione Siciliana)

Il presidente di Confindustria se l’è presa, al convegno degli industriali siciliani a Carini, con la Commissione Tecnico Specialistica (CTS) che ha in carico le valutazioni di impatto ambientale dei progetti presentati nellaRegione Sicilia. “Questi burocrati fanno da tappo alle attività necessarie allo sviluppoe all’occupazione, ben 1500 autorizzazioni sono fermeper colpa loro”, è l’attacco di Bonomi, che riprende ed esalta quello che il mese prima aveva avanzato Alessandro Albanese, il capo della Confindustria siciliana(Meridionews, 20.12.2021). A parte il fatto che le cifre del “blocco” dovuto ai “burocrati” sono di pura fantasia — 500 quelle in attesa di autorizzazione a fronte delle 1200 cui è già stata data risposta, quindi nessun blocco — non può non sgorgare spontaneo il “ma come ti permetti!”. Per chi non lo sapesse, lo “scandalo Montante”, ex presidente di Confindustria Sicilia, è finito in appello coinvolgendo Rosario Crocetta, presidente della Regione prima dell’attuale, Musumeci; e in primo grado Montante è stato condannato per associazione a delinquere. 

È vero che siamo tutti garantisti, però sarebbe gradita maggior consapevolezza da parte del massimo responsabile nazionale del sindacato confindustriale, che, a suo tempo, si è tranquillamente trangugiato Montante e il sistema di potere parallelo a quello legale messo in piedi per fare affari, la legge lo consenta o meno. Già, ci rendiamo conto che si tratta di un caso eccezionale, roba che può capitare solo in Sicilia, ma le motivazioni della sentenza di primo grado avrebbero dovuto almeno far riflettere. Per il Gup Graziana Luparello, l’ex numero uno degli industriali siciliani — condannato nel maggio 2020 a 14 anni con rito abbreviato — era un «ricattatore seriale» che eliminava «il dissenso con il ricorso all’uso obliquo dei poteri accettativi e repressivistatuali». Un uomo, si legge, in grado di avere abbastanza potere da far «genuflettere istituzionalmente» l’ex ministro dell’Interno Angelino Alfano. Nelle 1724 pagine della sentenza ce n’è anche per poliziotti, ufficiali della Finanza e altri industriali nel gioco dei “do ut des”, col quale Montante «non gestiva potere, ma lo creava» ed «utilizzava il potere conquistato negli Enti pubblici e privati quale bacino per collocare i clientes» come «moneta di pagamento per ifavori illeciti che questi gli rendevano».

Confindustria Sicilia, com’era e com’è: da sinistra a destra, Alessandro Albanese (successore di Montante), Ivan Lo Bello (predecessore di Montante) e Antonello Calogero Montante “Padrino dell’Antimafia” (copyright Attilio Bolzoni, Zolfo editore)

Una situazione marcia e nota ai più, ben prima dell’azione giudiziaria. Anche per questo, l’aver scelto come presidente della CTS, al contrario degli “avvertimenti” irrogati in successione da Albanese e Bonomi, un intemerato accademico, per di più ambientalista notorio, fu considerato un atto di grande coraggio personale del Presidente Musumeci. E la CTS è stata intasata da domande che non avevano neanche i requisiti di legge per essere presentate, speranzose di una condiscendenza che aveva caratterizzato la Commissione precedente, quando leggi e iter venivano “piegati” per valutazioni all’insegna di rapporti personali e di potere.

Pur nella complessità delle procedure e rispettando i paletti temporali previsti dalla normativa, la nuova CTS ha in questi due anni svolto un compito, gravosissimo ancheper gli arretrati da evadere e per gli indebiti intasamenti, che consente una migliore tutela dell’ambiente e della salute dei siciliani, e dà alle attività e all’imprenditoria quel “plus” di credibilità e correttezzache sono irrinunciabili nella competizione di mercatoregolata dai rigorosi criteri Ue.

Bonomi queste cose le dovrebbe ben sapere. Come pure doveva sapere di rozze antecedenti sortite contro la “lentezza” della CTS da parte di sindacati padronali siciliani, come non dovrebbe ignorare — è uomo di mondo e avvertito — che in Sicilia attacchi ripetuti nel tempo e sempre con lo stesso motivo aprono la strada a interventi criminali per rimuovere fisicamente l’“intoppo”, come mafia comanda.     

A sinistra il presidente dell’Assemblea regionale Siciliana Gianfranco Micciché, a destra il presidente della Giunta della Regione Siciliana Nello Musumeci

Allora, Bonomi intervenga presso i suoi affiliati siciliani perché imparino a presentare richieste di autorizzazione in regola con le normative, e con la decenza, senza avallare posizioni che hanno portato al “sistema Montante”. O gli andava bene come prima, al riparo di quella “Confindustria antimafia”, che a Montante era stata riconosciuta da esponenti delle istituzioni, disinformati o un po’ cretini nella migliore delle ipotesi?  Un interrogativo da non porre — me ne scuso — a uno come Bonomi, che a ogni passo sproloquia di “competitività” dell’impresa e di “libero mercato”. Quello che, appunto, l’azione di controlli pubblici rigorosi sottrae alla gestione criminosa della compiacenza o della collusione mafia/poteri pubblici.

Da ultimo, l’auspicio che il Presidente Musumeci, invece di tacere, ritrovi quegli “attributi” che l’avevano indotto a ritenere che una Valutazione di Impatto Ambientale vera, un’azione costante di conformità tra progetti e regole da rispettare, sia una condizione necessaria perché la Sicilia si affacci al mercato nazionale e dell’Unione Europea all’altezza delle pur ottime cose realizzate in alcuni settori produttivi dalla qualità e dall’impegno. Senza doversi vergognare, insomma. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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