Il finale di questa prima giornata per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica è disegnata sul volto scuro e corrucciato di Matteo Salvini che esce dal seggio dove ha votato e, contrariamente al suo solito, fugge via dribblando meglio di Maradona cronisti e telecamere. Non una sola parola dalla bocca dall’uomo il quale si era auto incaricato per giocare il ruolo del “kingmaker” nell’intricato labirinto dove si muove la politica in cerca di nuove identità in grado di rappresentarla senza farle perdere i privilegi acquisiti.
Il leader del centrodestra, dopo l’uscita ufficiale e controvoglia di Berlusconi dal gioco, evidentemente si era sentito investito “per grazia ricevuta” dal ruolo di “collante” tra tutte le forze in campo. Per questo motivo ieri ha vissuto una giornata che difficilmente dimenticherà per tutta la vita. Mattina, pomeriggio e prime ore della sera interamente dedicate a tutti gli incontri possibili e immaginabili con amici e avversari. Ha aperto i lavori con un incontro con Draghi per poi chiudere con Conte dopo essere è passato per Letta e Meloni.
Troppi gli interessi, gli intrighi, le strategie strumentali e le trappole disseminate sul terreno magari anche da chi dice di esserti amico. Poche davvero le persone serie capaci di andare oltre le trattative e le tattiche tese non solo all’elezione del presidente, ma soprattutto alla sopravvivenza dell’attuale governo. Una di queste Emma Bonino la quale, unica e a nome di Più Europa, ha annunciato che lei e il suo gruppo avrebbero votato per Marta Cartabia dalla prima all’ultima chiamata. Per il resto ha prevalso, farisaicamente, il valzer delle schede bianche cancellando l’ipotesi, sognata da qualche idealista, di poter annunciare al resto del mondo che l’Italia si presentava finalmente come un Paese consapevole. Intanto, pensate un poco, tamburi di guerra suonano sempre più forte ai confini dell’Europa.