Processo Montante. Nel 2018 il capo della security di Confindustria, Di Simone Perricone, veniva denunciato e licenziato per delle microspie abusive. Le aveva piazzate nella sede nazionale di Confindustria a titolo personale o per conto di Montante?

Diego Di Simone Perricone, all’indomani dell’udienza di sabato 5 marzo del processo d’appello, in corso a Caltanissetta, in cui è imputato assieme ad Antonello Montante per associazione a delinquere e varie attività di spionaggio, corruzione ed altro, ci ha tenuto in modo particolare a diramare un comunicato-stampa, ripreso dall’agenzia ANSA, come se si trattasse di una notizia di grandissimo rilievo. Ha tenuto a precisare, in maniera anche fin troppo stizzita, che lui è stato il capo della sicurezza, o security che dir si voglia, di Confindustria Nazionale e non del suo coimputato Antonello Montante. Questa distinzione che apparentemente sembra di lana caprina, per lui sembra fondamentale. Anche se, di fatto, il Montante, quando lui svolgeva questo delicato compito, era il numero 2 di Confindustria Nazionale, nonché presidente di Confindustria Sicilia. In realtà i due agivano spesso all’unisono. Qual è la necessità, proprio adesso, di questa presa di distanze del Di Simone? Ha avvertito tale necessità, all’indomani dell’arringa conclusiva dell’avvocato di Montante, in cui è stato precisato che gli accessi abusivi ai sistemi informatici dei Ministeri e le eventuali altre attività di spionaggio, sono stati opera sua, all’insaputa di Montante. E dire che, dal 2009, come ha avuto modo di spiegare nelle sue dichiarazioni spontanee lo stesso Di Simone, con Montante lavoravano in tandem. Del resto ci sono una miriade di intercettazioni a riprova di ciò, in cui Montante e Di Simone si autodefinivano una ‘squadra’ molto affiatata. Della serie tutti per uno (Montante) ed uno per tutti. Loro due, in modo particolare, hanno condiviso anni ed anni di esperienze ‘legalitarie’. Sin da quando Di Simone, segnalato dal compianto prefetto Caruso e ben voluto dall’allora procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, col quale ha pure collaborato, è transitato dalla Polizia di Stato nei ranghi di Confindustria. Almeno questo ci ha raccontato al processo il Di Simone,  spiegandoci che sin dai suoi esordi, di capo della sicurezza dentro Confindustria, ha lavorato gomito a gomito con Montante che, nel frattempo, era diventato anche delegato nazionale per la legalità. Carica, quest’ultima, conferitagli dall’allora Presidente, sempre di Confindustria, Emma Marcegaglia. Cosa stia succedendo in questi giorni non riusciamo a capirlo. Non riusciamo soprattutto a capire l’impellenza di questa improvvisa presa di distanze del Di Simone da Montante. Cosa è cambiato riguardo ai loro rapporti più recenti? Forse una chiave di lettura potrebbe essere ciò che abbiamo riportato, qualche anno fa, quando il Di Simone fu denunciato dalla Dott.ssa Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria Nazionale. La vicenda, diavolo fallo apposta, è relativa a delle microspie piazzate, secondo la Panucci, proprio dal Di Simone, nella sede centrale di Viale dell’Astronomia. Per conto di chi allora, siamo nel 2018, il Di Simone piazzó, stando alla denuncia della Panucci, quelle microspie?  Le ha piazzate a titolo personale, di Confindustria o di Montante? A seguito di quella denuncia, lo ricordiamo, il Di Simone venne pure licenziato da Confindustria.

Ripubblichiamo uno stralcio dell’articolo in cui ci interessavamo  di questa vicenda…

“Montante, Panucci e Di Simone

Lo strano caso Confindustria: intrighi, sospetti e verità ribaltate

L’ex dg di Confindustria Marcella Panucci denunciata da chi aveva denunciato. Fatto curioso e complesso quello recentemente accaduto, per capire il quale occorre andare un po’ a ritroso, fino al 2019, all’arresto di Antonello Montante, ex leader di Confindustria Sicilia, e di Diego Di Simone, security manager dell’associazione degli industriali, entrambi imputati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo a sistema informatico.  In pratica i pm accusavano i due di spiare personalità di spicco grazie a contatti negli apparati pubblici.

Cosa c’entra la Panucci in questa vicenda? Per capirlo occorre andare a ritroso ancora di un anno. L’ex dg  nel 2018 chiese una verifica interna sul sistema di videosorveglianza a seguito della quale spedì alla Dda di Caltanissetta una denuncia nella quale spiegò di aver rinvenuto alcune telecamere occultate da Di Simone che venne licenziato nell’immediato”.